Un chirurgo estremista

2 Agosto 2025

Un chirurgo estremista

Anna Kondratova

Famoso in tutta Mosca come uno dei migliori chirurghi vascolari e per la dedizione verso i suoi pazienti, Ivan Tiščenko ha avuto la carriera troncata da una condanna a quattro anni per «finanziamento di associazione estremista». Ossia la Fondazione di Naval’nyj per la lotta contro la corruzione, fuori legge dal 2021.

Quello di Ivan Tiščenko non è un caso isolato. Dopo la morte di Naval’nyj, le autorità continuano a perseguitare chiunque abbia avuto minimamente a che fare con la sua Fondazione anche prima che questa venisse dichiarata fuori legge. Secondo holod.media, dal 2021 all’aprile 2024 almeno 53 persone hanno subito procedimenti penali per questo motivo.

Tiščenko aveva effettuato le donazioni prima che la Fondazione fosse dichiarata estremista nel giugno 2021, e poi si era dimenticato di cancellarsi dall’elenco dei donatori. Lo aveva fatto all’inizio del 2022, quando se ne era ricordato. Ma il 26 settembre 2024 i poliziotti gli sono piombati in casa all’improvviso, l’hanno perquisita e hanno notificato al medico gli arresti domiciliari. Davanti ai magistrati lo stesso chirurgo ha riconosciuto di aver commesso una svista, senza intenzione di violare la legge, eppure, a metà novembre è stato inserito nel registro delle persone e organizzazioni «notoriamente coinvolte in attività estremiste o terroristiche» gestito dal Servizio federale per il monitoraggio finanziario, meglio noto come Rosfinmonitoring.

L’ente è stato creato nel 2001 con decreto di Putin per raccogliere e analizzare informazioni sulle transazioni finanziarie al fine di combattere il riciclaggio di denaro, il finanziamento al terrorismo e altri crimini finanziari. L’organizzazione ha anche il compito di fornire elenchi di persone accusate di attività «estremiste» o terroristiche. Secondo alcuni osservatori, citati da theatlantic.com già nel 2013, l’ente di fatto si servirebbe delle norme antiriciclaggio anche per controllare e combattere l’opposizione. Amministrato dapprima dal Ministero delle Finanze, Rosfinmonitoring dal 24 settembre 2007 dipende direttamente dal presidente della Russia.

Il 15 giugno scorso il portale rbc.ru ha ricostruito dettagliatamente la vicenda giudiziaria del chirurgo. In dicembre Tiščenko è stato condannato in primo grado a 4 anni di colonia penale a regime comune e trasferito al carcere di isolamento istruttorio n. 4 di Mosca. La difesa ha deciso di ricorrere in appello, ma il tribunale cittadino ha lasciato immutata la condanna. Il processo d’appello è durato due giorni.

Durante la prima seduta del 15 maggio, l’avvocato di Tiščenko, Katerina Tertuchina – già difensore di Oleg Orlov – ha chiesto di annullare la condanna e di riesaminare il caso per gravi irregolarità avallate dal tribunale al processo di primo grado; tuttavia anche il processo di riesame si è svolto a porte chiuse, senza che il tribunale motivasse la decisione di precludere l’accesso alla stampa e agli uditori.
Secondo l’avvocato, ciò ha limitato notevolmente il diritto alla difesa di Tiščenko. I suoi familiari, chiamati al processo come testimoni della difesa, sono stati avvertiti che sarebbero stati perseguiti penalmente se si fossero rifiutati di fornire deposizioni, sebbene l’articolo 51 della Costituzione garantisca il diritto dei cittadini a non testimoniare contro i propri cari. Il tribunale, secondo la difesa, non ha dato ragioni valide per aver inflitto al chirurgo un periodo di detenzione invece della condizionale o il pagamento di una multa, visto che la sua è un’infrazione di così poco conto.

Alla seconda udienza, il 5 giugno, si sono recati in tribunale decine di colleghi di Tiščenko, i suoi familiari, un gruppo di sostegno e dei giornalisti, oltre ai rappresentanti delle missioni diplomatiche di USA, Olanda e Repubblica ceca, il che dice dell’interesse internazionale intorno a questo caso. Secondo l’agenzia Sota, l’udienza si è svolta in una sala molto piccola dove hanno trovato posto solo i familiari e alcuni giornalisti, nessuno degli amici e dei colleghi vi ha potuto accedere. Un addetto stampa del tribunale ha vietato anche ai giornalisti accreditati di filmare e di fotografare: «Così ha deciso il giudice», ha detto, allargando le braccia.

Tiščenko ha potuto partecipare al processo solo in videocollegamento dal carcere, nonostante avesse insistito assieme al suo avvocato che la Costituzione sancisce il diritto di assistere all’udienza di appello in presenza.

Un chirurgo estremista

I colleghi di Tiščenko riuniti per sostenerlo durante il processo. (Telegram)

«Un grave errore»

Eva Merkačeva, membro del Consiglio per i diritti umani presso il presidente, ha definito la decisione della corte d’appello «un grave errore», osservando che in questi quattro anni di reclusione il chirurgo avrebbe potuto salvare un enorme numero di pazienti.

