9 Novembre 2017

In memoria di Jurij Mal’cev

Sergio Rapetti | Giovanni Codevilla

Un raffinato studioso che si era giocato la carriera per restare fedele alla propria dignità. Dopo l’emigrazione, Jurij Mal’cev ha vissuto e lavorato in Italia, lasciando studi letterari di grande valore.

Un mese fa, il 9 ottobre è morto, a Berbenno in Valle Imagna, dove abitava con la moglie Tat’jana, Jurij Vladimirovič Mal’cev (nato nel 1934 a Rostov sul Don) già docente di italianistica all’Università di Mosca e, in Italia, di lingua e letteratura russa presso varie Università e da ultimo e per molti anni all’Università Cattolica di Milano. Tra i primissimi «dissidenti» in Unione Sovietica (era stato uno dei fondatori nel 1967 del primo gruppo «informale» per la difesa dei diritti dell’uomo, il «Gruppo di iniziativa») aveva dovuto subire il licenziamento, la «morte civile» e l’ostracismo sociale, fino all’internamento coatto in manicomio, emigrando infine nel 1974.

In Italia si era adoperato, in iniziative pubbliche, tenendo conferenze e scrivendo saggi e libri, per far comprendere la vera natura del «primo paese socialista della Storia», la reale situazione culturale, sociale ed economica dei propri compatrioti, nonché il pensiero, le ragioni e le vicende di quel movimento di resistenza non-violenta all’arbitrio che era il dissenso e infine la storia dell’«altra letteratura», quella cioè del samizdat, libera dalle pastoie della censura, che si nutriva anche di grandi opere di letterati costretti all’emigrazione dopo il 1917.
Con questo scritto in ricordo di Jurij Mal’cev, che abbiamo conosciuto da vicino, vogliamo brevemente rievocare alcuni aspetti della sua personalità e attività.

Accenniamo al suo carattere e alla sua formazione di «dissidente»: nei rapporti interpersonali era di un raro riserbo, non per timidezza o ostentata modestia, ma perché riguardoso della sfera personale degli altri, dai quali si aspettava altrettanto riguardo; era un uomo integro, idealista ma scevro d’illusioni, e alieno da atteggiamenti supponenti; era schivo e tendeva a isolarsi, ma quando lo si coinvolgeva in iniziative che egli reputava degne e utili, dava tutto se stesso con competenza e generosità. Ci mancherà molto.
Sarà stato così per natura, certo, ma anche la severa ed esigente scuola della militanza nel dissenso aveva contribuito a rinsaldarlo in queste sue qualità. Per tratteggiarne ulteriormente la figura morale, citiamo uno stralcio da un’intervista a Radio Svoboda (emittente in lingua russa da Praga) nel febbraio 2010. Invitato dall’intervistatore a dire cosa l’avesse indotto a intraprendere quel cammino di rinunce e privazioni aveva spiegato: «Sono filologo e in quanto studioso e insegnante nel campo della cultura, lingua e letteratura russe, la vita in un paese come il nostro, in cui l’ideologia marxista viene imposta come unica vera ed esclusiva concezione del mondo, obbligatoria per tutti, e in cui viene proclamata, quale scopo coercitivo della società, l’edificazione del comunismo, per chi come me non si considera e non si sente marxista… la vita diventa insopportabile e impossibile…». Da questa impossibile coesistenza tra una persona «diversamente pensante» e un sistema ideocratico non poteva che nascere, insanabile, il conflitto, il dissenso (inakomyslie, «diverso pensiero»). Sempre in questa intervista, riassumendo il carattere, che possiamo caratterizzare come autenticamente stoico, della sua sfida a quel potere che l’angariava e minacciava, Mal’cev conclude: «E sia, mettetemi dentro ma non posso rinunciare a dire quel che penso e devo dirlo a voce alta, la schiena diritta, se voglio continuare a mantenere il rispetto per me stesso».

Jurij Mal’cev (a sin.) con p. Scalfi, S. Rapetti e G. Codevilla a Villa Ambiveri.

