1 Novembre 2022
Il Nobel a Bjaljacki premia la resistenza bielorussa
L’amore per la tradizione nazionale bielorussa l’ha portato ad impegnarsi in prima linea per il rispetto dei diritti umani. Per questo il premio Nobel per la pace Ales’ Bjaljacki ha fondato il Centro Vjasna. Una spina nel fianco per il regime di Minsk.
Dal folklore slavo ai diritti umani
Sessant’anni appena compiuti, Bjaljacki è nato in Carelia dove i suoi genitori si trasferiscono temporaneamente per lavoro. Rientrati in Bielorussia, il giovane Ales’ studia filologia e storia, e con un gruppetto di amici si appassiona alla lingua e cultura nazionali. Dopo gli studi si impiega come insegnante e sposa Natall’ja Pinčuk.
Credente cattolico, è stato anche protagonista della rinascita religiosa in Bielorussia, paese tradizionalmente pluriconfessionale, almeno fino all’avvento del potere sovietico (oggi si dichiara cattolico il 15% della popolazione). Dopo il disfacimento dell’URSS si è dedicato ad un’intensa attività editoriale, ed è stato tra i fondatori dell’associazione Belorusskaja Katoličeskaja Gromada, ispirata al recupero dell’identità religiosa nazionale.
I detenuti politici
Oggi, secondo i dati del Centro, sono 1.353 i prigionieri politici in Bielorussia, semplici cittadini di tutte le età e le estrazioni sociali, che hanno voluto esprimere il loro diritto a manifestare il proprio dissenso soprattutto nell’estate del 2020, dopo le elezioni presidenziali che hanno riconfermato Lukašenko ma che si sono rivelate l’ennesima farsa politica.
(foto apertura: M. Józefaciuk, wikipedia)
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Angelo Bonaguro
È ricercatore presso la Fondazione Russia Cristiana, dove si occupa in modo particolare della storia del dissenso dei paesi centro-europei.
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