Nella sua ultima parola Ivan ha ringraziato amici, parenti e colleghi, compresa la dirigenza dell’ospedale in cui ha lavorato, «per la solidarietà, il sostegno morale, psicologico e materiale in tutti questi mesi di reclusione» come anche «tutti coloro che hanno speso tempo ed energie per venire al processo oggi e la volta scorsa».

Poi ha vibrato una stoccata a un sistema che ormai non ha più contatto con la realtà oggettiva e ignora il bene comune, perché impantanato nella sua stessa ideologia: «Negli ultimi decenni sono stato abituato a vivere nel mondo della scienza e della medicina che si basa sulle evidenze, e dove si progredisce nella cura dei pazienti grazie ai dati della scienza medica che verifica l’efficacia. Ora sono finito in un mondo completamente diverso, che ha una scienza tutta sua, quella di punire la gente. Se questa scienza ritiene per qualche motivo che otterrà una società più sana e meno criminale rinchiudendo per lunghi anni degli accusati che per lo più non hanno commesso alcun crimine e non rappresentano alcun pericolo per la società, impedendo che abbiano rapporto con amici e parenti, emarginandoli, avvilendoli professionalmente e psicologicamente, insegnando loro il gergo, le regole e la gerarchia della galera e dei lager, umiliandone la dignità umana, e producendo degli esseri umani menomati fisicamente e interiormente, sarebbe come minimo auspicabile che questa ipotesi venga dimostrata scientificamente in base a ricerche psicologiche e sociali policentriche randomizzate. Grazie a tutti per l’attenzione e la pazienza».

Anche i pazienti, i colleghi e gli amici di Tiščenko che prima dell’arresto lavorava all’Ospedale cittadino n. 23 Davydovskij, pensano che privare della libertà una persona della sua levatura professionale e umana per un’infrazione così lieve arrechi un danno enorme anzitutto alla società.

Il medico ha partecipato a convegni importanti in Europa e nel mondo. Specializzato in chirurgia d’urgenza, ha rinunciato alla carriera accademica per essere quotidianamente vicino ai pazienti, introducendo tecniche innovative e salvando così molti dalla morte o dall’amputazione di un arto. I colleghi hanno inondato il tribunale di testimonianze a suo favore, in cui lodano la sua onestà e dedizione, la competenza nello svolgere interventi delicati e la disponibilità nel tempo libero a trasmettere ad altri medici il suo sapere e ad aiutarli a svolgere operazioni particolarmente complesse.

Konstantin Murašev, collaboratore del parroco della chiesa dei santi Cosma e Damiano nel centro di Mosca, ha scritto al tribunale che dopo il lavoro Ivan curava gratuitamente i senzatetto che cercano aiuto in parrocchia, in particolare quelli senza documenti per i quali è difficile accedere al servizio sanitario.

«A Vanja si poteva chiedere aiuto a qualsiasi ora», confida a svoboda.org la sua amica Anna Margolis: «Quando sui social cercavo aiuto per qualcuno, rispondeva sempre. Sua mamma è armena, perciò parlavamo molto della situazione nel Nagornyj Karabach. Lui aiutava i profughi, si immedesimava molto con le sofferenze altrui. Per alcuni anni Ivan ha svolto regolarmente traduzioni per due anziane profughe di Baku. Penso non si ricordasse nemmeno di tutte le sottoscrizioni di beneficenza a cui aveva aderito».

Ivan Tiščenko è nato l’11 aprile 1978, risiede a Mosca ed è cardiochirurgo. È separato, e ha una figlia minorenne. (Facebook)

Figli di padre Men’

È sempre stato così: nel profondo della società russa scorre ininterrottamente un fiume carsico di bontà che si trasmette da persona a persona attraverso legami familiari o di amicizia, anche nelle epoche più ciniche e buie. La mamma di Ivan, Roza Adamjanc, aveva conosciuto le persecuzioni sovietiche da quando aveva tre anni, essendo stata deportata nella regione degli Altaj con il padre, ingiustamente accusato di appartenere a un partito nazionalista armeno fuori legge. Eppure questa sofferenza non l’ha indurita, forse proprio grazie all’incontro con padre Aleksandr Men’, alla cui scuola lei e suo marito sono cresciuti. Roza da giovane faceva parte della comunità del noto sacerdote ortodosso ucciso nel 1990, e per un periodo è stata direttrice della Fondazione a lui intitolata.

«Anche Vanja frequentava fin da piccolo la parrocchia di padre Men’ a Novaja Derevnja e leggeva i suoi libri» ricorda Anna Margolis.  Ivan stesso, rispondendo dal carcere alle domande di Zoja Svetova per novajagazeta.ru, ricorda la sua amicizia con padre Aleksandr: «Veniva a trovarci nella nostra casa di campagna, prendeva l’autobus con noi, celebrava la Liturgia, confessava. Mi aveva regalato un kit di figure di animali. Ai ricordi si sovrappongono i video dei suoi interventi e gli audio delle omelie e delle lezioni, circolati dopo la sua morte. Nella mia coscienza associo padre Men’ alla festa, alla gioia e alla mancanza di tempo materiale o, meglio, all’essere fuori dal tempo».

