14 Agosto 2023

L’ecumenismo non è per cristiani spiritualmente sazi

Romano Scalfi

Ecumenismo, tendenze che minano l’autenticità della Chiesa: questi nodi attuali vengono da un passato difficile, che non è stato debitamente vagliato e giudicato. Le riflessioni di padre Scalfi nel 1998 sono il lucido preannuncio dei problemi macroscopici di oggi.

A distanza di 25 anni, un illuminante intervento di padre Scalfi sulla questione ecumenica. Il punto di partenza è un evento particolare ormai lontano: la Conferenza panortodossa  svoltasi a Salonicco nel 1998 su iniziativa delle Chiese russa e serba, per commemorare il 50° del discusso Consiglio mondiale delle Chiese.

Il contesto attuale dei rapporti ecumenici è molto diverso, e ben più grave nelle tendenze disgregatrici e oppositive. Eppure è possibile trovare vie inattese di unità come ricordava il recente intervento di A. Mainardi. Nelle parole di padre Romano viene indicata chiaramente la radice del male (un amor proprio che diventa chiusura suicida) e il cuore di ogni rinascita (un amore di Cristo che trasfigura ogni passo).

È passata sotto silenzio negli ambienti ecumenici la conferenza di Salonicco, conclusasi il 2 maggio scorso. Il disagio provocato negli ambienti disposti al dialogo è ben comprensibile. Il 2 maggio 1998 rischia di restare una data funesta negli annali dell’ecumenismo ufficiale. C’è chi prevede non solo l’uscita compatta degli ortodossi dal Consiglio mondiale delle Chiese, e già questo non sarebbe poco, ma anche la chiusura del mondo ortodosso nei confronti di tutto il movimento ecumenico.

I dettati della conferenza, promossa dalla Chiesa ortodossa russa e dalla Chiesa serba, non sono stati un fulmine a ciel sereno. Da tempo il barometro ecumenico, al di là degli incontri più o meno ufficiali, segnava tempesta. Se non altro la conferenza è servita a rivelare quel che bolliva in pentola.

La mentalità diffusa oggi fra i praticanti ortodossi è in sintonia con le dichiarazioni di Salonicco. Ma è proprio questa mentalità, nutrita di un’animosità che va oltre lo spirito di Salonicco, a destare maggiori preoccupazioni.

Anche il comunicato ufficiale condanna una corrente antiecumenica fondamentalista di «determinati gruppi estremisti all’interno delle Chiese ortodosse che sfruttando il tema dell’ecumenismo criticano i dirigenti ecclesiastici», ma si tratta più di una autodifesa della gerarchia che di un distanziarsi dai contenuti dell’antiecumenismo.

Del resto non sono soltanto «i fondamentalisti» a giudicare negativamente l’esperienza ecumenica. Padre Ioann Sviridov, un sacerdote ortodosso spesso criticato per l’«eccessiva» apertura verso il cattolicesimo, così considera la situazione:

«Dobbiamo ammettere che il movimento ecumenico mondiale ha subito una reale sconfitta. Ciò non significa che la separazione dei cristiani abbia smesso di essere peccato e scandalo, che la prima intuizione fosse sbagliata e vada accantonata. Significa che senza una rinnovata visione ecumenica il discredito dell’ecumenismo in quanto tale proseguirà fino al suo logico compimento e nulla potrà più rialzarlo. Oggi l’ecumenismo è screditato già a livello di termine».

Naturalmente Sviridov interpreta una mentalità dominante in Russia. Dobbiamo ammettere che molte delle preoccupazioni emerse a Salonicco non possono essere disattese, men che meno dai cattolici. Gli ortodossi vanno al cuore della questione quando dicono: «Dopo 100 anni che gli ortodossi partecipano al movimento ecumenico e 50 al Consiglio mondiale delle Chiese, il distacco fra ortodossi e protestanti si fa sempre più ampio».

