16 Novembre 2021
Perché difendere Memorial?
Prestigiose istituzioni culturali e sociali stanno muovendosi in difesa di Memorial, che rischia di essere spazzato via dalla recente legislazione sugli «agenti stranieri». Sono in molti a comprendere che la chiusura di Memorial sarebbe una perdita gravissima, e non solo per la Russia.
«L’11 novembre scorso la Corte Suprema ha notificato a Memorial Internazionale che la procura generale ha presentato un’istanza di scioglimento dell’organizzazione per violazioni sistematiche della legislazione sugli “agenti stranieri” (il caso riguarda materiali dell’organizzazione che sarebbero privi di etichettatura). L’udienza avrà luogo il 23 novembre.
Memorial Internazionale ha ripetutamente affermato che la legge è stata originariamente concepita come uno strumento per reprimere le organizzazioni indipendenti, e ha insistito che debba essere abrogata. Nel comunicato con cui ha diffuso la notizia, il direttivo di Memorial Internazionale ha aggiunto: “Tuttavia, finché la legge esiste, siamo costretti a mettere in atto le sue prescrizioni. Crediamo che non ci sia una base legale per la liquidazione di Memorial Internazionale. Si tratta di una decisione politica per eliminare un’organizzazione dedita alla storia delle repressioni politiche e alla difesa dei diritti umani”».
Riportando questo comunicato di Memorial-Italia, vogliamo manifestare la nostra solidarietà e auspicare che Memorial possa essere prosciolto dalle accuse e continuare un’attività che, come indicano le testimonianze di importanti personalità del mondo della cultura russa che riportiamo di seguito, costituisce un elemento fondamentale per la coscienza e il futuro del paese.
Anche il nostro portale vuol partecipare a questa campagna di solidarietà, informando via via i lettori dello svolgimento dei fatti e delle iniziative possibili.
Ol’ga Sedakova, poetessa:
«Memorial è l’anima della nostra storia vivente, è qui che essa scorre: è un movimento che spezza la dimenticanza a cui siamo indotti, un movimento che purifica chiunque vi partecipa e tutta la terra nostra, un movimento volto a restituire il debito che abbiamo contratto verso chi è stato ucciso senza colpe. Un movimento a favore della verità, che recide il legame con la crudeltà e la violenza in cui viviamo ormai da più di cent’anni. L’anima della nostra storia ha ripreso vita, e la si vuole nuovamente uccidere».
Ljudmila Petruševskaja, scrittrice:
«Rinuncio al titolo di laureata del Premio di Stato. Perché a consegnarmi la medaglia e il mazzo di fiori [nel 2002] è stato il presidente Putin. Per un’opera teatrale dedicata a coloro che non hanno fatto ritorno dal lager, in loro memoria. Non sapeva perché mi era stata conferita questa onorificenza, non ha letto il mio Moskovskij chor e, sebbene l’avessi invitato, non è venuto a teatro ad assistere allo spettacolo. Putin si è limitato semplicemente a porgermi il diploma, il cofanetto con la medaglia e un mazzo di fiori. La memoria evidentemente è una cosa che fa paura ai nostri dirigenti, a Putin, dal momento che la vietano…
Oggi ci tolgono Memorial, la memoria dei condannati e fucilati, degli uomini investiti dai camion e lasciati morire di fame, dei morti congelati durante i trasferimenti in lager, o sotto tortura alla Lubjanka o alla Kolyma, della gente pestata di recente per strada, nelle camionette o nelle stazioni di polizia. Delle persone private della libertà a causa di processi montati, falsi. Delle migliaia di detenuti – tali solo perché ritenuti pericolosi dal potere.
Beh, vieteranno anche me e i miei figli. Le loro opere, i loro testi. I miei libri e spettacoli. Ma la Memoria!».
Appello dei docenti dell’Accademia delle Scienze russa:
«Esprimiamo recisamente la nostra protesta contro le vessazioni e i tentativi di far chiudere l’associazione Memorial intrapresi pretestuosamente dalle autorità.
