2 Aprile 2024

Il diritto di non amare e la legge dell’amore

Aleksej Uminskij

Un’omelia di padre Uminskij del 27 febbraio 2022, all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina, nella Domenica «del Giudizio finale» che precede l’inizio della Quaresima ortodossa. La legge dell’amore di Cristo, dice, è totalmente altro rispetto alla giustizia umana, e persino ai dieci comandamenti.

Oggi è la domenica detta «del Giudizio finale», e risentiamo il brano del Vangelo in cui il Signore dice che viene a noi, a ognuno di noi, a tutta l’umanità con il suo giudizio, e ci spiega come esso avverrà. In questo brano all’apparenza è tutto chiaro: bisogna essere delle brave persone, aiutare i poveri, essere misericordiosi, fare del bene, il che non è affatto difficile, accade anche nella nostra chiesa.

C’è stato un giorno in cui abbiamo fatto una colletta per i detenuti, abbiamo confezionato dei pacchi e glieli abbiamo mandati e, apparentemente, va bene così, abbiamo osservato il comandamento. Abbiamo organizzato un mercatino di beneficenza, abbiamo raccolto degli indumenti per i senzatetto: va bene così, abbiamo fatto tutto ciò che dovevamo.

Ma il Vangelo di oggi non parla di questo, non parla delle buone azioni, ma di qual è la legge di questo giudizio, la legge dell’amore. Questa legge viene presentata in un modo un po’ strano, perché ci invita a trattare con amore quelli che non siamo obbligati ad amare. Come se non bastasse, Cristo dice di essere presente in tutti coloro dai quali di solito distogliamo lo sguardo, perché proprio a questo tipo di persone il più delle volte applichiamo la legge del «non amore», basata sulla nostra concezione di giustizia.

Il diritto di non amare e la legge dell’amore

(bangkokbook.ru)

Se un delinquente è in prigione, merita di non essere amato, perché dovremmo amarlo? Se un senzatetto, che chiamiamo con disprezzo «barbone», entra in metropolitana e ci infastidisce con la sua puzza, perché dovremmo amarlo? È colpa sua se è così, e in effetti è vero. È vero che le persone che stanno in carcere sono dei delinquenti. E che quelli che hanno perso la casa perché sono alcolizzati o drogati, si trovano in questa situazione per colpa loro. E così estendiamo questo sentimento a un’immensa categoria di persone che non amiamo perché «è colpa loro».

Non solo, in ciascuno di noi, e questo purtroppo ci riguarda tutti, si è sedimentato un sentimento di «legittimo disamore», per cui sappiamo chi abbiamo il diritto di non amare. Sappiamo perfettamente in base a quali criteri siamo tenuti a «non amare» proprio quella particolare persona, quel popolo o quello Stato. Del resto, è chiaro: certe cose non si possono amare, perché lo vieta la legge della giustizia, ed è la verità.
Quella stessa verità per cui fin dall’infanzia siamo educati a distinguere ciò che è buono e ciò che è cattivo, che ci dice che bisogna amare ciò che è buono e non amare ciò che è cattivo.

Ma ad un certo punto, il buono e il cattivo diventano improvvisamente qualcosa di individuale. E allora il bene sono le persone che ci fa piacere amare, che ci è facile amare: diventano il bene, un bene molto individuale.

E anche il male diventa molto individuale. Improvvisamente una persona diventa il male. Non sono male le azioni, i comportamenti, le cose oggettivamente cattive ma la persona stessa che, secondo noi, è venuta in contatto con queste cose, e diventa il male. Si può forse trattare con misericordia questa persona? Certo che no. Uno così bisogna trattarlo come ha detto un santo vescovo: «Sdegnati contro di lui e colpiscilo». Colpisci proprio questo qui…

Allora, cominciamo a trovare sempre più persone che abbiamo il diritto di colpire e contro le quali possiamo sdegnarci. E ne troviamo in continuazione, ben contenti, perché sono qui in mezzo a noi. Ieri erano un fratello o una sorella e oggi ci sdegniamo già contro di loro, perché hanno tutti i requisiti per giustificare il nostro «disamore» a cui abbiamo diritto.

Il Vangelo di oggi parla proprio di questo. Cristo appare nella persona di coloro che non abbiamo voglia di amare, dai quali vorremmo distogliere lo sguardo, che vorremmo scansare, da cui vorremmo allontanarci perché ci danno fastidio. Ma proprio di queste persone spiacevoli il Signore dice: «Sono io, sono proprio io questa persona che vi dà fastidio: sono proprio quel delinquente che è in prigione, quel senza tetto che puzza sui mezzi pubblici, quella persona che sta male, non fisicamente ma spiritualmente perché è piena di peccati: anche lei è malata e bisogna andarla a trovare».

Capite? Cristo dice: «Io sono questo, ma voi siete venuti a trovarmi. Avete potuto praticare improvvisamente, in modo inatteso, la legge dell’amore», perché il Vangelo ci dice che devi amare ciò che non ami, devi amare chi non ami. Non hai bisogno di amare chi ami, perché lo ami già. Non ha senso osservare questo comandamento, non si può amare chi si ama, perché è un’azione già avvenuta. Non ha senso amare chi ami.

barboni russia

(bangkokbook.ru)

Ha senso amare solo chi non ami, allora diventerai simile a Cristo. Perché Lui ci ama tutti. E il Regno dei cieli è stato preparato fin dall’inizio della creazione del mondo per ognuno di noi. Lui ci ama tutti. E desidera tanto che anche noi ci amiamo gli uni gli altri e che adempiamo alla legge dell’amore che è anche la legge della nostra salvezza.

In questo Vangelo non si dice neanche una parola sui comandamenti «non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non dire falsa testimonianza, onora il padre e la madre». Non si parla neanche del comandamento di credere in Dio. Non si dice nulla dei dieci comandamenti, perché si possono osservare formalmente tutti e dieci, e non amare nessuno. Molti riescono a vivere proprio così: osservano tutti e dieci i comandamenti e non ameranno mai nessuno in vita loro, ma continueranno a cercare se c’è ancora qualcuno che hanno il diritto di «non amare», che hanno il diritto di odiare, che può giustificare il loro «disamore».

Oggi siamo qui riuniti e vediamo qui alle mie spalle [sull’iconostasi] il Signore sul trono della sua gloria, circondato dai santi, dagli angeli e dagli arcangeli. È l’icona del Giudizio finale, che è la parte centrale dell’ordine della deesis. È Cristo che viene, nella sua seconda venuta, che viene a giudicare tutti noi secondo la stessa legge dell’amore. E oggi ognuno di noi deve guardare se stesso. Abbiamo bisogno di capire come siamo, dove siamo, da che parte stiamo. Alla sua destra o alla sua sinistra? Così sia.

Aleksej Uminskij

Già parroco ortodosso a Mosca, conduttore televisivo, redattore della rivista «Al’fa i Omega», ha al suo attivo numerose pubblicazioni sul tema dell’educazione cristiana. Costretto a lasciare la Russia alla fine del 2023 per le sue posizioni a favore della pace, per queste stesse ragioni è stato in seguito sospeso a divinis e ridotto allo stato laicale dal patriarcato di Mosca. Ora è stato reintegrato nella dignità sacerdotale in seno al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli.

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