4 Marzo 2019
L’autocefalia è arrivata. Che accade ora?
L’autocefalia della Chiesa ucraina è una realtà giuridica. Ora bisogna che si realizzi come comunità ecclesiale. La tentazione della divisione, il desiderio di unità: dopo le ragioni della politica, emergeranno le ragioni di Dio?
In Ucraina è stata stabilita l’autocefalia; ormai è un punto di non ritorno. E si sono spenti i riflettori dei media internazionali sul contrasto ecclesiale che ha interrotto i rapporti fra il patriarcato di Mosca e di Costantinopoli. Ricordiamo in breve che, dopo il Concilio d’unificazione celebrato a Kiev il 15 dicembre scorso, il neoeletto primate della Chiesa ortodossa ucraina Epifanij, si è recato il 6 gennaio a Costantinopoli per ricevere dalle mani di Bartolomeo il famoso Tomos, che ha riportato a Kiev il giorno seguente.
Di primo acchito, viene la tentazione di considerare la questione solo in termini negativi, perché sono dolorosamente sotto gli occhi di tutti le penose gelosie, i ricatti meschini, le imposizioni, i calcoli politici che stanno accompagnando l’organizzazione della nuova struttura ecclesiale, nonché il riassestamento dell’ortodossia mondiale secondo nuove alleanze.
Sicuramente, là dove lo Stato non interviene direttamente a forzare le cose, la gente si sta prendendo del tempo per capire, non si affretta a spezzare legami e a fare salti nel buio. È chiaro che per la maggioranza l’ideale sarebbe non dover scegliere, cioè sfuggire a questa innaturale contrapposizione.
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Marta Dell'Asta
Marta Carletti Dell’Asta, è ricercatrice presso la Fondazione Russia Cristiana, dove si è specializzata sulle tematiche del dissenso e della politica religiosa dello Stato sovietico. Pubblicista dal 1985, è direttore responsabile della rivista «La Nuova Europa».
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