4 Febbraio 2022
Benedetto XV, anche oggi abbiamo bisogno di parole profetiche
Il 21 gennaio scorso – per ricordare il centenario della morte di papa Benedetto XV – al Centro culturale «Biblioteca dello spirito» numerose personalità del mondo culturale ed ecclesiastico si sono riunite per ricordare questa straordinaria figura di pastore.
L’incontro ha un antefatto che risale ad alcuni anni fa, quando, nel vivo delle commemorazioni della prima guerra mondiale, la storica Natal’ja Zazulina e l’artista Aleksandr Burganov scelsero inaspettatamente questo personaggio come emblema della strenua battaglia per la pace e la solidarietà umana.
Di qui sono nati il bel volume della Zazulina Il pontefice apostolo di pace, e la scultura realizzata in bronzo da Burganov e collocata nel cortile della Biblioteca di Letterature Straniere a Mosca. Una copia in gesso della scultura – che rappresenta tutto l’orrore del pontefice di fronte alla guerra che, nell’euforia generale per il «caldo bagno di sangue» ebbe il coraggio di definire un’«inutile strage» – è stata esposta nel Centro in occasione della serata.
«Anche oggi abbiamo bisogno di parole profetiche che facciano appello a tutti gli uomini di buona volontà perché cerchino la via del dialogo e della pacifica convivenza tra i popoli e gli Stati», ha sottolineato Jean-François Thiry, direttore del Centro, aprendo l’incontro, promosso insieme alla missione diplomatica dell’Ordine di Malta nella Federazione russa, e dando la parola al nunzio apostolico Giovanni d’Aniello.
Il breve saluto pronunciato da quest’ultimo si è imperniato sul richiamo costituito da questo «grande personaggio della storia civile ed ecclesiale, europea e universale», a un «dovere e una missione alla quale tutti siamo chiamati e dalla quale nessuno può esimersi: essere costruttori di pace, ingegneri di ponti, occasione di incontro, strumenti di riconciliazione e di unità, nell’autenticità del reciproco rispetto e nella sincerità dell’accoglienza».
Ricordando le parole di Giovanni XXIII, secondo cui la pace «poggia su quattro pilastri: verità, giustizia, libertà e amore», e l’esortazione di Francesco a «costruirla e consolidarla nella fratellanza e nella solidarietà», monsignor d’Aniello ha insistito sull’urgenza che ciascuno offra il proprio contributo di fronte a un «mondo che, purtroppo, testimonia ancora tanti conflitti, è attraversato ancora da tante paure, sperimenta ancora tante insicurezze e instabilità».
Nel breve video con cui ha voluto farsi presente alla serata, l’ambasciatore russo presso la Santa Sede Aleksandr Avdeev ha sottolineato i principali gesti di solidarietà compiuti da Benedetto nei confronti della Russia: dal tentativo di salvare la famiglia imperiale e di portare un aiuto alla Chiesa ortodossa vessata dalle persecuzioni antireligiose (cosa che gli valse la riconoscenza del santo patriarca Tichon), al soccorso ai prigionieri di guerra e alla missione in aiuto alle vittime della carestia nella Regione del Volga.
Dopo il saluto del neodesignato ambasciatore Aleksej Paramonov, letto da Aimone di Savoia Aosta, ambasciatore dell’Ordine di Malta, il racconto della Zazulina, principale «colpevole» della serata – com’è stata scherzosamente definita da Thiry – è iniziato da un ricordo personale: «alcune buste azzurrine con lo stemma papale viste in una vetrinetta della biblioteca di un’amica della nonna». La curiosità della bambina trovò risposta: il nonno della padrona di casa era un ufficiale che aveva combattuto nella prima guerra mondiale e, fatto prigioniero, era stato ritrovato dai familiari grazie all’Ufficio ricerche dei dispersi in guerra attivato in Vaticano fin dal 1914 per volere di Benedetto XV.
Inutile dire che la personalità del pontefice continuò a essere oggetto della curiosità di Natal’ja Zazulina anche da storica, grazie anche alla possibilità di accedere ad alcuni archivi delle Nunziature europee requisiti dalle truppe sovietiche nel 1945 e attualmente conservati a Mosca: di qui è nata la bella monografia presentata al Centro culturale.
Il «secondo atto» della storia che ci ha portato fin qui fu un incontro svoltosi nel 2013 nell’atelier di Aleksandr Burganov, il quale era alla ricerca di un’idea per una scultura dedicata alla prima guerra mondiale, in occasione dell’imminente centenario. «Raffiguri Benedetto XV!»: il suggerimento, sfuggito quasi d’impeto alla Zazulina, si sarebbe ben presto concretizzato, grazie anche al paterno sostegno dell’allora nunzio Ivan Jurkovič, nella scultura che oggi possediamo.