Ecco: salvaguardare ogni giorno la propria dignità nel perseguire il progetto di vita che ci si è dati (e per Jurij i princìpi del «personalismo», cosa diversa e incompatibile non solo col «collettivismo comunista» ma anche con l’«individualismo autoreferenziale» erano la stella polare). Quando ci capitava di vedere, in qualche convegno o seminario di studi, Jurij Mal’cev incontrare Natalija Gorbanevskaja o Leonid Pljušč o Petro Grigorenko o Sergej Kovalëv e tanti altri amici e sodali, balzava all’occhio la loro fraternità maturata attraverso prove assai dure.
Tornando a Jurij, e riandando alla situazione in cui era venuto a trovarsi al suo arrivo nell’Italia della seconda metà degli anni Settanta, in pieno «compromesso storico», ne ricordiamo la delusione: quell’Occidente che i dissidenti avevano mitizzato proprio perché così vilipeso dalla martellante propaganda ufficiale si dimostrava spesso poco propenso, almeno nel nostro paese, ad ascoltare gli emigrati dall’Unione Sovietica, a credere davvero alla loro testimonianza e a sostenerli. E Jurij aveva dovuto vincere parecchie resistenze per guadagnarsi almeno in parte il ruolo di docente universitario cui indubbiamente meritava di aspirare. E così, malgrado tutto, vi sono studenti e colleghi che possono ancora ricordare la vasta cultura, la passione e il valore dei suoi insegnamenti.

Vogliamo citare infine alcune iniziative e pubblicazioni che si sono avvalse del suo prezioso apporto. Con Jurij Mal’cev e altri amici abbiamo fondato a Milano nel 1976 una Cooperativa editoriale indipendente e sostenuta dai soci, denominata «La Casa di Matriona». In nove anni ha editato circa 50 titoli nei due filoni che erano anche quelli dello studioso ora scomparso: opere e vicende del dissenso e recupero di autori e testi della cultura costretta all’emigrazione. Mal’cev vi ha pubblicato i suoi due lavori più importanti: nel 1976 L’altra letteratura (1957-1976) e nel 1987 Bunin, entrambi poi apparsi nella nuova Russia. In alcuni libri di diversi editori vi sono suoi contributi su Pasternak, Solženicyn, Sacharov, Grigorenko e altro. La pubblicazione del 1976 che raccoglie gli interventi sulla letteratura alla famosa «Biennale del dissenso» di Venezia si apre con un suo ampio saggio.
In altre pagine dedicate a Sacharov possiamo leggere: «Il percorso di Sacharov, la sua evoluzione spirituale e intellettuale… sono tali da lasciarci stupefatti e quasi increduli. Trovandosi al vertice dell’élite del paese, questo santo laico ha rinunciato al proprio benessere e ha alzato la voce contro l’ingiustizia». Un luminoso esempio di abnegazione e altruismo per il dissenso, e Jurij Malcev, insieme ai migliori di quella fervida stagione, ne ha fatto tesoro. Večnaja pamjat’. Eterna memoria.

Sergio Rapetti

Traduttore e consulente editoriale, ha promosso e tradotto numerosi testi di letteratura e saggistica russa dell’epoca del dissenso, da Solženicyn a Sinjavskij a Šalamov, da R. Medvedev a Sacharov, a Tarkovskij, da Aksjonov a Čukovskaja. Nei decenni 1970-1980 ha contribuito, operando nell’ambito di importanti organizzazioni internazionali, alla realizzazione di numerose iniziative di sostegno alla libertà del pensiero e della cultura in URSS.

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Giovanni Codevilla

Già professore di Diritto Ecclesiastico comparato e incaricato di Diritto dei Paesi dell’Europa Orientale presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Trieste. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni. Le sue sfere di interesse: diritto russo, dell’URSS e della Federazione Russa, storia delle relazioni tra Stato e Chiesa in Russia, legislazione sulla libertà religiosa, storia della Chiesa ortodossa russa. Autore di lavori fondamentali come Stato e Chiesa nella Federazione Russa; Lo zar e il patriarca. I rapporti tra trono e altare in Russia dalle origini ai giorni nostri (La Casa Matriona), la tetralogia Storia della Russia e dei paesi limitrofi. Chiesa e impero (Jaca Book, 2016), Il terrore rosso sulla Russia ortodossa (Jaca Book,  2019).

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