1 Marzo 2025

Gli abbagli dell’oscurantismo o la lucidità dei testimoni

Marta Dell'Asta

Quello che è successo alla Casa Bianca ha caratteristiche tremende che ricordano il trattamento riservato da Hitler al cancelliere austriaco ai tempi dell’Anschluss o da Brežnev a Dubček dopo l’invasione di Praga. Il ribaltamento dei pilastri del vivere comune è una sfida che non possiamo non raccogliere. In nome della ragione e del futuro.

Credevamo di aver raggiunto il massimo alla fine di gennaio quando abbiamo ascoltato la conferenza stampa del «rieletto» presidente bielorusso Lukašenko: a chi gli rinfacciava la scarsa democraticità delle elezioni appena concluse (con gli oppositori in carcere o in esilio) Lukašenko con sublime impudenza aveva replicato che per i suoi contendenti andare in prigione o in esilio è «una questione di libera scelta», e appunto questa «è la democrazia…».

Non pensavamo si potesse andare oltre nella falsificazione della realtà, ma è evidente che ci sbagliavamo: nelle ultime settimane questi paradossi tragici e grotteschi hanno smesso di essere un privilegio esclusivo dei nuovi totalitarismi est-europei e sono andati crescendo, con una rapidità inverosimile, anche oltreoceano, da noi e un po’ dappertutto. E l’orribile sceneggiata andata in onda ieri alla Casa Bianca lo testimonia.

Dunque è evidente che ci sbagliavamo, perché se Lukašenko dice certe cose tanto apertamente (e prima di lui lo hanno fatto Putin, o Peškov, o Lavrov) forse è perché ritiene che chi lo ascolta in Occidente sia disposto ad accettare o a condividere e diffondere (come è successo ieri) senza problemi una distorsione logica e linguistica che fa impallidire gli esempi della neolingua orwelliana: «La guerra è pace. La libertà è schiavitù. L’ignoranza è forza», per arrivare alla fine al tragico: «Tutti gli animali sono eguali, ma alcuni animali sono più eguali degli altri».

E in effetti qualche dubbio sulla nostra capacità di giudizio comincia a essere legittimo, se si pensa che molti hanno ritenuto sensate e plausibili le affermazioni più assurde e inverosimili, come quella del presidente Putin in occasione della conferenza del 19 dicembre scorso, quando ha cercato di spiegare la carenza di burro sui mercati russi non semplicemente negando il fatto (come avrebbero fatto in una dittatura classica), ma giustificandolo con l’eccessivo consumo di latte da parte di una popolazione che si alimenta meglio rispetto al passato.

E i dubbi sono poi cresciuti quando in Occidente abbiamo sentito parlare di «fatti alternativi», o abbiamo letto della possibilità di trasformare Gaza in un resort di lusso o abbiamo sentito sproloquiare sul futuro dei popoli, senza neppure prendere in considerazione quale possa essere la loro storia e il loro parere (visto che «gli ucraini oggi non sono russi, ma domani forse lo saranno, oppure no»).

Per non parlare poi di quando abbiamo sentito farneticare che gli ucraini «non avrebbero mai dovuto iniziare questa guerra»; o ascoltato la signora Zacharova accusare il presidente Mattarella di blasfemia per aver ribadito quello che tutti gli storici seri considerano un fatto (circa le somiglianze tra l’attuale aggressione russa all’Ucraina e il progetto del Terzo Reich in Europa); o sentito Lavrov ribadire che la Russia non ha mai bombardato obiettivi civili. Non si sa davvero a chi dare la palma della menzogna più spudorata.

Gli abbagli dell’oscurantismo o la lucidità dei testimoni

(fotor.com)

Di fronte a certi meccanismi pseudo-argomentativi, e pensando alla dignità che viene concessa a ogni teoria mirabolante (dalle scie chimiche al terrapiattismo),

si ha l’impressione che manchi totalmente qualsiasi esercizio della ragione, qualsiasi tentativo di collegare i fatti a un’interpretazione verificabile: una mancanza che, a lungo andare, può diventare rovinosa,

perché se oggi riusciamo ancora a percepire la violenza sulla realtà come un insulto alla nostra intelligenza, la sua arrogante riproposizione rischia di trasformare qualsiasi menzogna in una «opinione» fra le altre, stramba ma in fondo plausibile. Noi stiamo verificando sperimentalmente i «principi della neolingua», e alla prima reazione di sconcerto segue spesso la paura.

A un anno di distanza dalla morte di Naval’nyj sembra così lontana la sua esortazione a non avere paura: «Io non ho paura, non abbiatene neanche voi». E sembra distante anni luce Giovanni Paolo II, che il 22 ottobre 1978, nella sua omelia di inizio pontificato, ci invitava a non avere paura e ad aprire, anzi a «spalancare» le porte a Cristo.

