4 Aprile 2025

In memoria di santa Marija di Parigi, infinitamente madre

Svetlana Panič

Filologa, è stata ricercatrice presso l’Istituto Solženicyn di Mosca fino al 2017, ora è traduttrice e ricercatrice indipendente.

In memoria di santa Marija di Parigi, infinitamente madre

Madre Marija con i suoi tre figli.

Più si ha a che fare con l’eredità di madre Marija (Skobcova), più chiaramente si capisce quanto sia difficile scrivere di lei. Non solo perché non c’è un linguaggio capace di esprimere un cammino come il suo all’interno della Chiesa e un simile modello di santità (come ha riconosciuto anche il suo biografo, p. Sergej Hackel), tanto che il canone agiografico tradizionale va a rotoli nel tentativo di contenere una vita del genere; ma anche perché ogni parola scritta ti pone immediatamente la domanda: «E tu?».

Madre Marija, così come tutti i nuovi martiri di Parigi, è folgorante nella sua non convenzionalità. La sua esperienza non si limita a sconvolgere tutte le concezioni acquisite del cammino monastico e del «lavoro spirituale», ma mette in discussione anche le argomentazioni attuali che negano il cristianesimo. Ad ogni modo, lei non discute, ma agisce, e questa azione è di gran lunga più convincente di qualsiasi pomposa argomentazione in favore della fede.

Anche la sua attività è da capire. Padre Sergej Hackel ha osservato con grande acume che non si trattava di una «opera sociale cristiana» nel comune significato del termine. Piuttosto, tutto ciò che accadeva in via Lourmel, a Ville de Saxe, nelle baracche dove vivevano gli emigrati russi operai, demoralizzati e senza speranza, nella mensa popolare di via Lourmel, ogni incontro si potrebbe definire come un’azione teologica o, meglio, iconografica: ricostituiva e rendeva visibile a coloro a cui si rivolgeva l’immagine di Dio calpestata dalla miseria, dalla disperazione, dal rifiuto; riabilitava l’Incarnazione mortificata nell’uomo.

Imitare il suo agire è intollerabilmente difficile ed è per questo che l’ammirazione per l’opera e la persona di madre Marija ci porta di nuovo a una domanda insostenibile: «E tu?».

Ma anche stare semplicemente davanti a questo agire è difficile, perché mette in discussione tutto ciò che si sono inventati sul cristianesimo e tutto ciò che di esso si critica. Anche madre Marija critica: la consueta triade monastica decoro, pietà e decenza; critica la «disciplina» sinodale e l’estetismo inebriato dell’incenso e del canto ecclesiastico, ma la sua è una critica affermativa. Afferma il cuore stesso del cristianesimo: «com-passione, com-partecipazione, con-crocifissione» (Sull’imitazione della Madre di Dio). In questa formula non c’è una specificazione arbitraria, non è indicato a chi esattamente rivolgere la nostra compassione. Sono categorie assolute che escludono qualsiasi divisione tra «i nostri» e «gli altri», tra i «degni» e i «non degni».

In memoria di santa Marija di Parigi, infinitamente madre

Madre Marija con due consorelle.

La prima ondata dell’emigrazione non era migliore di quella attuale. Le stesse guerre ideologiche tra gruppi e partiti, le stesse liti, pettegolezzi, le infami signore sempre pronte a «non stringere la mano» per qualsiasi motivo. Solo che allora tutto questo non era amplificato dalla rete onnipresente. Madre Marija era sempre sotto gli occhi di tutti, partecipava a diverse iniziative pubbliche, alle riunioni editoriali di Nov’ [rivista letteraria russa] e di altre riviste, al «circolo di Fondaminskij» e a molte altre iniziative, ma i battibecchi non facevano presa su di lei. Non ne aveva il tempo.

«La Madre è in continuo movimento, tra lavoro incessante, trambusto, spostamenti, – ricorda Konstantin Močul’skij. – Visita case di cura per malati psichiatrici. Ospedali. Conferenze. Circoli. Tiene relazioni nelle parrocchie. Gestisce la mensa dei poveri».

Penso che le sue consorelle e padre Kiprian Kern non riuscissero ad accettare che il cristianesimo potesse essere così completamente immerso nella vita quotidiana; che non fosse qualcosa di «speciale», che ti astrae dal mondo per immergerti in una sfera di aromi celestiali e pensieri elevati, ma qualcosa di universale, che abbraccia il mondo e intercede per lui in una «liturgia fuori dal tempio», il cui spazio può essere qualsiasi luogo: il mercato, dove si vendono a poco prezzo i prodotti con cui preparare una zuppa per gli affamati; la cucina, dove questa zuppa è cucinata da una monaca accaldata dal vapore, con l’abito monastico consunto; la mensa, dove la zuppa e la conversazione vengono condivise con il filosofo Berdjaev e lo storico Fondaminskij insieme agli abitanti della casa, persone che non sarebbero mai state accolte nella «buona società»; infine, la baracca di un campo. «Dopotutto, anche nei campi le persone vivono».

In memoria di santa Marija di Parigi, infinitamente madre

Madre Marija con due dei suoi figli.

Una delle parole chiave nei testi di Madre Marija è «tutto». «Se fossimo veri cristiani vestiremmo di stelle». «Siamo tutti infelici e ho pietà di tutti», sono le sue parole annotate nel 1936 da Konstantin Močul’skij. Ancora una volta, senza un complemento che specifichi, divida o separi. «Pietà di tutti»: in questa formula c’è una sfida non solo alla pietà tradizionale con la sua «misura rigorosa della bontà», ma anche alla nostra giustizia post-tradizionale.

Madre Marija, non sei stata un tipo facile. Ma senza di te sarebbe stato del tutto terribile. Prega per noi.