L’associazione Memorial, fondata all’inizio della perestrojka allo scopo di studiare le repressioni politiche e serbare la memoria delle loro vittime, svolge un grande lavoro educativo, non consentendo che si dimentichino i milioni di persone innocenti che subirono repressioni, perirono o furono uccise. Vittime di una guerra combattuta contro il proprio popolo dai vertici di un potere criminale furono tutte le classi sociali del paese: contadini e operai, impiegati e militari, scrittori, poeti e artisti, insegnanti e studenti, ingegneri e scienziati, tra cui circa 200 membri dell’Accademia… Negli ultimi decenni Memorial ha svolto un ruolo fondamentale nel ricordare alla società questo cupo periodo della nostra storia, e le più importanti iniziative volte a eternare la memoria delle vittime delle repressioni (come la «Restituzione dei nomi», l’«Ultimo indirizzo» e altre ancora) sono strettamente legate ad esso. Memorial è stato e continua a restare un serio centro di ricerche incentrate sull’operato degli organi punitivi e il loro influsso su tutti gli aspetti della vita della società sovietica. Per proporzioni del lavoro svolto in questo campo e per numero di pubblicazioni non ha confronti con nessun istituto statale di ricerche. Memorial ha raccolto un archivio preziosissimo e una collezione museale, la cui dispersione sarebbe una vera catastrofe per la disciplina storica.
Distruggere Memorial è un tentativo di privare la nazione della memoria, e non possiamo permetterlo se vogliamo evitare il ripetersi di un’era di mostruose repressioni».
La memoria è una posizione attiva verso la storia, verso se stessi. Difendere Memorial è difendere la responsabilità che ciascuno è chiamato ad avere, per tutto e per tutti. È possibile firmare una petizione a sostegno di Memorial, cliccando a questo link.
Far memoria, un compito civile
Memorial Internazionale si occupa della storia delle repressioni politiche in URSS, ma il suo interesse non va in primo luogo ai crimini, il suo intento non è quello di celebrare una sorta di Processo di Norimberga: è il desiderio di restituire la memoria delle vittime, di riportare alla luce i nomi, i volti di chi in epoca sovietica è scomparso negli ingranaggi della macchina concentrazionaria. E questo, per una responsabilità educativa nei confronti del proprio paese, come sosteneva Arsenij Roginskij, il suo presidente: «Per me formare e far funzionare il senso civico in Russia è un compito sicuramente non meno prioritario dei compiti storico-culturali legati alla memoria».
Memorial è in primo luogo un simbolo della società civile russa.
Il suo primo nucleo si forma alla fine degli anni ’80, epoca della perestrojka, dalla comune convinzione di dover impedire che gli orrori del passato si ripetano. Si fa strada la proposta di promuovere una reale riabilitazione delle vittime, erigendo un monumento affiancato da un archivio, un museo e una biblioteca che possano alimentare una memoria viva, dei contenuti civili vivi.
Ben presto dall’opinione pubblica giunge un riscontro inaspettato: chi vuole fare gli straordinari per raccogliere fondi per il «monumento», chi invia le proprie memorie, chi chiede aiuto per avere notizie dei propri cari scomparsi. C’è anche chi scrive di aver raccolto centinaia di firme per creare nella propria città «un gruppo di Memorial»: sono loro i primi a dare questo nome all’associazione. Una risposta a queste domande è necessaria: l’associazione viene fondata secondo l’ordinamento allora vigente, sotto la tutela di un ente statale (l’Unione cinematografica dà volentieri il suo assenso).
Con l’arrivo di Arsenij Roginskij, nell’estate del 1988, Memorial fa un salto di qualità. Nel giro di un mese, aderiscono all’associazione molte personalità del dissenso, e il gruppo elabora distintamente un proprio progetto.
Nel 1989 viene approvato lo statuto dell’associazione. All’assemblea costitutiva di Memorial partecipano alcune centinaia di persone da tutta l’URSS, oltre a un folto gruppo di giornalisti stranieri. L’associazione Memorial viene registrata come prima associazione pubblica indipendente esistente in Unione Sovietica, e ne assume la presidenza l’accademico Andrej Sacharov. Nel 1992 viene registrata come «Memorial Internazionale».
Allo studio della storia si affianca da subito la consapevolezza di dover battersi in difesa dei diritti umani: nel 1993 sorge il Centro Memorial in difesa dei diritti umani, che ha lavorato in Cecenia, tra i migranti e a sostegno dei detenuti politici.
Si può dire che le grandiose iniziative sociali e culturali a cui Memorial ha dato vita sono nate da una dote umana che consiste nel «non abituarsi» a vivere, nel riaccendere continuamente una domanda, uno sguardo carico di attenzione e di stima per l’uomo («l’uomo è l’unità di misura di Memorial», diceva ancora Roginskij), e per la realtà tutta. Di qui è nato tutto il lavoro sulla memoria che si è progressivamente sviluppato nell’archivio di Memorial e nel database unico delle vittime del regime (oltre 3 milioni di persone), in mostre, nel Concorso nazionale per le scuole «L’uomo nella storia del XX secolo», nel programma «Ultimo indirizzo» che ricorda pubblicamente, con targhe apposte alle case, i nomi delle vittime della repressione, e così via.