16 Ottobre 2021

Memorial in manette. Una serata speciale a Mosca

Anna Kondratova

La sera del 14 ottobre nella sede di Memorial a Mosca hanno fatto irruzione dei ragazzi che hanno cercato di intimidire il pubblico che stava vedendo un film. L’intervento della polizia ha reso più inquietante la faccenda.

Giovedì 14 ottobre nella sala dell’Associazione Memorial veniva proiettato il film della regista polacca Agnieszka Holland, Gareth Jones (giornalista gallese che denunciò il carattere artificiale della carestia del 1932-33 in URSS, in italiano L’ombra di Stalin) quando all’improvviso ha fatto irruzione un gruppo di una trentina di ragazzi mascherati (sui vent’anni, dicono i presenti) che sono saliti sul palco urlando «Muso a terra! Vergognatevi! Fascisti, traditori, fuori dalla Russia!». Tutta la scena è stata ripresa da una troupe della tivù federale NTV che «casualmente» stazionava fuori dalla porta. Difficile non avere l’impressione che fosse un’azione concertata. Già altre volte NTV ha confezionato dei servizi ad hoc per dimostrare che Memorial è un’istituzione inutile con cui la gente perbene non vuole mischiarsi, e che i giovani protestavano giustamente indignati contro questa presenza; l’ultimo servizio di questo tipo era stato trasmesso solo il 4 ottobre.

Gli spettatori, tra cui era presente il direttore dell’Istituto polacco di cultura, in gran parte non si sono lasciati troppo impressionare, anche perché, ha detto Irina Ščerbakova direttrice dei programmi culturali di Memorial, il pubblico che frequenta l’Associazione è molto cosciente e motivato.

Memorial in manette. Una serata speciale a Mosca

(twitter.com)

Ma la parte più curiosa della serata è incominciata dopo, quando sono arrivate le forze dell’ordine, che hanno subito lasciato andare gli ultimi teppisti trattenuti a forza dai presenti mentre i compagni fuggivano; dimostrandosi scarsamente interessata agli aggressori, la polizia ha circondato subito l’edificio bloccando dall’interno con un paio di manette l’ingresso, in modo che nessuno dei presenti se ne andasse. Poi sono apparsi «numerosi personaggi in borghese» che non si sono qualificati, e che probabilmente erano agenti del «Centro E», il corpo speciale del Ministero degli Interni contro l’estremismo. «A quel punto – racconta Ščerbakova – le cose hanno preso una piega stranissima, perché da aggrediti che eravamo abbiamo incominciato pian piano a sentirci sospettati»: i poliziotti hanno distribuito ai presenti dei moduli «esplicativi» in cui bisognava indicare i dati personali completi, ma anche se avevano precedenti penali, e da chi avevano saputo della proiezione del film».

Memorial

(memo.ru)

Successivamente gli agenti hanno ispezionato tutti gli uffici con fare piuttosto aggressivo, e parlando tra loro di requisire i computer; ma l’arrivo degli avvocati dell’Associazione e la telefonata di «qualcuno» al responsabile degli agenti li ha fatti rapidamente cambiare atteggiamento. Gli agenti si sono limitati a requisire il videoregistratore della sorveglianza, cui era collegato anche l’impianto antincendio, in questo modo l’edificio, che ospita un considerevole archivio cartaceo, è rimasto senza sicurezza.

L’intera vicenda è durata dalle 19,30 fino alle 2 di notte, ed è stata «molto spiacevole»; quelli di Memorial hanno avuto l’impressione che gli inquirenti «non avessero avuto l’ok per andare fino in fondo».


L’azione di disturbo della serata (Svoboda.org).

Perché questo teatro?

È la domanda che si stanno facendo tutti. Innanzitutto Ščerbakova, in quanto storica, ritiene che nell’episodio non ci sia niente di comico e vi ha riscontrato delle inquietanti somiglianze con la fine della Repubblica di Weimar; inoltre è convinta che non sia stata un’iniziativa dei giovani teppisti: «Penso che sia una forma di pressione dall’alto, che persegue precisi scopi: il primo è intimorire la gente perché faccia il vuoto attorno a Memorial. Non a caso il “servizio spazzatura” che NTV ha imbastito sulla nostra mostra sulla memoria femminile del GULag, voleva dimostrare che i moscoviti ci ignorano e che la sala della mostra era vuota».

Anche il presidente di Memorial Jan Račinskij è della stessa opinione. A lui dà da pensare soprattutto il comportamento strano della polizia, ad un tempo illegale e assurdo.

E tuttavia, è stato colpito anche dal fatto non voluto che i poliziotti, mettendo le manette alle maniglie dell’ingresso di Memorial, hanno creato un’immagine che rimarrà come simbolo di tutto il periodo.

Una sorta di «arresto» preventivo di una posizione civile, della memoria del totalitarismo. «Tornato a casa alle 3 di notte – ha scritto Račinskij – non so più se è stata un’irruzione di teppisti o un’irruzione della polizia».

Tutti concordano che l’episodio è stato qualcosa di più di un mero incidente. La circostanza che veniva proiettato proprio un film sulla carestia provocata da Stalin è ritenuta abbastanza significativa, nel suo comunicato Memorial lo precisa: «Non è un caso che oggetto dell’aggressione sia stato proprio questo film, in cui si racconta come negli anni ’30 il potere sovietico, usando menzogna, manipolazione e ricatto, riuscì quasi del tutto a far tacere il mondo, a nascondere i fatti e a non far credere alla carestia… Chi oggi ha deciso di mandare il gruppetto a disturbare la proiezione si schiera dalla parte del potere staliniano e vorrebbe ancora una volta imporre il silenzio sulla verità storica di questo delitto».

Non a caso un poliziotto intervenuto ha chiesto a Ščerbakova «Come mai fate vedere questa roba proibita?». In risposta, l’Istituto polacco di cultura ha caricato su internet il film in visione gratuita.

Memorial in manette. Una serata speciale a Mosca

(svoboda.org)

Un membro di Memorial che sta in Siberia, Aleksej Babij (autore dei famosi «libri della memoria» che riportano i nomi delle vittime del terrore) scrive: «Me ne sto qua seduto e mi chiedo a che pro tutta questa faccenda? Tutta la messinscena solo per portarsi via il computer della video sorveglianza?…

Memorial esiste da 33 anni, un periodo quasi epico. Noi non siamo cambiati, siamo gli stessi di allora; abbiamo fatto sempre le stesse cose, perseguendo gli stessi scopi e svolgendo gli stessi compiti. Chi è cambiato è lo Stato attorno a noi. All’inizio eravamo dei marginali sospetti, poi dei marginali ma non sospetti, poi degli eroi senza macchia e senza paura, e siamo entrati in ogni sorta di consigli e commissioni, poi siamo diventati agenti stranieri e nemici del popolo. A seconda del momento ci hanno coperto di merda, poi d’incenso, poi ancora di merda, poi d’incenso e merda insieme. Ma noi non intendiamo cambiare, faremo le stesse cose che facciamo da 33 anni».

Se è così, c’è da credere che questo sia solo l’inizio e ci saranno nuovi sviluppi.

Anna Kondratova

Moscovita, laureata in sociologia. Ha seguito da vicino lo sviluppo del movimento d’opposizione in Russia. Giornalista e saggista.

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