Tiščenko si dichiara ortodosso e, come afferma Svetova, ha sempre cercato di vivere da cristiano. Anche in carcere continua a preoccuparsi più degli altri che di sé. La sorella Nina racconta che durante un colloquio le ha chiesto di telefonare con urgenza alla moglie di un compagno di cella che è stato trasferito, e di darle una mano con il figlio malato.

Anche il modo in cui Tiščenko vive la sua nuova situazione deriva probabilmente dalla sua figliolanza spirituale con padre Aleksandr: «Vanja non si lamenta delle condizioni di detenzione, non è il tipo che si piange addosso – dice Anna. – Scrive che ha avuto fortuna con i compagni di cella, nelle sue lettere scherza spesso con me e con le sue sorelle. Dice che la sua cella è come quella di un monastero. È sempre stato allegro e pieno di vita, ma a volte scrive che forse per lui è tutto finito. Negli ultimi tempi era abbattuto per la morte di sua madre».

Parlando della sua condanna, il medico ha confidato a novajagazeta.ru: «Per me non è stato uno shock doloroso, in un certo senso ero preparato. Non mi hanno condannato alla fucilazione, né a dieci anni di lager a Vorkuta o alla Kolyma, non mi hanno torturato, non mi hanno accusato di reati che non ho commesso. A sostenermi ci sono tutti i miei amici, i miei parenti e molti colleghi. Ricevo lettere affettuose. Quindi per ora non ho motivo di disperarmi.

Perché non me ne sono andato? La risposta è semplice: non mi aspettavo di essere arrestato, e non sospettavo che avrebbero potuto arrestarmi. Se alla vigilia della perquisizione mi avessero chiesto per cosa avrei potuto essere accusato e incarcerato, non avrei saputo cosa rispondere. Non saprei dire cosa mi aiuta a non perdermi d’animo, perché non ho mai provato queste sensazioni. Il Signore esige da noi, si aspetta da noi, non che cerchiamo il benessere e la sicurezza, ma che sappiamo restare nell’oscurità. Non ci ha promesso una vita facile». Parole particolarmente coraggiose, considerando che il chirurgo fuori dal carcere ha centinaia di pazienti che attendono le sue cure, oltre a una figlia undicenne e al padre anziano a carico.

Un chirurgo estremista

Collegato dal carcere. (facebook)

Lo scandalo per una condanna ingiusta

Secondo il sito di consulenza giuridica amulex.ru, il medico spera che la sua vicenda giudiziaria abbia ulteriori sviluppi e che proseguano il sostegno legale a suo favore e la lotta per la giustizia. Per ora non si sa se il caso avrà un seguito ma al momento resta in vigore la decisione del tribunale. «La situazione di Ivan Tiščenko solleva numerosi interrogativi sull’amministrazione giudiziaria, su alcuni aspetti della difesa dei diritti umani e sulla responsabilità professionale. Finora il chirurgo è stato un esempio di maestria in campo medico e di etica professionale, e il suo caso diventerà senza dubbio un evento discusso e significativo nella pratica giudiziaria in Russia», osserva la giurista Polina Nedaškovskaja su amulex.ru.

Tutto ciò non toglie lo scandalo che la condanna ha suscitato fra coloro che gli vogliono bene. L’amica Anna Margolis va oltre il singolo caso di Ivan per denunciare lo sgomento di un paese che sta precipitando nell’assurdo: «In queste sistematiche repressioni di Stato vedo sempre, oltre alla persecuzione di una persona concreta, una casualità fuori da ogni logica. Vanja negli ultimi tempi prima dell’arresto era quasi assente dai social, non era un attivista né un oppositore di spicco. Queste azioni repressive ci fanno cadere ogni volta più in basso. Evidentemente è proprio questa la logica delle repressioni, che colpisce sempre più gente e sempre più a caso. Il terrore è, appunto, terrore».

A maggior ragione, colpisce che in Russia esistano ancora un’opinione pubblica e una società civile che non si rassegnano a vivere nel non senso e agiscono alla luce del sole. Come i medici che si sono presentati in camice bianco davanti al tribunale all’udienza di appello, molti dei quali avevano espresso a Eva Merkačeva la speranza che la condanna contro il loro collega venisse ridotta: «Ora immagino la loro delusione. In realtà, molti hanno avuto semplicemente paura di dire qualcosa pubblicamente, ma i medici che considerano questa condanna ingiustificatamente feroce non sono centinaia bensì migliaia. E penso che oggi discuteranno fra loro proprio di questa ferocia», ha confidato la delegata per i diritti umani a rbc.ru.


(foto d’apertura: Sota, Telegram)

Anna Kondratova

Moscovita, laureata in sociologia. Ha seguito da vicino lo sviluppo del movimento d’opposizione in Russia. Giornalista e saggista.

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