Ucraina: un popolo e le sue donne

10 Luglio 2025

Ucraina: un popolo e le sue donne

Delfina Boero

Poco prima di morire, la scrittrice ucraina e investigatrice di crimini di guerra Viktorija Amelina ha raccolto una serie di reportages in cui spiccano il coraggio e l’inventiva di alcune sue compatriote. Ma si parla anche di letteratura, di senso della vita e di rapporti fra aggressori e aggrediti. Oggi quest’opera può essere apprezzata anche dai lettori italiani.

La realtà, che ha anche il volto della guerra, chiama, e loro rispondono reinventandosi e mettendo a frutto in modo nuovo talenti e competenze. Sono le donne le cui storie sono raccolte nel libro di Viktorija Amelina, giovane scrittrice ucraina morta per le ferite riportate dopo un attacco missilistico russo a Kramatorsk il 27 giungo 2023, in cui persero la vita altri 13 civili. Tra le protagoniste ci sono Evhenia Zakrevska, avvocata di successo divenuta soldatessa; Oleksandra Matvijčuk, direttrice di un’organizzazione che sta documentando decine di migliaia di crimini di guerra e ha ricevuto il Nobel per la pace 2022; Julia Kakulya-Danylyuk, bibliotecaria del villaggio dello scrittore Volodymir Vakulenko, che ha ritrovato un video fondamentale per ricostruire il rapimento e l’omicidio di questo letterato, e molte altre.

La stessa Amelina, dopo il 24 febbraio 2022 non si è sottratta alla chiamata della realtà, e la sua esigenza di giustizia l’ha trasformata da scrittrice in investigatrice. Dopo aver messo il figlio al sicuro all’estero, è tornata in Ucraina, dove ha lavorato per l’organizzazione per i diritti umani Truth Hounds, impegnata a documentare i crimini di guerra nei territori liberati dall’invasione, e ha messo il suo appartamento di L’viv a disposizione degli sfollati.

Il marito e tre sue amiche, che hanno redatto la postfazione, affermano che nello scrivere questo libro Viktorija «ha trovato una nuova voce e un nuovo genere come scrittrice. Il suo archivio dimostra come la struttura del libro sia cambiata molte volte prima di arrivare a una forma di prosa documentaria che combina parti di diario, storie tratte dalle indagini sul campo delle sue protagoniste, testimonianze oculari, report scritti durante le sue missioni, oltre a interviste, saggi, excursus storici e poesie.
L’unico elemento rimasto invariato è stata la decisione di scrivere in inglese, per raccontare al mondo intero il genocidio del suo popolo (…) Dal giugno 2022 al giugno 2023 Viktorija ha dedicato la sua vita a questo libro (…). Dotata di un’empatia straordinaria (), sapeva ascoltare, offrire sostegno e spesso diventare amica di chi condivideva con lei i propri racconti di guerra. Andava regolarmente a trovare i protagonisti del suo libro o li accompagnava nel loro lavoro».

Il 23 giugno Amelina, presentendo la propria fine, ha lasciato a un’amica un file con il manoscritto incompiuto. Di qui l’aspetto a tratti frammentario del libro, completato dalla scrittrice al 60%. Questo fatto a tratti può rendere impegnativa la lettura, ma la fatica è ampiamente ripagata da pagine traboccanti di umanità e di vita, con la sua drammaticità e il suo fascino: «Leggere questo testo è stato uno strazio – affermano i curatori. – Lavorarci è stata una grande responsabilità ma anche un’enorme consolazione. La vita in tempo di guerra, con le perdite che si subiscono ogni giorno, ci ha insegnato che l’unico modo per convivere con il dolore è portare avanti il lavoro delle persone a cui vogliamo bene».

Il volume contiene anche i report delle missioni effettuate con Truth Hounds, e un’intervista a Philippe Sands, avvocato britannico difensore dei diritti umani. Sebbene questi materiali si discostino dallo stile del libro, Viktorija avrebbe voluto includerli per far conoscere al lettore come gli investigatori di crimini di guerra e, successivamente i tribunali internazionali lavorano con le testimonianze.

