
8 Ottobre 2025
La Chiesa è come siamo noi
Che cosa significa oggi, di fronte ad una Chiesa divisa e in difficoltà, credere «nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica?». Padre Uminskij in una conversazione ci ricorda la vera natura evangelica della Chiesa che siamo tutti noi, animati dallo Spirito Santo e uniti dall’amore a Cristo.
Che cosa significa credere «nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica» come professiamo nel simbolo della fede formulato nel II Concilio ecumenico di Costantinopoli (553 d.C.), se la Chiesa è divisa tra cattolici, ortodossi e innumerevoli confessioni cristiane? Che cos’è la grazia che investe la Chiesa? Ha senso credere nella Chiesa quando questa sembra più simile ad un’organizzazione territoriale attaccata alle sue tradizioni nazionali che ad una comunità di credenti accogliente come una famiglia? Come porsi di fronte ai canoni ecclesiastici quando sembrano statuti incrollabili dettati dall’alto, superiori anche al Vangelo?
Le numerose domande che ho ricevuto sono il punto di partenza per parlare del significato di Chiesa per noi cristiani e di che cosa significhi credere nella Chiesa. In effetti, suona abbastanza strano che nel simbolo della nostra fede, che è innanzitutto il simbolo della fede in Dio, in cui affermiamo di credere nella Santa Trinità, Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, improvvisamente confessiamo anche la fede nella Chiesa «una, santa, cattolica e apostolica».
Innanzitutto, vorrei concentrarmi sulla parola cattolica: in greco si usa il termine katholikē, che significa ecumenica, universale, che raduna tutte le persone insieme. La parola stessa Chiesa, in greco ekklēsia, significa assemblea. Perciò quando dico che credo «la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica» significa che sono membro della Chiesa in generale, che non ha confini e divisioni giurisdizionali, sono membro della Chiesa ortodossa russa, georgiana, rumena, bulgara. Siamo tutti membri dell’unica Chiesa. E questo mi sembra che in pochi lo capiscano:
quando diciamo di credere nella Chiesa, professiamo proprio la fede nella nostra unità cristiana, che abbraccia tutti i cristiani che confessano il simbolo della fede, che credono nella Santa Trinità, che vivono secondo le Sacre Scritture e la Sacra Tradizione, tutti coloro che si professano cristiani.
Certamente è piuttosto strano definire la Chiesa «una», perché sappiamo che nella storia ha subito molte divisioni, di cui la più importante è lo scisma tra Chiesa d’Oriente e d’Occidente. Ma in questo caso dobbiamo guardare a che cosa sia in realtà la Chiesa: di quale Chiesa ci parla la Sacra Scrittura? In quale Chiesa la Chiesa ci invita a credere? Ho individuato alcune citazioni della Sacra Scrittura che ne parlano.
La prima è nel Vangelo di Matteo, dopo che Pietro riconosce Gesù Cristo come Figlio di Dio, e Cristo gli dice: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa» (Mt 16,18). Le porte degli inferi non possono sconfiggere la Chiesa.
Cioè, la Chiesa ha in sé una forza divina così profonda che necessariamente sconfigge l’inferno. Da un lato deve sempre opporsi all’inferno, dall’altro ne è continuamente attaccata: le porte degli inferi cercano costantemente di sopraffare questa Chiesa. Perciò viviamo sempre in questo stato di lotta, di scontro tra la Chiesa e l’inferno, tra la luce divina di cui il Signore riempie la Chiesa e le tenebre infernali che cercano di irrompere nelle sue porte. Chi vince?
La vittoria della Chiesa sull’inferno nel nostro mondo non è per niente ovvia per noi che la viviamo. Molte persone non solo non la vedono e non la percepiscono, ma sono anche completamente d’accordo sul fatto che l’inferno abbia sconfitto e sottomesso a sé la Chiesa da tempo. E ci sono molte persone che sono deluse dalla Chiesa e la abbandonano.
Come può la Chiesa vincere l’inferno? Gli Atti degli Apostoli, parlando della prima Chiesa, dicono che i discepoli perseveravano nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Qui nel testo greco non viene usata la parola ekklēsia, bensì l’espressione epì tò autó, che significa che tutti si radunano nello stesso luogo: i cristiani si radunano insieme e celebrano l’Eucaristia, guidata dagli apostoli.

