25 Novembre 2025
Costruire ponti a Mosca
Il festival «Luogo d’incontro» alla Biblioteca dello spirito di Mosca mette in luce che il dialogo è ancora possibile, se abbiamo a cuore il bene dell’altro.
Dal 7 al 10 novembre, il centro culturale «Biblioteca dello spirito» di Mosca ha ospitato l’ormai tradizionale festival «Luogo d’incontro» ispirato al Meeting di Rimini, quest’anno intitolato «Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi». La concretezza di questa sfida si è resa subito evidente dall’incontro di apertura dedicato alla storia dei martiri di Algeria. Traendo spunto dalla mostra «Chiamati due volte» presentata quest’anno a Rimini, Aleksandra Šilova, linguista e traduttrice, e Anastasija Bosio, giornalista, hanno raccontato la storia dei 19 consacrati che, come «pietre vive», hanno dato la loro vita per costruire, attraverso il «dialogo delle azioni», nuovi ponti di profonda amicizia con la popolazione locale. Dal 1990, con l’intensificarsi delle persecuzioni contro gli stranieri e in particolare i cristiani – nelle quali hanno perso la vita circa 150mila persone – la domanda su cosa significasse in quel momento continuare ad essere «fratelli dei loro fratelli musulmani» si è fatta quanto mai concreta.
Andarsene avrebbe permesso loro di conservare la propria vita, ma i missionari hanno scelto di dire il proprio «sì» per la seconda volta alla chiamata di restare accanto agli algerini anche in mezzo alla violenza, continuando a testimoniare così silenziosamente l’Amore di un Dio che non abbandona.

Un memento della presentazione sulla storia dei 19 martiri d’Algeria.
Il cuore del festival è stata la giornata di sabato 8 novembre, con l’inaugurazione della mostra fotodocumentaria «Innamorati di Dio, costruttori di pace», dedicata ai santi Benedetto da Norcia e Sergio di Radonež, considerati i padri del monachesimo rispettivamente occidentale e orientale. Sono intervenuti monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo della diocesi della Madre di Dio a Mosca e padre Sergij Filippov, archimandrita della filiale del monastero Novospasskij di Sumarokovo (presso Mosca), esperto di san Benedetto e curatore del libro San Benedetto da Norcia. La luce del Medioevo, pubblicato in russo nel 2018.
Il loro dialogo ha messo in luce le somiglianze nel cammino spirituale dei due santi e nella scelta della forma di vita monastica come via per amare Dio e gli altri. Entrambi, a loro tempo, decisero di ritirarsi dal mondo dilaniato dai conflitti, nel «deserto», per iniziare a costruirvi un mondo nuovo «con mattoni nuovi». È importante sottolineare che in entrambi i casi non si trattò di realizzare un progetto personale ma in primis di seguire Cristo, fondando comunità monastiche basate sulla regola dell’amore evangelico. Né, tanto meno, la scelta della vita monastica nacque dal desiderio di fuggire e vivere fuori dal mondo, come ha spiegato monsignor Pezzi, bensì di rispondere alla chiamata di Cristo che dice «lascia tutto e seguimi» ed entrare sempre più profondamente nella realtà, rientrando in sé stessi, in un cammino interiore di conversione del proprio cuore. Quella vita imperniata sul silenzio come spazio privilegiato dell’incontro con Dio e strumento di pace interiore, sul lavoro in nome di Dio e sulla comunione intesa come amore innanzitutto verso i fratelli monaci e, di riflesso, verso tutta la comunità circostante, mostrò presto la sua forza vivificante, diventando feconda anche oltre le mura dei monasteri e portando alla rinascita della civiltà: sia il monastero di Montecassino sia la Lavra della Trinità di San Sergio ebbero un’influenza enorme sull’ambiente cristiano di allora.
Padre Sergij Filippov ha poi ricordato le radici comuni di questa esperienza, dato che, se da un lato san Benedetto si era ispirato alla spiritualità dell’antico monachesimo orientale, dall’altro in passato erano sorte in Russia numerose chiese dedicate proprio a questo santo occidentale, la cui testimonianza sapeva parlare anche ai cristiani orientali. Per questo motivo ha manifestato il desiderio di una rinnovata diffusione della figura di Benedetto e dei suoi insegnamenti e ha condiviso la propria intenzione di costruire nel monastero di Sumarokovo una piccola cappella dedicata proprio a questo santo.
Questo momento di dialogo si è trasformato in un gesto tangibile: la grande icona di san Benedetto esposta in sala è stata donata al monastero di Sumarokovo per volontà dell’iconografo, maestro della Scuola Iconografica di Seriate. La notizia ha visibilmente commosso padre Sergij, che vi ha riconosciuto un segno sincero di amicizia e di unità.
La consegna dell’icona, che i collaboratori della Biblioteca dello Spirito porteranno personalmente al monastero, sarà inoltre l’occasione per avviare un rapporto più stabile e approfondito con quella comunità monastica.