Non sono passati ancora cinquant’anni e noi sembriamo aver completamente dimenticato quelle parole, sostituendole con una concezione della vita nella quale il cinismo della vecchia politica sembra una dote e se non sei abbastanza forte non solo non devi resistere all’aggressore, ma non hai neppure il diritto di trattare con lui. E invece quelle parole hanno letteralmente cambiato il mondo e, di fronte al precipitare della politica attuale, forse può valer la pena riprenderne la sfida, secondo l’indicazione che ci dava santa Caterina da Siena, quella che lo stesso Giovanni Paolo aveva definito la «mistica della politica» e che, nel Dialogo della divina Provvidenza, aveva scritto che bisogna «Conoscere con coraggio e seguire la verità».

Ora, se non è facile seguire la verità e non bisognerebbe mai avere la presunzione di possederla, il coraggio (a differenza di don Abbondio) ce lo possiamo dare, e la storia ci offre tanti esempi del guadagno che si ottiene a cercare la verità e a cercare di capire quanto stiano cambiando i nostri tempi e quale possa essere il senso di questi cambiamenti, fuori dalle reazioni sentimentali e immediate, di paura come di sdegno.

Può essere utile in questo senso l’analisi fatta da Anne Applebaum in un recente articolo, in cui fa chiarezza nella selva di vecchi concetti politici e nuove tendenze di cui forse non capiamo ancora bene la portata.

Gli abbagli dell’oscurantismo o la lucidità dei testimoni

(fotor.com)

Vecchi schemi che saltano: al di là di destra e sinistra

La tesi della giornalista americana è che si sta verificando a livello mondiale un mutamento di coordinate culturali che tende a smantellare la democrazia liberale insieme alla logica razionale e alla priorità del diritto a favore di un mix di nazionalismo, xenofobia, antisemitismo, esoterismo, misticismo antimoderno e complottismo. Se è ancora troppo presto per cercare di spiegare le ragioni di un simile processo, sarebbe importante arrivare almeno a prenderne coscienza come di un fatto.

Per cominciare, Applebaum critica la consueta contrapposizione politica tra destra e sinistra, che secondo lei è ormai obsoleta. «I termini destra e sinistra vengono dalla Rivoluzione francese, quando la nobiltà che voleva conservare lo status quo sedeva sul lato destro, all’Assemblea Nazionale, mentre i rivoluzionari che volevano i cambiamenti democratici sedevano sul lato sinistro. Queste definizioni hanno cominciato a non funzionare più una decina di anni fa, in Europa come in Nord America, quando una parte della destra ha cominciato a sostenere non la cautela e il conservatorismo, ma la distruzione delle istituzioni democratiche esistenti.

Nella sua nuova ipostasi, l’estrema destra ha cominciato a rassomigliare all’estrema sinistra. In certi posti, le due hanno cominciato a fondersi…

Quando, nel 2017, ho scritto che c’era bisogno di una nuova terminologia politica, faticavo a trovare termini più adeguati, ma ora i contorni del movimento politico popolare stanno diventando più chiari, e questo movimento non ha alcun rapporto con la destra o la sinistra come le conosciamo». E soprattutto, continua Applebaum, la confusione tra destra e sinistra non può essere ridotta a una questione solamente politica, come si potrebbe pensare, ma arriva alle radici stesse della nostra visione del mondo.

«I filosofi dell’Illuminismo, che credevano nella possibilità di creare Stati democratici basati sulla legge, che poi hanno prodotto la rivoluzione americana come quella francese, si scagliavano contro quello che chiamavano oscurantismo: tenebre, offuscamento, irrazionalità. Al contrario, i profeti di quello che potremmo chiamare nuovo oscurantismo ci offrono esattamente questo: soluzioni magiche, un’aura di spiritualità, coltivano la superstizione e la paura».

Tra i propagatori di questa mentalità, che è anche uno stato d’animo, ci sono personaggi che non c’entrano con la politica e coi quali entriamo quotidianamente in contatto come gli influencer o gli adepti della wellness, che Applebaum chiama «i ciarlatani della salute», gli ecologisti radicali o ancora i complottisti.

