1 Aprile 2019
Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti
La crisi, se affrontata in modo maturo, può diventare occasione importante di consapevolezza, giudizio e redenzione. La vicenda dell’autocefalia ucraina, in questo senso, deve spingere le Chiesa ortodossa a riflettere su se stessa e a recuperare le ragioni autentiche della sua esistenza.
La vicenda dell’autocefalia ucraina, a cui in questo portale abbiamo già dedicato molto spazio, è ancora ben lontana da una risoluzione positiva. Dallo scorso 6 gennaio, quando il primate Epifanij (Dumenko) ha ricevuto dalle mani del patriarca ecumenico Bartolomeo il Tomos di autocefalia, esistono di fatto due Chiese ortodosse ucraine legittime: la «nuova», con a capo Epifanij, riconosciuta e sostenuta da Costantinopoli, in cui sono confluite le due chiese minoritarie fino a quel momento ritenute scismatiche dall’ecumene ortodossa, e la Chiesa ortodossa ucraina dipendente dal Patriarcato di Mosca, con a capo il patriarca Onufrij. Il tutto, preceduto dall’interruzione della comunione ecclesiale tra Mosca e Costantinopoli, con accuse e recriminazioni reciproche, relative ai limiti delle rispettive prerogative e dei rispettivi poteri. Una vicenda dunque spinosa, carica anche di riflessi geopolitici e di risvolti nazionalisti, che oltre ad infiammare partigianamente animi già resi sensibili dai contrasti tra Russia e Ucraina, rischia anche di aprire ulteriori crepe nel già fragile panorama ecclesiale ortodosso e di aggravare ulteriormente la dialettica di contrapposizione tra Mosca e Costantinopoli.
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Giacomo Foni
Ricercatore e traduttore presso la Fondazione Russia Cristiana, vincitore nel 2015 del premio Russia-Italia attraverso i secoli per la traduzione di Lettere ai Nemici del filosofo Nikolaj Berdjaev. Fra i suoi interessi la letteratura e la cultura filosofica russa, la storia della Chiesa, i problemi legati ai rapporti religiosi tra Oriente e Occidente.
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