È quindi legittimo domandarsi: l’ecumenismo serve a progredire verso l’unità o verso la divisione? L’anima dell’ecumenismo è la passione per l’unità o è una tolleranza che si allarga a un sincretismo accondiscendente?

Il criterio di aggregazione è la preghiera sacerdotale di Gesù per l’unità dei credenti in Lui o un perbenismo umanistico che è fallito anche nella cultura laica? È una testimonianza della verità che matura nella comunione o un associazionismo promosso dalla moda sociologica?

L’ecumenismo non è per cristiani spiritualmente sazi

San Demetrio, Salonicco. (D. Vetsikas, pixabay)

C’è però da aggiungere che accanto a queste preoccupazioni, pur legittime, vi sono altre tendenze che maturano all’interno dell’ortodossia, particolarmente in Russia, e vanno tenute in considerazione per spiegare l’evento di Salonicco:
• Il risveglio del nazionalismo che ha il suo riflesso anche all’interno della Chiesa.
• La rinascita cristiana della Russia si trova di fronte allo scetticismo e all’indifferentismo che impera nel mondo. C’è la tentazione a incolpare l’Occidente e a chiudersi dentro la propria innocenza.
• Le divisioni interne alla Chiesa ortodossa russa incoraggiano un irrigidimento che non favorisce l’apertura.

Se da un lato lo spirito di Salonicco manifesta la sana preoccupazione di difendere la tradizione da ogni indebita contaminazione, dall’altro non è sufficiente a superare la crisi della società postmoderna nichilista che interpella la Chiesa sia all’Est che all’Ovest.

Si ripresentano oggi profetiche le parole che Sergij Bulgakov nel 1917 riferiva agli slavofili: «…custodi e cultori della sacra tradizione, erano la negazione vivente del nichilismo, ma non ne erano il superamento, non lo erano perché essi stessi erano spiritualmente sazi». Il richiamo al passato non basta a scongiurare i pericoli del presente. E non basta neppure la condanna del presente a preparare un futuro migliore.

Ritirandosi dal Consiglio mondiale delle Chiese (prospettiva accarezzata da molti in Russia), la Chiesa ortodossa non intende assolutamente interrompere ogni contatto ecumenico. Privilegerà i rapporti con alcune diocesi cattoliche disposte ad aiutare «disinteressatamente» l’ortodossia e raffredderà i rapporti ufficiali. Ma questo tipo di ecumenismo caritativo non basta da solo a migliorare la situazione. Se l’ecumenismo non recupera la sua passione originale, la comune passione missionaria, si espone alle ambiguità di ogni umanesimo laico.

Nella Chiesa ortodossa esiste una corrente missionaria ecumenica, libera da pregiudizi anticattolici, fedele alla tradizione, onesta nell’individuare i veri ostacoli all’evangelizzazione. Con questi ortodossi è possibile (l’esperienza lo conferma) sviluppare un ecumenismo senza complessi, missionario, convinto dell’unità che già esiste, rispettoso delle differenze, desideroso di costruire ponti più che di innalzare barriere.

Se il primo compito dell’ecumenismo è la missione comune di fronte ad un mondo che attende disgregato e disperato l’annuncio di Cristo, ogni altra iniziativa avrà una buona base di partenza.

Al di fuori della missione comune l’ecumenismo si espone all’ambiguità di ogni forma che dimentica il contenuto unitario. Chiesa cattolica e ortodossa trovandosi insieme, come osservatori nel Consiglio mondiale, potranno avere la possibilità di un confronto più fraterno, sperimentare una collaborazione missionaria ed elaborare una linea ecumenica più consona alla sua origine. E questo non potrà che essere utile anche ai fratelli protestanti.

(La Nuova Europa 4/1998)


(foto d’apertura: Arco di Galerio, Salonicco – D. Vetsikas, pixabay)

Romano Scalfi

Sacerdote (1923-2016), nel 1957 ha fondato a Milano il Centro Studi Russia Cristiana, cui ha associato la Rivista “Russia Cristiana” (poi “L’Altra Europa” e “La Nuova Europa”).

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