1 Aprile 2022
Voci dall’Ucraina. «Ognuno di noi può diventare un Churchill»
Il filosofo ucraino Kostantin Sigov ha scelto di restare nel suo paese dopo l’invasione russa. Al telefono, ha raccontato a un giornalista francese come si vive e cosa si spera quando la guerra sovrasta.
Qual è il suo stato d’animo?
Bisogna lottare. Bisogna resistere ancora molto, e a tutti i livelli. In Ucraina, ma anche a Parigi e Bruxelles.
Cos’altro possono fare le capitali europee?
La domanda di adesione dell’Ucraina all’Unione Europea è stata registrata, ma occorre andare più avanti e farlo più velocemente. De facto l’Ucraina e l’Unione europea sono già insieme. Stanno combattendo un avversario molto pericoloso e folle. Ma quanto più velocemente questa adesione verrà realizzata e diventerà parte della coscienza di tutti in Europa, tanto meglio sarà. Questo sentimento di unità è indispensabile non solo all’interno dei confini del paese, ma anche dell’Europa intera. C’è bisogno di concretizzare l’unione dell’Ucraina e dell’Europa mediante decisioni reali. E questo darà più forza e più coraggio a tutti. Perché in Europa occidentale la tentazione di immaginarsi al sicuro è forte.
Perché crede che questa sensazione di sicurezza sia sbagliata?
Se oggi si verificasse un incidente in una centrale nucleare ucraina a causa dell’invasione russa, anche in assenza dell’ordine di attacco atomico, già da domani dovremmo affrontare una catastrofe ecologica. E la maggior parte dei francesi non è assolutamente pronta. Non immagina di potersi ritrovare anche lei a dormire sul pavimento del metro. Quando guardo i dibattiti alla televisione francese, ho come l’impressione che i partecipanti credano di vivere su un altro pianeta. Mentre, in realtà, quello che ci sembrava lontano una settimana fa è ormai alle porte. E domani può raggiungere Parigi.
Come si può non cedere alla paura?
Solo decisioni concrete possono allontanare la paura. Vi faccio un esempio dall’Ucraina. Un tank si avvicina a un villaggio ucraino. Alcuni abitanti offrono da mangiare ai soldati che lo manovrano. Mentre li ristorano, uno degli abitanti versa dello zucchero nel serbatoio del blindato. E il motore è fuori uso. È il mezzo più pacifico, senza bottiglie Molotov. È così che si fermano i carri armati. Solo delle decisioni concrete possono aiutarci a vincere la paura. E questo vale tanto in Ucraina, quanto in Francia.
Che cosa possono fare i nostri governanti?
I governanti dell’Occidente dovrebbero ad esempio chiamare Aleksandr Lukašenko, il presidente bielorusso, per spiegargli che questo conflitto non è la sua guerra e che non deve mandare i suoi connazionali a prendervi parte. Bisogna solo spaventarlo, dicendogli che subirà la sorte di Milošević, arrestato e giudicato dopo le guerre in Jugoslavia. La Polonia ha appena autorizzato gli ucraini a utilizzare i suoi aeroporti. Oggi tutto il mondo è chiamato a prendere misure simili. L’Ungheria invece impedisce il passaggio d’armi attraverso i suoi territori verso l’Ucraina. Se sta dalla parte di Putin che lo dica, non può tenere il piede in due staffe.
Molti francesi, oggi, si muovono per aiutare gli ucraini…
È molto importante questo fatto, soprattutto perché spronerà i responsabili politici, talvolta indecisi, a spingersi oltre.
Oggi la risorsa fondamentale è il coraggio individuale e collettivo. E il coraggio può fortificarsi, oppure sciogliersi come neve al sole. Se l’atmosfera generale in Francia è di solidarietà, i politici avranno meno paura.
Tutto ciò mi fa venire in mente il film Don’t look up (Adam McKay, 2021), uscito di recente. Ci sono momenti nella storia dove persone comuni si recano dai leader di un paese, e capita a volte che riescano a far passare il messaggio. Allora Emmanuel Macron capirà forse di potersi elevare al livello di un Churchill. Tutti i francesi devono inviargli questo segnale. E in ogni caso ciò darà al paese molta più forza per affrontare gli altri problemi, economici, politici, migratori. Effettivamente, molte cose dipendono dai francesi!
Bisogna temere l’impiego da parte della Russia dell’arma nucleare?
Oggi c’è il rischio reale che l’uomo che si trova nel suo bunker al Cremlino, in un momento di follia, possa ordinare un attacco nucleare su Kiev. Non possiamo escluderlo, nel momento in cui i carri armati attaccano Kiev. Sarebbe semplicemente la scelta di un’arma al posto di un’altra nel caso in cui l’offensiva terrestre venisse respinta. Ma se Vladimir Putin riceve la piena conferma che le potenze nucleari lo annienteranno nel caso usasse armi nucleari, allora non si arrischierà a farlo. Ma occorre essere risoluti: non avere paura di un possibile attacco, piuttosto capire che siamo più forti, e non cedere al ricatto. Perché se mai Kiev fosse vittima di un attacco nucleare, qualsiasi altra città europea potrebbe diventarlo a sua volta.
Vladimir Putin ne sarebbe capace?
Non ha alcun freno. La vita dei suoi stessi concittadini gli è assolutamente indifferente. Quindi quella degli ucraini o dei francesi non gli fa né caldo né freddo. Visto che si considera accerchiato da nemici, l’unica questione che si pone è: come distruggerne il maggior numero?
Cosa significa concretamente trovarsi in guerra?
La guerra è un lavoro difficile, e ce ne stiamo rendendo conto oggi. Tutte le notti dormiamo per terra negli scantinati. La pressione psicologica e fisica è massima per tutti. Ma da Char’kov a L’vov, passando per Kiev e fino a Parigi, dobbiamo unirci in questa impresa, dedicarvi tutta la nostra forza intellettuale, morale e fisica. In qualsiasi momento la cortina di illusioni che ci fa credere che tutto questo stia accadendo lontano, può essere strappata. La violenza può entrare in qualsiasi casa. Perché questo non succeda, non dobbiamo stancarci o distoglierci dalla questione.
Che cosa significa questo evento nella nostra storia?
O questa guerra rinnova e rinforza la Francia e l’Europa, o ci riporterà negli anni ’30. O l’Ucraina, la Francia, tutti i paesi d’Europa incarneranno un nuovo ethos, o finiremo per essere trasformati in animali.
L’ideologia del Cremlino vuole convincerci che la viltà è sempre preferibile alla guerra.
È esattamente quello che esprimeva Churchill quando diceva: «Potevano scegliere fra il disonore e la guerra. Hanno scelto il disonore e avranno la guerra». Se ognuno di noi, ovunque si trovi, diventa un Churchill, allora la Francia intera aiuterà il suo presidente a diventare a sua volta un nuovo Churchill.
Konstantin Sigov
Docente di storia delle idee teologiche e filosofiche all’Università statale Accademia Moghiliana di Kiev, dirige il Centro di ricerche umanistiche europee. Nel 1992 ha fondato l’Associazione culturale ed editoriale «Duch i litera», di cui è direttore.