Anche in Europa il nuovo oscurantismo sta conquistando molte posizioni, compresi alcuni partiti politici che non casualmente, oltre a promuovere il «nazionalismo mistico», sono al tempo stesso filoputiniani e novax. A questo proposito, secondo Applebaum, è esemplare la figura di Călin Georgescu, il candidato filorusso alle presidenziali romene (vittorioso nel primo turno del 24 novembre scorso, poi annullato dalla Corte Costituzionale per sospette ingerenze russe nel voto), che ha improntato la sua campagna elettorale al salutismo mistico e all’antimodernismo (contro scienza e tecnologia). Dopo essersi fatto riprendere mentre nuota in un lago ghiacciato (che curiosa somiglianza con le prestazioni ginniche di Putin a cavallo, a caccia della tigre, che guida uno stormo di cicogne…), Georgescu commenta un po’ confusamente e mischiando medicina, mistica e fede: «Mi fido del mio sistema immunitario perché mi fido completamente del suo creatore, Dio. La mia immunità è parte della sovranità del mio essere»; e per concludere in un crescendo di «scientificità», afferma anche che le bibite gassate contengono nano-chip che «entrano in te come un computer», anche qui con un’inquietante assonanza con un complottismo diffuso.

Poco male, forse, se non fosse che il signor Georgescu con la sua aria da gentleman salutista e New Age è un ammiratore di «Ion Antonescu, dittatore dei tempi di guerra che si alleò con Hitler e fu giustiziato per crimini di guerra, ivi compreso il ruolo avuto nell’olocausto romeno. Per lui Antonescu e la Guardia di Ferro, gruppo antisemita violento, sono degli eroi nazionali».

In pratica nel nuovo oscurantismo si incontrano tendenze che mettono insieme campi diversi e mescolano le carte, così che «i leader spirituali – come dice Applebaum – inclinano verso la politica e i politici virano verso l’occulto», «i venditori di integratori alimentari e di cure illegali contro il Covid ora si mescolano, non a caso, con gli ammiratori della Russia putiniana», formando un mix estremamente composito, ma caratterizzato alla base da un identico sentimento di paura, orgoglio ferito e frustrazione, che produce per reazione odio e senso di onnipotenza e soprattutto, nelle motivazioni dell’agire umano antepone il (ri)sentimento all’esercizio della ragione.

Questo panorama culturale così profondamente irrazionale ha effetti ad ampio raggio su molti aspetti della nostra vita sociale e privata, soprattutto perché scardina il primato della realtà, della semplice verità dei fatti. Le conseguenze ultime di questa subcultura arrivano già (e lo tocchiamo con mano) fino alla politica: «Quando le teorie del complotto e le cure più insensate vengono ampiamente accettate – dice Applebaum, – anche i concetti di colpa e di crimine basati sulle prove svaniscono in fretta… Il misticismo antiscientifico spalanca la strada alle autocrazie in tutto il mondo… Non ci sono controlli ed equilibri in un mondo in cui conta solo il carisma, nessuna norma di legge in un mondo in cui l’emozione sconfigge la ragione: c’è solo un vuoto che chiunque con una storia scioccante e avvincente può colmare».

E a quel punto, sulla base dei teoremi più azzardati, senza più bisogno di prove, arriva qualcuno che, con l’inesorabile punizione dei colpevoli di oggi (alleati di ieri), ci promette di realizzare la pace e la giustizia in ventiquattr’ore, o forse in una settimana o qualche mese, comunque mentre si macinano coerentemente uomini, principi, speranze.

Gli abbagli dell’oscurantismo o la lucidità dei testimoni

(Gemini)

Non ci si può tirare indietro

Questa nuova mentalità travolge i punti di riferimento morali, sociali e politici; ormai nessuno può chiamarsi fuori da questa sfida, tantomeno può farlo il cristiano, chiamato a rispondere della realtà.

Purtroppo per il cristiano c’è in più un altro possibile equivoco, innescato dall’uso di una terminologia pseudo spirituale che veicola concetti tutt’altro che cristiani. Călin Georgescu, ad esempio, parla molto di «cuore», sia per spiegare il suo rifiuto delle moderne tecnologie («a me basta il cuore» dice), sia ancora, quando dice che «la guerra non distrugge solo fisicamente ma distrugge i cuori».

Ai cristiani che conoscono la dottrina cristiana sul «cuore» come centro della persona anche solo grazie alla recente enciclica di papa Francesco sul cuore Dilexit nos, questa espressione può risultare accattivante (tanto più che è assolutamente vero che l’odio distrugge le coscienze), e possono cadere in grande confusione se, oltre a conoscere questi temi solo superficialmente, non mettono in fila il «cuore» di Georgescu con tutte le sue altre «convinzioni» paganeggianti. L’esito è che rischiano di sovrapporre due cose assolutamente incompatibili. L’ignoranza e le parole totem che suscitano vaghe assonanze possono spingere molto lontano dal cristianesimo.