Nel corso della serata la storica ha condiviso anche alcuni episodi significativi e coloriti dell’operato del pontefice: «…Dopo un anno e mezzo di guerra in Europa esistevano già tre milioni e mezzo di prigionieri, di cui un milione e mezzo di soldati dell’impero russo; sebbene Nicola II avesse sottoscritto nel 1907 e nel 1911 le Convenzioni dell’Aja sul sostentamento dei prigionieri in caso di guerra, attraverso il versamento di denaro a paesi neutrali oppure attraverso l’acquisto di generi alimentari ecc., con il pretesto che tali provviste sarebbero cadute in mano ai tedeschi Nicola II rifiutò di mantenere il suo impegno, e quindi di sostentare i suoi soldati – diciamo le cose come stanno. Saputo che nei campi di prigionia erano morti per le ferite e le malattie quasi mezzo milione di uomini, Benedetto XV lanciò l’allarme e coinvolse il presidente della Croce Rossa Gustave Ador: furono questi due uomini a raccogliere i fondi necessari».
La stessa preoccupazione per i destini umani è al centro di un altro episodio: «A partire dal 1915 Benedetto XV propose alle case editrici di tutta Europa di non stampare più cartoline d’auguri natalizie con i soggetti tradizionali, e viceversa chiese a tutti i cattolici che si trovavano nelle località dei campi di prigionia di trovare il modo di fotografarli: il pontefice stesso si impegnò affinché le foto di questi prigionieri avessero la massima diffusione sulla stampa, nelle vetrine dei negozi, nella speranza che i familiari potessero riconoscerli e rintracciarli. Grazie a queste iniziative e al già ricordato Ufficio ricerche furono ritrovati 600.000 uomini, di cui 130.000 russi».
Per non parlare degli aiuti umanitari inviati al patriarca Tichon, o anche della decisione di dedicare un’enciclica ad Efrem il Siro, una figura molto amata dalle Chiese d’Oriente, proclamandolo dottore della Chiesa universale (Principi Apostolorum Petro, ottobre 1920).
Non meno importante – ha sottolineato ancora la Zazulina – il contributo offerto dal papa nel dopoguerra alla ricostruzione, nella consapevolezza delle ferite lasciate negli animi dei popoli dai lunghi anni di combattimenti e violenze, e dell’insufficienza a sanarle dei trattati diplomatici e politici: occorreva creare opere di arte e cultura che potessero ridestare alla vita e alla speranza.
Altre iniziative di Benedetto XV furono la concessione di passaporti Nansen del Vaticano alle personalità del mondo accademico e culturale imbarcate sulle cosiddette «navi dei filosofi», di cui quest’anno ricorre il centenario; il contributo alle vittime della carestia all’inizio degli anni ’20. L’impegno finanziario della Santa Sede e dello stesso pontefice, personalmente, fu tale che alla sua morte le casse del Vaticano erano vuote – ha riferito infine la studiosa – e si offrì di pagare le spese delle esequie il principe Ludovico della Rovere, futuro Gran Maestro dell’Ordine di Malta.
Adriano Dell’Asta, slavista e docente dell’Università Cattolica, ha mandato un suo contributo in video, che uscirà a breve sul portale. A concludere la serata è stato l’intervento di Marija Burganova, lei stessa scultrice e figlia dello scultore che ha realizzato il monumento moscovita dedicato a Benedetto XV, che ha sottolineato: «Conoscevamo, naturalmente, molti aspetti del tragico periodo della prima guerra mondiale, ma dobbiamo ringraziare Natal’ja Zazulina per averci fatto incontrare questa personalità così intensa e viva, il suo operato, la sua sollecitudine nei confronti della nostra gente; ha veramente un merito straordinario per aver teso la mano “cattolica” alla Russia “ortodossa” ferita, affamata, perseguitata».
«Quando una sera, nel nostro atelier, ci ha parlato con grande passione di quest’uomo allora a noi sconosciuto – ha continuato la Burganova, – è immediatamente caduta l’idea di un ritratto in pompa magna. Ed ecco davanti a voi una statua che rispecchia assolutamente il suo racconto, la sua narrazione piena di emozione: come si afferra la testa con le mani, alle tempie, come sta di fronte alla carta geografica dell’Europa. Si può dire che, parola per parola, tutto il suo racconto sia entrato nella scultura, spontaneamente, in modo appassionato, direi impressionistico, in perfetta unità tra parola ed espressione artistica».
Gli interventi della serata:
Giovanna Parravicini
Ricercatrice della Fondazione Russia Cristiana. Specialista di storia della Chiesa in Russia nel XX secolo e di storia dell’arte bizantina e russa. A Mosca ha collaborato per anni con la Nunziatura Apostolica; attualmente è Consigliere dell’Ordine di Malta e lavora presso il Centro Culturale Pokrovskie Vorota. Dal 2009 è Consultore del Pontificio Consiglio per la Cultura.
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