Part. della facciata della basilica di Montserrat. Enric, wikipedia)
Chiamiamo la nostra Chiesa «apostolica», perché è proprio agli apostoli che Cristo ha trasmesso la missione dell’annuncio e di edificare la Chiesa. Nel Vangelo di Giovanni, durante l’ultima cena, c’è la descrizione di come Cristo insegna agli apostoli a edificare la Chiesa: Cristo entra nella stanza, si toglie il mantello, si cinge con un asciugamano, prende un catino e inizia a lavare i piedi ai suoi discepoli. Quando lo fa, dice: «Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13,13-15). Così Cristo insegna che cos’è l’amore su cui si fonda la Chiesa.
La Chiesa nasce nel momento in cui lo Spirito Santo scende sulla comunità degli apostoli nel giorno di Pentecoste, e da quel momento rimane costantemente nella Chiesa: è questa permanenza di Dio tra gli uomini, dello Spirito Santo tra gli uomini, che rende «santa» la Chiesa. Una volta ho sentito la spiegazione di un catechista ai bambini su cos’è la Chiesa:
ha preso un gessetto e ha scritto sulla lavagna «Dio + Uomo = Chiesa». Mi sembra che abbia descritto la natura della Chiesa in modo assolutamente preciso: Dio unito all’uomo, l’uomo che si unisce a Dio. La Chiesa come comunità in cui l’uomo e Dio vivono un’unica vita teandrica (divino-umana), dove Dio è presente tra gli uomini e riempie ogni cosa di sé.
È per questo che preghiamo con queste parole lo Spirito Santo, che riempie di sé la Chiesa: «Re celeste, Consolatore, Spirito di verità, Tu che sei presente in ogni luogo ed ogni cosa riempi, vieni ed abita in noi». Questa è una preghiera per la Chiesa e per ognuno di noi nella Chiesa.
Sempre negli Atti degli Apostoli si descrive la Chiesa in questo modo: «Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune (…) Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio (…) lodando Dio e godendo della simpatia di tutto il popolo» (At 2,44-47). E prosegue: «La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune. (…) Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno (At 4,32-35)».
«Nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva»: ecco, in sostanza, come dovrebbe essere una comunità cristiana in cui si può credere. Credere significa affidarsi: credere nella Chiesa significa affidarsi alla Chiesa, alla comunità, e fare in modo che anche la comunità si fidi di te. È il luogo dove le persone credono le une nelle altre e credono nel Signore, dove le persone si fidano le une delle altre e affidano la propria vita nelle mani di Dio: «Affidiamo noi stessi e tutta la nostra vita a Cristo Dio».
Molto sulla Chiesa è stato scritto da san Paolo, che molto spesso la definisce «corpo di Cristo»: «Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte» (1Cor 12,27). E «Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose» (Ef 1,22-23). «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato sé stesso per lei, per renderla santa, purificandola» (Ef 5,25-26). Così san Paolo descrive la Chiesa, ed è molto importante comprendere questo: la Chiesa è un organismo vivente, il corpo di Cristo, non un’organizzazione.
E in questo corpo di Cristo, siamo tutti membra gli uni degli altri. Vale a dire che siamo legati gli uni agli altri da un’autentica vita interiore, e il nostro capo è Cristo stesso. E allora in questa Chiesa, se siamo il Corpo di Cristo, abbiamo molto bisogno gli uni degli altri, siamo necessari gli uni agli altri e ci completiamo sempre a vicenda.
Non possiamo fare a meno gli uni degli altri, non possiamo amputarci, non possiamo dirci l’un l’altro: «Non mi servi, non mi appartieni», o «l’occhio non mi serve, la mano non mi serve». Questo è un problema molto serio nella Chiesa in cui viviamo, che si divide costantemente al suo interno e dice continuamente a un’altra comunità ecclesiale «non ho bisogno di te, sei mio nemico, non sono in comunione con te, pregare con te è peccato, sedersi a tavola con te è peccato, celebrare la comunione con te è vietato». (…)

Part. della statua di Cristo, Montserrat. (BarBus, wikipedia)
Come dice san Paolo, alla base della nostra unione ecclesiale con Dio e della nostra comunione e partecipazione a Lui sta l’Eucaristia, cioè il sacramento del corpo di Cristo, perché prendendo la comunione ai Santi Misteri di Cristo noi diventiamo Suo corpo. E questa appartenenza alla Chiesa insegna a ciascuno di noi come servirla, poiché, come in un solo corpo ci sono molte membra ma non tutte hanno la stessa funzione, così noi abbiamo doni diversi, secondo la grazia data a ciascuno. Cristo ha costituito alcuni apostoli, altri profeti, per compiere opere sante, affinché tutti giungiamo all’unità della fede e alla conoscenza del Figlio di Dio. La Chiesa è dove ci serviamo gli uni gli altri e serviamo Dio, è il vero luogo del ministero evangelico, l’attuazione del Vangelo nella vita.