La scrittrice sottolinea spesso la continuità fra il suo lavoro, che usa la letteratura e l’arte per perpetuare la memoria dei crimini commessi contro il suo popolo, e quello di scrittori e intellettuali ucraini di epoche precedenti: ad esempio, l’esperienza del «Rinascimento giustiziato», un gruppo di autori ucraini uccisi dal regime sovietico negli anni ‘30; o il lavoro della generazione dei letterati e artisti ucraini degli anni ‘60 perseguitati e a volte uccisi dal KGB, come il poeta Vasil’ Stus e la pittrice Alla Horska.

Da qui la scelta di inserire fra i suoi ritratti femminili anche quello di Tetyana Pylypčuk, direttrice del Museo di letteratura di Char’kiv, che l’8 marzo 2022 ha rischiato la vita per mettere al sicuro il patrimonio letterario nazionale. Le opere di questi autori «non sono state tradotte in tempo per entrare a far parte della letteratura mondiale e neppure europea». Per Tetyana, invece, pur laureata in letteratura russa e amante di Tolstoj e Dostoevskij, le opere degli scrittori della sua terra «rappresentano tutto».

Ucraina: un popolo e le sue donne

(Facebook).

A tratti Amelina ha parole, se non di comprensione, almeno di pena per alcuni soldati russi mandati a invadere l’Ucraina: «Quei ragazzi mi hanno pregata (di allontanarmi – ndr), dicendo che non hanno alcuna colpa e che vogliono solo tornare a casa. (…) Gli ho detto che non sono un esercito ma dei disgraziati che sono venuti a derubare i negozi, le persone, a comportarsi come dei codardi. (…) Mi hanno ascoltata con le teste abbassate». La stessa pena che prova anche per alcuni rappresentanti delle autoproclamate repubbliche di Doneck e Luhansk, sconcertati e delusi dal comportamento dei «liberatori» russi, a cui cercano di rimediare offrendo aiuto ai civili arrestati senza motivo e a volte favorendo la loro liberazione.

Nel libro l’esigenza della comunicazione fra ucraini e russi resta aperta, come traspare dalla lunga e interessante intervista a Philippe Sands. L’avvocato, che ha parole di apprezzamento per la sua traduttrice russa, contraria alla guerra e per questo perseguitata in patria, ricorda che nella sua famiglia non era permesso «introdurre nulla di tedesco», ma di aver imparato nel tempo a esercitare un giudizio critico e a capire quanto la cultura tedesca fosse interessante:

«Dobbiamo sempre sforzarci di trovare vie di comunicazione con persone che fanno parte di una comunità che ha provocato dolore e morte, e credo che l’arte e la letteratura possano essere il mezzo con cui esplorare questa possibilità».

La stessa Amelina non vedeva l’ora di «apprezzare di nuovo qualcosa di russo», ma solo dopo il ripristino dell’integrità territoriale ucraina, «dopo che l’Impero russo avrà cessato di esistere» e rimarranno semplicemente i russi.

L’esperienza quotidiana della violenza e del dolore spinge inesorabilmente Amelina a interrogarsi sul senso della vita. Narrando un episodio in cui lei e i suoi amici avevano salvato uno scarabeo che rischiava di finire schiacciato e avevano rispettato le regole di circolazione nell’imminenza di un attacco aereo russo dove la priorità sarebbe stata mettersi in salvo senza badare a niente e a nessuno, la scrittrice osserva che non esistono regole precise per sopravvivere a una guerra,

«però ci sono ancora quelle per vivere. Dipende ancora da noi se salvare lo scarabeo, se attraversare una strada vuota al semaforo verde, se essere gentili e rispettosi, se rimanere umani».

In questo rispetto ultimo per la realtà, «ogni istante è pieno di significato e consapevolezza, o addirittura può essere cruciale… Sentirò per l’ennesima volta che tutto questo ha un senso. Anche se la guerra era in corso, era comunque il momento giusto per salvare uno scarabeo e salvarci l’un l’altro».


(Immagine d’apertura: Facebook)

Delfina Boero

È ricercatrice presso la Fondazione Russia Cristiana. Fra i suoi interessi, la storia e la cultura della Repubblica Democratica Tedesca, la vita religiosa e culturale in URSS, nella Federazione Russa e nelle ex Repubbliche sovietiche.

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