2 Maggio 2025

La fede di Naval’nyj è l’eredità più preziosa per la Russia

Anna Kondratova

La fede ha reso Naval’nyj un politico unico nella storia russa. Si è opposto all’uso della religione per giustificare potere e violenza, preferendo una resistenza non violenta ispirata al Vangelo. Questa fede conferisce un significato più profondo alla sua eredità politica.

La singolarità di Aleksej Naval’nyj nel panorama politico russo sta anche nella dimensione pubblica della sua fede: negli ultimi anni di vita, interrotta tragicamente un anno fa, Naval’nyj ha intessuto il suo discorso politico di riferimenti evangelici, trasformando le aule di tribunale in luoghi di testimonianza e coltivando, attraverso la corrispondenza con collaboratori e sostenitori, una riflessione spirituale che trascendeva la mera strategia oppositiva.

Nelle sue memorie, Naval’nyj descrive la propria fede come un elemento che «semplifica la vita», un sostegno decisivo nell’accettazione del proprio destino nella colonia penale. Come osserva acutamente l’opinionista Maksim Trudoljubov su Meduza, è proprio questa dimensione spirituale ad elevare l’eredità politica di Naval’nyj oltre la narrazione convenzionale di un movimento d’opposizione incapace di contrastare efficacemente il regime. La sua peculiare ricerca spirituale gli ha consentito di intraprendere un cammino senza precedenti nella storia russa, tracciando una traiettoria inedita nel rapporto tra fede religiosa e impegno civile.

L’ironia che contraddistingueva la sua personalità ha indotto molti osservatori a considerare la sua religiosità come una stranezza marginale. Tuttavia, a un anno dalla morte, è precisamente questa stranezza a rivelarsi come l’elemento meno analizzato e forse più significativo della sua eredità politica e umana.

La religiosità di Naval’nyj si è articolata in modalità profondamente anomale rispetto alle consuetudini della politica russa contemporanea. Nel corso degli ultimi due decenni, lo scenario politico ha visto proliferare rappresentanti istituzionali che frequentano la Chiesa come palcoscenico per apparizioni pubbliche strumentali al consolidamento della propria immagine. Questa politicizzazione e appropriazione della religione da parte dell’apparato statale rappresenta una costante nella tradizione politica russa, mentre il tentativo di «spiritualizzare» la politica costituisce probabilmente uno dei progetti più significativi e incompiuti di Naval’nyj il quale, non appartenendo alla ristretta élite intellettuale che frequenta assiduamente la Chiesa, aveva deliberatamente preso le distanze dalle formalità tradizionali dell’ortodossia.

La sua ambizione era comunicare in un linguaggio contemporaneo, presente sui social. Nelle sue memorie descrive la fede come una scoperta personale, maturata attraverso un percorso spirituale autonomo: «Come molte persone cresciute nell’Unione Sovietica, non ho mai creduto in Dio, ma ora, guardando [mia figlia] Daša, il modo in cui si sta sviluppando, non posso accettare l’idea che si tratti solo di biologia». Riconosceva apertamente la propria condizione di outsider e la propria umiltà: «Mi faccio il segno della croce passando davanti alle chiese, ben sapendo che per i cristiani autentici è solo un gesto di scaramanzia. Lo faccio più che altro per educare la mia umiltà cristiana. Dato che tutti, assolutamente tutti quelli che mi circondano, mi ridono dietro quando mi segno di fronte alle cupole dorate».

Ha preso così le distanze dal ritualismo della Chiesa ortodossa russa, i cui alti rappresentanti si sono allineati con le autorità fino a giustificare l’aggressione militare contro l’Ucraina. Probabilmente senza una precisa intenzionalità, come figura pubblica ha percorso una via inesplorata nella storia russa, riuscendo nell’impresa straordinaria di integrare la fede nella dimensione politica senza permettere la politicizzazione esterna della propria religiosità.