Esiste un libro chiamato Dottrina dei Dodici Apostoli (in greco Didaché), uno dei testi cristiani più antichi, datato tra la fine del I e l’inizio del II secolo. È quindi un testo che la Chiesa possedeva già insieme alle Sacre Scritture e alle lettere dei santi apostoli e vi è scritto molto su come vive la prima comunità. Qui la Chiesa stessa è descritta come pane eucaristico: «Come questo pane spezzato era sparso sui colli e raccolto è diventato una cosa sola, così si raccolga la tua Chiesa dai confini della terra nel tuo regno» (IX, 4).
Ecco cos’è la Chiesa: è quando tutti noi, dispersi in luoghi diversi, come grano disperso, ci raduniamo in un unico pane eucaristico e diventiamo, uniti in Cristo, il Suo corpo. Allo stesso modo, se guardiamo come la Chiesa stessa si descrive nella Sacra Scrittura, nel Nuovo Testamento, negli Atti degli Apostoli, nelle lettere apostoliche e nei testi paleocristiani, vedremo che è il luogo dove le persone si riuniscono per amarsi, per servirsi a vicenda, per essere uniti in Cristo, riempiti dello Spirito Santo, e crescere nel Vangelo. È il luogo dove le persone sono pronte ad affidare sé stesse e la propria vita alla comunità dei cristiani. Coloro che credono in Cristo insieme e attendono la sua Seconda Venuta vivono già nel Regno dei Cieli qui, sulla terra.
La Chiesa, quindi, non è un luogo dove le persone usufruiscono di determinati servizi religiosi. Nella concezione di un enorme numero di cristiani oggi la Chiesa è una vasta organizzazione religiosa in cui si celebrano riti, sacramenti, preghiere, servizi divini e che l’uomo può utilizzare per sé.
Una Chiesa, cioè, concepita come un «erogatore di servizi religiosi» di cui l’uomo si serve. Ma se l’uomo si serve della Chiesa non può credere in essa. O meglio, lui crede nel fatto che la Chiesa lo aiuterà, che in essa otterrà guarigione dalle malattie, aiuto nella ricerca di lavoro, la certezza che tutto andrà bene e di essere sulla strada giusta, mentre tutti coloro che non sono, per esempio, membri della Chiesa ortodossa, periranno e tutti gli eretici andranno all’inferno.
Ebbene, va detto che la Chiesa non è mai stata intesa in questo modo dai cristiani nei primi secoli, questa non è la Chiesa di cui scrivono san Paolo e gli Atti degli Apostoli. Questa è una Chiesa che assomiglia a qualsiasi altra organizzazione religiosa terrena: ogni religione ha i suoi riti, offre guarigione, veglia sulla moralità, riunisce i credenti veri e ortodossi e li separa dagli altri.
Ma la Chiesa può essere solo la Chiesa di Cristo, la Chiesa del Vangelo. Di questa Chiesa scrive, ad esempio, il metropolita Antonij di Surož con queste parole: «Dove non c’è amore, non c’è neanche la Chiesa; c’è solo apparenza, un inganno che respinge le persone». Oppure madre Marija (Skobcova): «Se intendiamo la Chiesa solo come il recinto del tempio, le preghiere, i riti e i sacramenti, chiudiamo gli occhi sul fatto che
la Chiesa è il mondo intero in cui si incarna Cristo. Il volto del prossimo è l’icona di Dio. Se non ti sei inchinato davanti a questo volto, non ti sei inchinato nemmeno davanti all’immagine di Dio. La Chiesa non deve staccarsi dalla vita, deve andare incontro al mondo, portando la luce di Cristo, anche se questo cammino comporterà sacrificio.
L’amore dev’essere attivo, sacrificale, deve andare fino in fondo, non restare alla teoria, fino al cuore stesso del dolore e del bisogno umano».
Madre Marija percepiva la Chiesa non semplicemente come un’istituzione o un edificio, ma come la viva presenza di Cristo tra le persone, specialmente tra coloro che soffrono, che sono poveri, esiliati, malati. In questo era completamente coerente con lo spirito del Vangelo. Non aveva paura di entrare nella profondità stessa della tragedia umana, perché è proprio lì che deve esserci il cristianesimo, e quindi la Chiesa stessa. «Essere cristiani significa essere responsabili per il mondo. Non ci si può salvare da soli; ci si salva nell’amore e nella responsabilità reciproca». (…)
Dunque, in quale Chiesa crediamo? Nella Chiesa apostolica, evangelica, universale piena di Spirito Santo, nella Chiesa dell’amore? Prima di professare il simbolo della fede, il sacerdote dice, rivolgendosi al popolo: «Amiamoci gli uni gli altri, affinché con una sola mente confessiamo il Padre e il Figlio e il Santo Spirito, Trinità consustanziale e indivisibile». E solo dopo viene cantato il simbolo.