Un’altra di queste parole totem è sicuramente la parola «pace», che fa scattare in noi un riconoscimento immediato: alla pace in qualsiasi accezione non si può mai dire di no; tuttavia, è un riconoscimento che somiglia più a un ricatto morale che a una ponderata convinzione. Infatti, anche i sostenitori del nuovo oscurantismo promuovono la pace, almeno come vago obbiettivo, ma bisogna capirne le vere implicazioni: non ha alcun contenuto reale una pace che stia assieme alle simpatie per la Guardia di Ferro e al putinismo (con l’aggressione dell’Ucraina e la metodica eliminazione del dissenso all’interno della Russia, dalla Politkovskaja, a Nemcov, a Naval’nyj e molti altri).

La poca conoscenza (se non ignoranza) ci rende inermi di fronte alle manipolazioni più lampanti e assistiamo al triste fatto che la ragione, coltivata dallo spirito europeo per secoli, viene spazzata via con una facilità sconcertante:

Applebaum ricorda che molti cristiani occidentali sono stati conquistati dalla presunta «difesa dei valori tradizionali» da parte di Putin, perché erroneamente convinti che «Putin governi una “nazione bianca e cristiana”, mentre la Russia è multiculturale, multirazziale e generalmente agnostica» e tra i maître à penser di Putin ci sono personaggi come Aleksandr Dugin, con una religiosità ispirata a Julius Evola che in realtà è tutto fuor che cristiana, mescolando vecchie dottrine scismatiche ortodosse alle antiche tradizioni pagane della stessa Russia, e con un cristianesimo che cessa di essere salvezza dell’umano, per retrocedere piuttosto a un arcaismo neopagano e trasformarsi in una salvezza dall’umano.

Non casualmente, Applebaum fa poi un parallelo storico inquietante, ricordando che, alla vigilia della rivoluzione, nell’impero russo si moltiplicavano le sette contadine dedite all’occultismo, mentre gli aristocratici coltivavano la teosofia, un misto di cristianesimo, induismo, buddismo e occultismo; nell’ortodossia stessa circolavano credenze magiche, che furono il terreno di coltura di un personaggio come Rasputin, sedicente monaco e guaritore, che facendo leva sulle sue arti occulte finì per diventare consigliere politico dello zar. In quel contesto un teosofo russo asserì che «esistono davvero nemici che stanno avvelenando la Russia con emanazioni negative».

Oggi, commenta Applebaum, «basta sostituire le emanazioni negative con il Deep State e vediamo che non c’è grande differenza tra questa storia e la nostra. Come i russi nel 1917, viviamo in un’epoca di rapidi, spesso inconsapevoli, cambiamenti… Anche noi siamo immersi in una cacofonia permanente, dove messaggi contrastanti, di destra e di sinistra, veri e falsi, lampeggiano sui nostri schermi tutto il tempo. Le religioni tradizionali sono in declino da lunga pezza. Le istituzioni più affidabili sembrano fallire. Il tecno-ottimismo ha lasciato il posto al tecno-pessimismo; ci domina la paura che la tecnologia ora ci controlli. E nelle mani dei nuovi oscurantisti – che promuovono attivamente la paura della malattia, la paura della guerra nucleare, la paura della morte – il terrore e l’ansia diventano armi potenti».

Terrore e ansia sono leve potenti che spingono a cercare soluzioni di tipo magico e non razionale, creando così una catena irrazionale che demolisce le «idee chiare e distinte», come pure la fede sorretta dalla ragione e il senso di responsabilità personale.

La paura che si allea con l’egoismo ci rende impermeabili o addirittura ostili ai destini degli altri; l’ossessione per il nostro piccolo benessere diventa l’orizzonte delle nostre vite e nessun grande ideale riuscirebbe a perforare questa corazza; sempre più persone sono disposte a barattare la democrazia con la sicurezza personale.

Per questo si cerca rifugio nei leader forti: non dimentichiamo che Putin, all’inizio, si è conquistato il favore popolare assicurando la tanto agognata «stabilità». Da ultimo c’è la disinformazione che, favorita dal nostro abulico disinteresse, è diventata uno strumento deliberato per attaccare e screditare persone e ordinamenti democratici; in tal modo viene accelerata la crisi d’identità delle democrazie liberali, che rischiano di trasformarsi davvero in quello che un libro degli anni Cinquanta aveva chiamato le «democrazie totalitarie».

