Un eroe romantico nel 1937. Losnica sul film «I due procuratori»

23 Luglio 2025

Un eroe romantico nel 1937. Losnica sul film «I due procuratori»

Radio Free Europe

Il regista Sergej Loznica racconta la genesi del suo film «I due procuratori», tratto da un racconto inedito dello scrittore ed ex detenuto staliniano Georgij Demidov. Riflette sui meccanismi dello stalinismo, sulla tragedia dell’ignoranza civile e sull’impossibilità dell’eroismo in un sistema totalitario.

(Il presente articolo è una traduzione dell’intervista in lingua russa tratta dal sito Radio Svoboda: https://www.svoboda.org/a/romantik-v-1937-godu-sergey-loznitsa-o-filjme-dva-prokurora-/33411209.html, ndr)

Lo stalinismo non è mai diventato davvero storia: è un sistema vivo, assurdo, feroce, che esiste secondo leggi proprie, flessibile ma nella sua essenza immutabile. Il suo scopo è schiacciare la persona, ridurla in polvere di lager o trasformarla in un ingranaggio del meccanismo statale, annientare qualsiasi tentativo di disobbedienza, sterminare i dissidenti e terrorizzare coloro che gli sono leali fino a ridurli a dei morti che camminano. Un uomo arrivato ai vertici della carriera può perdere tutto da un giorno all’altro; l’unico senza peccato è il leader divinizzato.

Il fisico Georgij Demidov, ex prigioniero dei campi staliniani, scrisse tre racconti sull’epoca del Grande Terrore senza alcuna speranza di vederli pubblicati in URSS. Nel 1980 gli agenti del KGB fecero una perquisizione e sequestrarono i suoi manoscritti. Demidov morì nel 1987. Sua figlia, con l’aiuto di Aleksandr Jakovlev (ideologo della perestrojka), riuscì a farseli restituire e nel 2009 venne pubblicato per la prima volta il racconto I due procuratori (1969). Il giovane procuratore Kornev si rivolge al procuratore generale Andrej Vyšinskij, uno degli architetti delle repressioni di massa, raccontandogli che gli agenti della polizia segreta a Brjansk violano la legalità, fabbricano prove e torturano gli imputati. È convinto di smascherare le trame dei sabotatori nella sua regione e non gli passa per la mente che sta avendo a che fare col sistema creato dallo stesso Stalin.

La figlia di Georgij Demidov in un’intervista a Radio Svoboda raccontava di quanto suo padre odiasse il sistema sovietico. La natura mostruosa di quest’ultimo era evidente, ma all’ingenuo protagonista del racconto si rivelerà troppo tardi. «Il terreno su cui sorgono regimi come quello staliniano in URSS o quello di Mao Zedong in Cina – con la loro dittatura personale, la polizia segreta e il totale disprezzo delle norme giuridiche ed etiche – è costituito dall’immaturità civile del popolo. A certi stadi del suo sviluppo essa è inevitabile e naturale. Ma, se viene prolungata e coltivata artificialmente, questa immaturità degenera in infantilismo civile e il popolo che ne è affetto si trasforma in una sorta di minorenne politico collettivo, incapace di distinguere tra Diritto e Illegalità», osservava Georgij Demidov.

Il 14 maggio, al Festival di Cannes, si è tenuta la prima del film I due procuratori di Sergej Loznica. Il procuratore Kornev è magistralmente interpretato da Aleksandr Kuznecov, mentre Anatolij Belyj ha vestito i panni di Vyšinskij. Ad Aleksandr Filippenko sono stati affidati due ruoli: quello di una vittima degli abusi della polizia segreta e quello di un invalido che si sfoga in treno.

Il quotidiano The Guardian sottolinea il «freddo glaciale della paura» che emerge da questa storia e la paragona alle Memorie da una casa morta e al Castello. Un critico di Variety afferma che il film cattura lo spettatore come la lettura di un libro di Camus, Kafka o Orwell, «in cui le pagine sono logorate dal tempo, ma le idee restano dolorosamente, intensamente attuali».

Nel programma Diario culturale di Radio Svoboda, Sergej Loznica ha raccontato il suo lavoro al film.

Un eroe romantico nel 1937. Losnica sul film «I due procuratori»

Scena dal film. (youtube)

Ricordo che aveva detto di aver ascoltato la nostra trasmissione su Georgij Demidov e di esserne rimasto colpito. È dopo quella trasmissione che ha letto il racconto I due procuratori?
No, ho sempre acquistato i libri della casa editrice «Vozvraščenie», che pubblicava le memorie degli ex detenuti, e il libro di Demidov era già nella mia biblioteca. Ho letto I due procuratori e solo in seguito ho ascoltato la vostra intervista alla figlia. Quando si è presentata l’occasione di girare un film, sono tornato al racconto I due procuratori. In realtà, vorrei adattare per lo schermo tutti i racconti di Demidov, perché sono molto importanti. Offrono uno sguardo un po’ diverso, si distinguono da molti altri ricordi simili degli anni ’30 e del GULag, perché Demidov propone una prospettiva esterna, invita a osservarne le tecniche, i metodi.