È così strano quando persone che professano lo stesso Credo, hanno gli stessi dogmi, gli stessi sacramenti, gli stessi riti, gli stessi santi, possono odiarsi a vicenda, rompere la comunione eucaristica tra loro solo sulla base del fatto che esistono canoni antichi e una politica ecclesiale con altri interessi.
La Chiesa, pur avendo il simbolo della fede, i sacramenti, i dogmi, una storia comune, all’improvviso si rivela incapace di testimoniare l’amore in questo mondo, e sa testimoniare solo divisione, lotta per la purezza, reciproche accuse di scismi, eresie e mancanza di grazia, come accade nella storia della Chiesa da molti e molti secoli. E oggi lo vediamo in tutta la sua misura. (…)

La facciata della basilica di Montserrat. (KoroguErudit, wikipedia)
Non mi dilungherò sulla questione degli scismi ecclesiali, la maggior parte dei quali è avvenuta per ragioni totalmente umane, per disaccordi dottrinali dove si sono scontrate le ambizioni umane e ci si è allontanati dalla verità di Cristo. In qualsiasi momento, se verranno mostrati amore, condiscendenza, umiltà, questi scismi potranno essere sanati; basterebbe solo la volontà umana. (…)
Il XX secolo ha in gran parte avvicinato le posizioni delle persone e delle Chiese, cercando proprio ciò che è più importante: ciò che unisce le Chiese e non ciò che le divide, ciò che accomuna tutti i cristiani. E perciò è nato il movimento ecumenico, che, naturalmente, gli zeloti della Chiesa hanno iniziato a considerare eretico. Ma perchè mai il desiderio di ascoltarsi, di conoscersi meglio, di vedere qualcosa in comune l’uno nell’altro, dovrebbe essere peccaminoso, eretico?
Questo scontro tra fondamentalisti, quando le persone provano soddisfazione nella divisione, quando cercano eretici nel proprio ambiente, quando considerano qualcuno privo di grazia, è un fenomeno che esprime solo assenza di amore e una perfetta superbia interiore. (…). Nella storia, la Chiesa ha intrapreso la via di un’organizzazione di tipo statale, ha la sua giurisdizione, le sue leggi, cioè il diritto canonico, ed esiste sulla Terra come un piccolo Stato confessionale che protegge con grande zelo. Ma il diritto canonico non è il Vangelo, anche se da tempo lo ha oscurato e ha preso il posto di Cristo.
E quindi riemerge la domanda: in quale Chiesa crediamo? Nella Chiesa dell’ultima cena, della lavanda dei piedi, nella Chiesa descritta dall’evangelista Luca negli Atti degli Apostoli, quella in cui crede san Paolo, nella Chiesa che ci raduna in unità nello Spirito Santo che vive in noi? O crediamo nella Chiesa delle giurisdizioni, dei canoni, nella Chiesa come luogo costante di lotta contro gli altri e di separazione? Pongo questa domanda a ciascuno oggi, e ognuno di noi è chiamato a scegliere.
Ma la Chiesa è viva, santa e immacolata. E questa Chiesa è nelle nostre mani. La Chiesa siamo noi. E a seconda di quale Chiesa vogliamo vedere, a quale Chiesa vogliamo appartenere e a come vogliamo essere nella Chiesa, dipende come sarà la Chiesa. Ciò che accade oggi nella Chiesa, ciò che oggi è Chiesa, è la Chiesa fatta da noi. La Chiesa è come siamo noi davanti a Dio e davanti agli uomini.
(fonte: Den’ Sed’moj)
(Foto d’apertura: Cristo e gli apostoli, basilica di Montserrat – BarBus, pixabay.com)
Aleksej Uminskij
Già parroco ortodosso a Mosca, conduttore televisivo, redattore della rivista «Al’fa i Omega», ha al suo attivo numerose pubblicazioni sul tema dell’educazione cristiana. Costretto a lasciare la Russia alla fine del 2023 per le sue posizioni a favore della pace, per queste stesse ragioni è stato in seguito sospeso a divinis e ridotto allo stato laicale dal patriarcato di Mosca. Ora è stato reintegrato nella dignità sacerdotale in seno al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli.
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