Gli abbagli dell’oscurantismo o la lucidità dei testimoni

(Gemini)

Al di là di pessimismo e ottimismo

Il pessimismo, di fronte a questa situazione, è più che naturale. «Naval’nyj è morto, Marija Kolesnikova [prigioniera di coscienza bielorussa] non si sa dove sia né in che condizioni si trovi, l’abisso avanza e risucchia vittime su vittime, mentre in superficie tutto fila liscio e abbiamo pure i fattorini robot. Tutti sono stanchi, tutti si sono rassegnati, vogliono indietro la loro vita normale. Ma non ci sarà, credo che non ci sarà per nessuno», questo lo sfogo di una giornalista russa in esilio, Ksenija Lučenko.

Ma allo stesso tempo la grandiosità quasi apocalittica del cambiamento in atto lascia intravvedere a molti, anche ai laici più attenti, come Paolo Giordano, che «alcuni passaggi storici cruciali non possono essere spiegati in modo esaustivo dalla geopolitica, dall’economia o dalle scienze sociali». C’è quel quid impalpabile e sfuggente, che però si ripropone qua e là, di continuo e senza smettere, che testimonia la presenza inesorabile di un fattore diverso, tipicamente umano e legato alla libertà, capace di deviare il corso meccanico e fatale degli eventi, ridotti a giochi di potere, militare, economico, o informativo.

La morte di Naval’nyj, che abbiamo ricordato in questi giorni, la sua scelta del sacrificio consapevole è un altro di questi quid misteriosi: occorre dare fiducia e lasciarsi interrogare dal suo «Io non ho paura, non abbiatene neanche voi», con un atteggiamento dove la speranza non è il melenso «andrà tutto bene» dei tempi del Covid (come tante vittime di allora, anche Naval’nyj è morto), ma si deve innalzare al realismo autentico di chi riconosce onestamente la tragicità della situazione (senza fare sconti a nessuno, soprattutto a se stessi) e però non si lascia fermare davanti a queste difficoltà, come ci ha indubbiamente testimoniato lo stesso Naval’nyj:

«Senza azioni moralmente giuste ma disperate non ci possono essere azioni vittoriose e incoraggianti. Senza le persone che osano l’impossibile non ci possono essere persone prudenti che percorrono i sentieri battuti».

La stessa lucidità, senza illusioni, ma piena di speranza, nutrita dal coraggio e dall’amore per la verità cui ci invitava santa Caterina, mi pare ci sia stata ripetutamente riproposta in questi mesi e anni dalle testimonianze che ci sono venute dalla Terra Santa: tanto più interessanti perché, nella diversità dei tempi e dei luoghi, ci rimandano allo stesso cuore.

In un’intervista che andrebbe ripresa parola per parola tanto è capace di cogliere in profondità i nodi principali dell’attuale situazione mondiale, parlando del conflitto in corso in Medio Oriente a un anno di distanza dal 7 ottobre 2023, il cardinale Pizzaballa innanzitutto riconosceva i vicoli ciechi in cui siamo tutti finiti, anche i credenti sinceri di tutte le religioni, e sconsolato osservava che persino «il dialogo interreligioso attraversa una crisi profonda». E sottolineava che bisogna rendersi conto della profondità delle divisioni, che vanno ben oltre le pur abissali divisioni esteriori: «La mia impressione – diceva – è che si sia rotto qualcosa nell’animo delle due società. Forse prima era incrinato, ora si è proprio rotto».

Ma dopo questo realismo senza autoconsolazioni, che critica chi pensa di poter ridurre tutto ai soli giochi militari (o, nella versione trumpiana, ai soli giochi di una pressione economica senza moralità), il cardinale invitava a superare la tentazione di rifugiarsi in un pio discorso, a una «generica moral suasion alla pacificazione, per lo più inascoltata» e spostava l’attenzione verso quello che gli pare il punto di partenza di ogni tentativo di superare le attuali difficoltà: la persona, perché «anche se schiacciato nel marasma quotidiano, occorre preservare e mettere a fuoco la propria vita spirituale», dove è evidente che la svolta della situazione contemporanea sarà affidata a una nuova sensibilità al vero e al falso, al bene e al male, riscoperti non come concetti astratti, interpretabili arbitrariamente da chiunque, ma come oggetto di un’esperienza da tutti verificabile. Sarà probabilmente una via lunga e difficile, che potrà essere percorsa solo esercitando una grande umiltà e una profonda autocritica ma, tanto più dopo quello che è successo ieri, altre non se ne intravvedono.


(immagine d’apertura: Gemini)

Marta Dell'Asta

Marta Carletti Dell’Asta, è ricercatrice presso la Fondazione Russia Cristiana, dove si è specializzata sulle tematiche del dissenso e della politica religiosa dello Stato sovietico. Pubblicista dal 1985, è direttore responsabile della rivista «La Nuova Europa».

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