La fede di Naval'nyj è l’eredità più preziosa per la Russia

Addobbi pasquali presso la tomba di Naval’nyj. (telegram)

Nella sua riflessione, Trudoljubov ricorda ancora che in ambito cristiano la dignità dell’essere umano, in quanto creato a immagine divina, nella storia recente ha ispirato numerosi movimenti popolari di riforma e attivisti per i diritti sociali e civili, come Martin Luther King negli Stati Uniti, mentre in Europa centro-orientale è stata la Chiesa cattolica ad aver avuto un ruolo cruciale nella resistenza anticomunista. In Russia, fenomeni come il movimento slavofilo dell’800 e l’avanguardia rivoluzionaria collegata alle teorie del filosofo Nikolaj Fedorov avevano tentato di coniugare ideali civici e religiosi, seppur con visioni utopiche collettiviste. A sua volta padre Georgij Gapon, figura controversa, aveva cercato di migliorare le condizioni degli operai attraverso un’organizzazione sindacale, ma era rimasto isolato a causa del suo ambiguo rapporto con le autorità. Parallelamente, Tolstoj aveva proposto una visione di non-violenza basata sugli insegnamenti di Cristo; ma mentre le sue concezioni si erano diffuse ampiamente nel mondo occidentale, in Russia il tolstoismo era rimasto un fenomeno marginale rispetto alla corrente politica dominante (lo stesso scrittore fu scomunicato nel 1901 per il suo rifiuto della dogmatica ortodossa e la sua critica alla Chiesa).

Storicamente – nota Trudoljubov – «lo Stato e la Chiesa ortodossa russa hanno sempre osteggiato le iniziative socio-politiche cristiane di base. (…) Lo Stato esercitava pressioni sulla Chiesa, e i suoi rappresentanti non potevano esprimere posizioni autonome nemmeno su questioni umanitarie neutrali, per non parlare di tematiche politiche». Inoltre, «le autorità dell’epoca zarista, sovietica e putiniana hanno sottoposto la Chiesa a una politicizzazione dall’alto strumentalizzandola ai propri fini».

Con l’intensificarsi della repressione da parte delle autorità russe, la posizione di protesta non violenta costantemente perseguita da Naval’nyj ha suscitato crescenti interrogativi. Una componente dell’opposizione si è trovata dinanzi al dilemma: abbandonare il paese per sottrarsi alla persecuzione, o passare a forme di resistenza violenta? La seconda possibilità è stata categoricamente esclusa dalla cerchia di Naval’nyj. Probabilmente, l’opzione violenta avrebbe rappresentato lo scenario ideale per il Cremlino che avrebbe potuto legittimare una «guerra all’estremismo», anche se nel caso specifico ha comunque bollato come «estremisti» tutti i soggetti associati a Naval’nyj.

La fede dell’oppositore, considerata «bizzarra» da molti suoi collaboratori e seguaci, lo ha sostenuto nel rispondere a un dilemma apparentemente insolubile: la non violenza appare impotente, la violenza impraticabile. Naval’nyj cercava «il regno di Dio e la sua giustizia» e citava il Discorso della Montagna, memorizzato durante la detenzione. Per questa ragione – osserva lo studioso – la sua eredità trascende la narrazione del fallimento di un movimento di opposizione rivelatosi inadeguato a fronteggiare un avversario spietato.

Trudoljubov conclude confrontando la figura di Naval’nyj con quella di Putin sotto l’aspetto religioso: il leader del Cremlino si presenta «come uomo di fede ma politicizza la struttura ecclesiastica esistente, trasformandola in uno strumento di legittimazione del potere. Secondo Putin, la fede dovrebbe connettere l’identità religiosa alla fedeltà allo Stato, reprimendo il dissenso anziché ispirarlo. La visione di Naval’nyj, al contrario, aspira a umanizzare e democratizzare la fede. Per lui la religione costituisce una fonte di convinzione personale e di forza morale» che lo fa schierare con i deboli e gli oppressi.


(foto d’apertura: Aleshru, wiki)

Anna Kondratova

Moscovita, laureata in sociologia. Ha seguito da vicino lo sviluppo del movimento d’opposizione in Russia. Giornalista e saggista.

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