I personaggi di Demidov fanno una scelta che li porta nella direzione sbagliata. Tutti i suoi racconti descrivono strategie fallimentari adottate da persone che finiscono in prigione oppure cercano di difendere qualcuno, o come in questo racconto, I due procuratori, di difendere la giustizia.

Si può dire che sia una strategia eroica?
Sì, ma questa è un’altra questione. Quanto è pertinente, in generale, questo concetto? Quanto è adeguata, in un sistema del genere, la figura dell’eroe romantico? Quanto può essere efficace?

È significativo che tutti, in un modo o nell’altro, facciano parte del sistema. I carnefici, le vittime, l’eroe romantico, sono tutti ingranaggi, tutti a favore del potere sovietico.
Questo lo possiamo dire noi oggi sulla base della conoscenza che abbiamo. Sia nel film che nel testo ci sono dialoghi e battute che mi mettono a disagio. Ad esempio, la conversazione di un giurista sovietico sulla giustizia socialista. Quale giustizia socialista? È un nonsenso. Ma questa è la mia consapevolezza attuale di ciò che accadde allora. A quei tempi, però, le persone vivevano in un mondo completamente diverso, in un mondo di totale ignoranza.

Il nostro protagonista vive in uno spazio di cui, in realtà, non sa nulla. Gli sembra di capire, ma non capisce. E l’altro personaggio, quello che lui cerca di difendere, a causa della propria ignoranza lo manda incontro a morte certa. Cercando di fare del bene, decide la sorte del suo possibile salvatore. Questa è una delle tragedie più profonde dell’essere umano in generale: non capire dove si trova. Il nostro compito principale è proprio questo: capire dove sono e cosa mi accade intorno.

C’è un’importante aggiunta rispetto al testo di Demidov: il monologo dell’invalido che racconta di come si era rivolto a Lenin per chiedere aiuto.
Quel monologo proviene da Nikolaj Gogol’, Il racconto del capitano Kopejkin. Ma se in Gogol’ compare una banda di ladri ribelli, in questo monologo mi sono concesso una certa libertà, un anacronismo. I tempi sono cambiati e non funziona più. Non funziona più dal punto di vista interiore, perché la natura umana è stata spezzata. La ribellione è scomparsa. Il monologo del passeggero senza braccia è, in un certo senso, un avvertimento per il protagonista. In realtà, tutti vogliono salvare il nostro eroe. Il direttore del carcere lo salva, il suo vice cerca di trattenerlo per vie traverse: «Ascolta, non andarci. Davvero, non andarci». Anche se non sono affatto brave persone, sono il male assoluto. Là, in fondo, tutto è male assoluto.

L’invalido, che inizialmente si rivolgeva a Lenin e poi a Stalin, è un giullare che fa la parodia del giovane procuratore?
Sì, sì. È un giullare. È un episodio grottesco nel film. E una sorta di contrappunto.

Un eroe romantico nel 1937. Losnica sul film «I due procuratori»

Scena dal film. (youtube)

Nel finale del racconto di Demidov, il protagonista muore alla Kolyma. Ma secondo lei quel finale non era necessario.
Beh, ormai è evidente. Tutta la storia finisce nel momento stesso in cui viene arrestato. È tutto chiaro da lì in poi. L’intero film parla solo di questo. E chiaramente la perfidia con cui tutto ciò è stato messo in atto lascia sgomenti. Ma è accaduto a tantissimi. Anche l’arresto di Osip Mandel’štam fu preparato in modo analogo. Era il sistema a elaborare tutto e ancora oggi si applicano metodi volti a far sì che la vittima designata, al momento dell’arresto, venga privata della possibilità di opporsi.

La sceneggiatura dell’arresto è molto ingegnosa. E in effetti, ai tempi di Stalin, spesso si escogitavano modi elaboratissimi per condurre la vittima, che comunque non avrebbe opposto resistenza, fino alle porte della prigione. Sadismo?
Non solo. È anche una manifestazione della teatralità che oggi è rifiorita in modo vistoso. Questa teatralità è praticamente ovunque. Non vediamo cosa succede davvero perché c’è sempre una facciata. Anche allora mettevano in scena questi spettacoli. Il processo contro il partito industriale del 1930 fu uno show. Quei teatrini venivano messi in scena anche per spezzare l’uomo. Ai carnefici di Stalin non bastava arrivare, arrestare e uccidere. Non so se in queste scene ci sia dell’estetismo, ma qualcosa di infernale c’è senz’altro.

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(Immagine d’apertura: wikipedia)

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Radio Free Europe/Radio Liberty (RFE/RL) è un’emittente radiofonica fondata nel 1949 a Monaco di Baviera con lo scopo di promuovere i valori e le istituzioni democratiche attraverso la diffusione di informazioni veritiere e idee libere rilanciate nei paesi del blocco sovietico. Costituiva un vero e proprio strumento di informazione libera, fornendo notizie dettagliate sugli eventi interni dei paesi, analisi politiche, informazioni culturali e sociali, utilizzando giornalisti in esilio. Oggi la sede è a Praga e il campo d’interesse si è allargato a diversi paesi del mondo.

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