26 Settembre 2023

Il fondatore di Yandex: «Io corresponsabile, ma sono contro la guerra»

Anna Kondratova

Arkadij Volož, ex-CEO del colosso informatico russo, ha diffuso una dichiarazione in cui, ammettendo i propri errori, prende posizione esplicita contro la guerra e afferma di voler aiutare i giovani talenti che come lui preferiscono abbandonare il paese.

Solo pochi fra i 200 «paperoni» russi hanno pubblicamente condannato la guerra in Ucraina. Da agosto, a Chodorkovskij, Tinkov e Borodin si è aggiunto l’ex-fondatore e CEO di Yandex, Arkadij Volož.

«Mi oppongo fermamente alla barbara invasione della Russia in Ucraina – si legge nella sua dichiarazione diffusa il 10 agosto scorso, – dove, come molte altre persone, ho amici e parenti. Sono inorridito dal fatto che ogni giorno siano bombardate le case degli ucraini. Nonostante io non viva più in Russia dal 2014, mi rendo conto di avere una parte di responsabilità per le azioni compiute dal mio paese».

Classe 1964, Volož è nato nel Kazachstan sovietico da genitori russi, si è specializzato in matematica e big data. Nel 1989 ha fondato CompTek, un’azienda di software per telecomunicazioni. Uno dei primi progetti sviluppati da CompTek è stata l’indicizzazione della Bibbia in russo, opera colossale che all’epoca – 1994 – ha richiesto la ridigitazione di gran parte del testo.

Ma il vero trampolino di lancio verso il successo è stato l’acquisto nel 1997 di alcuni server della capacità di 1 Gb – cosa che oggi farebbe sorridere, – sui quali Volož e i suoi collaboratori hanno indicizzato i contenuti del runet, l’internet russo: nasceva così il motore di ricerca Yandex, acronimo di «Yet Another iNDEXer», che in pochi anni ha oscurato i concorrenti Altavista e Rambler, già presenti nel segmento russofono.

Il fondatore di Yandex: «Io corresponsabile, ma sono contro la guerra»

Arkadij Volož. (Semen Kac CC BY-SA 4.0)

«Quando abbiamo creato Yandex – spiega Volož nella sua dichiarazione – non pensavamo solo alla tecnologia e agli affari. Eravamo convinti di costruire una nuova Russia, aperta, progressista, integrata nell’economia globale, che fosse famosa nel mondo non solo per le sue materie prime. (…)

Non siamo stati gli unici a credere in questa possibilità: imprenditori, scienziati e molti altri che avrebbero potuto abbandonare il paese negli anni ’90, hanno deciso di rimanere e di contribuire a costruire il paese che sognavano. Un’opportunità del genere capita una sola volta nella vita. (…)

Con il passar del tempo però si è capito che la Russia non aveva fretta di entrare a far parte del mondo globalizzato. Allo stesso tempo, la pressione sull’azienda è cresciuta. Ma non ci siamo arresi, abbiamo fatto tutto il possibile nonostante le condizioni esterne. Mi chiedo: siamo sempre riusciti a trovare il giusto equilibrio? Ora, guardando al passato, è chiaro che qualcosa si sarebbe potuto fare diversamente».
All’indomani dell’invasione russa in Ucraina, Volož è stato colpito dalle sanzioni europee proprio a causa della censura operata dalla piattaforma nei confronti dei media non ufficiali e la rimozione di contenuti non graditi alle autorità russe.

Già nel 2020 il motore di ricerca aveva dovuto scusarsi con Aleksej Naval’nyj per aver condotto un «esperimento temporaneo» per cui chi cercava news su di lui otteneva solo risultati critici nei suoi confronti, e nel dicembre 2022 (quando però Volož aveva già lasciato da alcuni mesi l’azienda) Yandex ha bloccato la visualizzazione di immagini di Putin collegate alla stringa di ricerca «nonno nel bunker».

Nella nota del 3 giugno 2022 in cui motiva le sanzioni, l’Unione Europea ricorda che dal 2019 tramite una golden share assegnata a una fondazione filogovernativa, il Cremlino può intervenire nelle attività di Yandex ritenute «di interesse nazionale». L’UE accusa il colosso informatico di aver sostenuto da subito la politica di informazione e censura del governo, agevolando i profitti dei siti che diffondono fake news filorusse sull’invasione.
Per questo Volož, in qualità di «importante uomo d’affari», viene accusato di essere coinvolto direttamente in settori economici che forniscono una sostanziale fonte di reddito all’attuale governo russo.

Le «pressioni sull’azienda» hanno spinto alle dimissioni anche l’ex-direttore del servizio news, Lev Geršenzon, che ha preferito lasciare Yandex (e il paese) per mettersi in proprio lanciando un aggregatore di news indipendente, The True Story, dove le notizie – spiega – sono selezionate da un algoritmo «e non dalle mani di un redattore».

Sposato, con cinque figli, Volož dal 2014 si è trasferito a Tel Aviv con la famiglia e dal 2023 vivono stabilmente in Israele. Certo, è facile rinfacciargli di aver fatto coming out solo dopo aver saltato il recinto, ma dopo l’affermazione di principio sono seguiti i fatti: «Nel febbraio 2022 il mondo è cambiato e ho capito che la mia storia con Yandex era finita. Dopo l’inizio della guerra, mi sono dedicato a sostenere gli ingegneri russi di talento che decidevano di lasciare il paese e iniziare una nuova vita. Si è rivelato un compito difficile che ha richiesto molti sforzi, attenzione e cautela.

Ora queste persone sono fuori dalla Russia e possono iniziare a fare qualcosa di nuovo nei settori più avanzati della tecnologia. Saranno di grande utilità per i paesi in cui si stabiliranno».

Volož (a sin.) con il sindaco di Mosca Sob’janin alla presentazione del carsharing lanciato da Yandex. (mos.ru)

Qualche polemica è sorta in merito all’ultima frase della sua dichiarazione, dove scrive che «vi sono state molte ragioni che mi hanno spinto a rimanere in silenzio. Si può discutere sull’opportunità della mia dichiarazione, ma non sulla sua sostanza. Io sono contro la guerra». In effetti Volož è finito sulla lista nera dell’UE non per aver taciuto sulla guerra, ma come responsabile di un’azienda che asseconda la politica del Cremlino. D’altra parte un colosso informatico come Yandex rappresenta inevitabilmente un potente strumento politico, che finché è al servizio di un paese «aperto, progressista, integrato nell’economia globale», rappresenta un fattore positivo; viceversa, nella situazione attuale, silenzi e concessioni gli valgono l’accusa di «collaborazionismo», e si dimentica in un soffio tutto ciò che di buono l’azienda ha fatto fino ad oggi per la società: da oltre 30 anni, infatti, Yandex sostiene più di 140 organizzazioni no profit che si occupano dei senza tetto, della distribuzione di cibo a persone e famiglie in difficoltà, del riciclo degli indumenti usati, e sostiene vari hospice per disabili a Mosca e nella regione, oltre ad offrire servizi informatici a centinaia di enti no profit.

Sarebbe auspicabile che, dopo la presa di posizione del top manager, la burocrazia europea non si bloccasse su posizioni rigide, ma sfruttasse l’opportunità sia per riconoscere a Volož il cambiamento di posizione civile, sia per dare un segnale a quei «paperoni» che auspicano – magari in silenzio – che termini quest’avventura senza ritorno.

Anna Kondratova

Moscovita, laureata in sociologia. Ha seguito da vicino lo sviluppo del movimento d’opposizione in Russia. Giornalista e saggista.

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