27 Febbraio 2025

«Gli eroi non muoiono»: dieci anni fa, l’omicidio di Nemcov

Vladimir Kara-Murza

Il politico Boris Nemcov fu ucciso dieci anni fa in pieno centro a Mosca. Vennero condannati cinque ceceni, ma i mandanti non furono mai identificati. Il delitto rimane un evento tragico e un simbolo della violenza politica e della mancanza di libertà nella Russia di Putin. Kara-Murza, suo amico e collaboratore di allora, ne ricorda la figura.

Ci sono stati molti crocevia nella storia della Russia, ma nessuno è stato così particolare: Boris Nemcov e Vladimir Putin entrarono a far parte delle massime cariche federali nello stesso mese, marzo 1997: Nemcov come primo vicepremier, Putin come vicecapo dell’amministrazione presidenziale.

Il primo, che era stato precedentemente un fisico di talento («una specie di genio», come dicevano i suoi colleghi scienziati), era un politico di grande impatto pubblico, che aveva alle spalle più di una campagna elettorale, un’esperienza da parlamentare e la reputazione del governatore di maggior successo della Russia moderna.

Il secondo, un ex ufficiale del KGB che in passato aveva partecipato agli arresti e alle perquisizioni dei dissidenti di Leningrado, era un funzionario poco appariscente, che evitava la pubblicità mentre avanzava lentamente di grado.

Secondo i dati del centro demoscopico VCIOM, nell’estate del 1997 Boris Nemcov era il politico più popolare del paese e avrebbe battuto facilmente tutti i suoi rivali, compresi Gennadij Zjuganov e Jurij Lužkov [rispettivamente il leader del Partito comunista e l’ex sindaco di Mosca – ndr], al secondo turno di un’ipotetica elezione presidenziale.

Le sue iniziative di alto profilo, come l’obbligo della dichiarazione dei redditi e delle proprietà per i funzionari (decreto n. 484) fino alla campagna per limitare l’influenza degli oligarchi, gli diedero grande visibilità sui media. Pochi potevano dubitare che sarebbe stato Nemcov a succedere a Boris El’cin al Cremlino alla fine del suo secondo mandato.

Ma gli oligarchi risposero, e probabilmente tutti coloro che all’epoca avevano l’età della ragione ricordano la campagna tv sui «pantaloni bianchi»1.

Così anche il suo rating scese, e il colpo finale fu il default del 1998 [la crisi finanziaria che costrinse il governo a dichiarare il default e a svalutare il rublo – ndr], di cui lo stesso vice primo ministro venne a conoscenza dai media. Anche se El’cin gli offrì di rimanere nel governo, per Nemcov non era più possibile.

Per Putin e la sua cerchia, al contrario, il default segnò un punto di svolta politico: dopo l’agosto 1998, El’cin nominò nel governo solo ex ufficiali del KGB. E come sappiamo con certezza, nel KGB non esistono gli «ex».

«Gli eroi non muoiono»: dieci anni fa, l'omicidio di Nemcov

Kara-Murza prega per l’amico sul luogo dell’omicidio. (Michał Siergiejevicz, wiki)

Dopo l’arrivo di Putin al Cremlino, molti di coloro che erano considerati liberali si adattarono rapidamente al nuovo sistema di valori. Alcuni si ritirarono dalla vita pubblica, altri se ne andarono. Nemcov rimase e decise di lottare. Contrariamente alla mitologia, si oppose a Putin fin dall’inizio della sua presidenza, persino prima: nel marzo 2000 si rifiutò di sostenerne la candidatura alle elezioni per il posto di successore al Cremlino quando se ne discusse alla direzione dell’Unione delle Forze di Destra [Partito liberale, di cui Nemcov fu co-fondatore nel 1999 – ndr].

Criticò con la stessa durezza e, come sempre, con la stessa chiarezza la svolta autoritaria emergente, prima dal palco della Duma di Stato e poi, quando la vera opposizione fu costretta a uscire dal parlamento, dal palco dei comizi. Organizzò manifestazioni di protesta partecipate da migliaia di persone (l’ultima, nel settembre 2014, contro la guerra all’Ucraina), preparò e diffuse rapporti sulla corruzione del governo di Putin e fece pressioni affinché venisse approvato il Magnitsky Act negli Stati Uniti2, che impose sanzioni alla cerchia ristretta di Putin.

Nel 2013 ottenne un traguardo apparentemente impossibile per un esponente dell’opposizione nella Russia di Putin: vincere le elezioni regionali a Jaroslavl’, diventando nuovamente deputato. Poi iniziò a prepararsi per le elezioni parlamentari del 2016.

Nemcov non poteva essere corrotto e nemmeno intimidito. Non poteva essere costretto ad andarsene. Per questo motivo è stato ucciso, il 27 febbraio 2015, in tarda serata, sul ponte Bol’šoj Moskvoreckij, con cinque proiettili nella schiena.

Gli storici non amano il condizionale, ma è difficile non chiedersi come sarebbe il nostro mondo se il suo paese più esteso fosse guidato non da un cekista che sogna l’antica «grandezza» dell’impero sovietico, ma da un uomo il cui obiettivo principale e costante, secondo le sue stesse parole, era quello di «vivere in una Russia libera, europea e democratica».

È da dieci anni che odio il mese di febbraio. In questi giorni riguardo sempre i libri che Nemcov mi ha regalato e autografato durante gli anni della nostra amicizia e del nostro lavoro comune. Su uno di essi c’è scritto: «Ho fiducia che sfonderemo!».
Voglio ancora crederci.

(fonte: facebook)


(foto d’apertura: Dhārmikatva, wikipedia – sullo striscione: «Gli eroi non muoiono»)

Vladimir Kara-Murza

Giornalista e politico, ha una lunga carriera giornalistica, avendo lavorato soprattutto come corrispondente dall’estero (Regno Unito, USA). È produttore di un documentario sulla storia del dissenso sovietico.
Arrestato nell’aprile 2022, un anno dopo è stato condannato a 25 anni di carcere in quanto «agente straniero», traditore, diffamatore dell’esercito russo. È stato rilasciato il 1º agosto 2024 nell’ambito di uno scambio di prigionieri.

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