Un momento dell’inaugurazione della mostra dedicata ai santi Benedetto da Norcia e Sergio di Radonež.
Come ogni anno non sono mancati gli ospiti internazionali. Sabato sera nella sala della Biblioteca dello Spirito è risuonato il fado, canto tradizionale eseguito da alcuni musicisti portoghesi, mentre lunedì l’avvocato e professore dell’Università di Firenze Andrea Simoncini si è collegato per dialogare con il programmatore Jurij Garaško e lo psicologo Aleksej Lyzlovyj sulle sfide etiche poste dall’intelligenza artificiale.
La giornata di domenica è stata invece dedicata a un incontro eccezionale con Rose Busingye, Alberto della Frera e Andrea Nembrini, arrivati dall’Uganda per raccontare del loro lavoro con pazienti affetti da AIDS e i loro bambini. Nel suo discorso, che ha interpellato personalmente ciascuno dei partecipanti, Rose ha ricordato che, per poter educare ed assistere gli altri, ognuno deve innanzitutto riscoprire la propria natura di figlio amato, di creatura preziosa con un valore immenso agli occhi di Chi l’ha voluta. Al suo ritorno in Uganda dopo un soggiorno in Italia di alcuni mesi, Rose si era resa conto che il problema principale non era l’insufficienza di medicine, che anzi spesso erano disponibili ma venivano rifiutate dai malati, bensì la mancanza di consapevolezza del valore di ogni persona. Tuttavia, solo dopo aver sperimentato lei stessa e creduto veramente a questo Amore ha potuto farsi vicina alle donne emarginate e ricercare con loro il vero significato della vita, per la quale vale la pena lottare, senza aver paura di accettare e affrontare insieme anche i loro «no».
Nel «deserto» che le stava di fronte non ha mai pensato a un progetto su larga scala per un grande pubblico, ma ha seguito il suo desiderio profondo che «una sola persona cambiasse scoprendo quell’amore»:
con il tempo questo bene che lei coltivava nel piccolo ha cambiato i cuori di sempre più persone attorno a lei, che sperimentando quella bellezza hanno desiderato ridonarla agli altri, divenendo a propria volta «pietre vive». Così sono nati il Meeting Point International di Kampala e, a seguire, le due scuole (elementare e superiore) intitolate a don Luigi Giussani, dove, come hanno raccontato Della Frera e Nembrini, attraverso tanti gesti semplici come l’appello mattutino, la scelta di non usare il bastone per rimproverarli, di non arrendersi di fronte alle difficoltà, alle delusioni e ai fallimenti, si cerca di insegnare ad ogni bambino che «tu sei un valore infinito». Più di qualsiasi rimprovero per i suoi sbagli, ciò che può cambiarlo è incontrare la verità che la sua vita è fatta per un progetto di bene.

Un momento della testimonianza degli ospiti arrivati dall’Uganda.
Le occasioni di dialogo sono proseguite poi anche nei giorni successivi, in cui gli ospiti ugandesi sono stati invitati come relatori al seminario Cura spirituale e accompagnamento umano in situazioni di vita difficili, organizzato presso il Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca (OVCS). Si tratta di uno spazio di lavoro comune sull’impegno sociale della Chiesa nato nel 2017, con esponenti sia cattolici che ortodossi provenienti anche dall’estero. Le testimonianze hanno spaziato da esperienze di assistenza ai malati, al sostegno delle famiglie in difficoltà, dalla questione educativa fino al tema del fine vita, grazie ad un intervento di Frederika de Graaf. Tutti i partecipanti hanno riconosciuto la ricchezza delle condivisioni altrui, sia per il proprio lavoro che per l’approfondimento di un cammino personale: «Mi ha colpito molto il calore con cui vi avvicinate alle persone e il modo in cui Rose ha accolto anche quel ragazzo che le chiedeva un fucile per uccidere i 10 assassini dei suoi genitori – ha confidato una delle Sorelle della Misericordia agli ospiti ugandesi –
gli ha voluto bene davvero, senza giudizio o condanna, e con il tempo il suo cuore è cambiato. Spesso tendiamo ad essere troppo rigidi e anteporre le regole alla persona e al suo dolore, allontanandola da noi e da Dio. Penso che abbiamo tanto da imparare da questo».

Il seminario Cura spirituale e accompagnamento umano in situazioni di vita difficili.
Iniziative come queste possono essere allora i primi «mattoni nuovi» con cui costruire nel «deserto» di una società inaridita dal disorientamento, dalla solitudine e dall’indifferenza. Una delle organizzatrici del festival, durante la preghiera iniziale, ha condiviso un pensiero: «Ho pensato che quello che facciamo qui forse è una cosa molto piccola; però proprio nell’incontro di oggi si parlerà di vite estremamente piccole, semplici, apparentemente inutili e perse, che però hanno cambiato la vita di centinaia, migliaia di persone, perché l’hanno donata a Lui. Tutto dipende dal ricordarsi per Chi facciamo quel che facciamo, e che anche il nostro poco nelle sue mani si può moltiplicare».
Miriam Zanoletti
Nata nel 1999, ha studiato all’Università Ca’ Foscari di Venezia e Albert-Ludwig di Friburgo, conseguendo la laurea magistrale in Lingue e Letterature tedesca e russa.
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