18 Ottobre 2024

Trinità di Rublëv, ultimo atto?

Marta Dell'Asta

Le peripezie cui è stata sottoposta l’icona della Trinità di Andrej Rublëv sembrano finite, ma non nel migliore dei modi. L’opera è tornata nella sua collocazione originaria in un monastero, in condizioni ambientali molto rischiose. Un’azione simbolica, una prova di forza.

Noi speriamo che non sia l’ultimo atto, ma qualcuno vorrebbe invece che fosse così: la grande icona della Trinità, dipinta attorno al 1422 dal monaco Andrej Rublëv, è stata ricollocata, a quanto pare definitivamente, nell’iconostasi della cattedrale della Trinità, nell’omonimo monastero di San Sergio, a Sergiev Posad.

Il desiderio di riappropriarsi dell’icona, un gesto che voleva essere fortemente simbolico, è nato sull’onda della rivisitazione di san Sergio di Radonež come precursore del patriottismo russo e padre della Patria. Nel 2023 il patriarca Kirill, saltando a piè pari tutte le istanze intermedie, ha fatto richiesta direttamente al presidente Putin che l’icona fosse tolta alla Galleria Tret’jakov, dove era stata collocata nel 1929 per salvarla dall’iconoclastia sovietica, e fosse ceduta per 49 anni alla Chiesa ortodossa, quindi alla Lavra di san Sergio e alla sua originaria collocazione nell’iconostasi. Il 15 marzo 2023 il presidente ha ufficializzato la restituzione dell’icona alla Chiesa.

Formalmente sembra giusto così: l’icona, fatta per la chiesa, non è destinata ai musei ma alla preghiera. E tuttavia molti specialisti e restauratori avevano spiegato esaustivamente come in realtà l’opera del grande maestro fosse stata sfigurata e ridipinta nei secoli di permanenza nel monastero, e come fosse stata paradossalmente salvata dagli eventi rivoluzionari, che avevano causato il suo trasferimento in un museo. Per cui ora l’icona di Rublëv, oltre ad essere antica e preziosa, è anche molto fragile, la sua permanenza in ambiente non climatizzato, in una chiesa piccola, piena di umidità e di fumo di candele è un vero e proprio azzardo, pertanto, l’iniziativa del patriarca ha suscitato una consistente ondata di proteste e di indignazione tra studiosi, uomini di cultura e credenti. La vivacità della reazione ha suggerito alle autorità ecclesiastiche non di desistere, ma di lasciar calmare le acque e di inserire una tappa intermedia nel percorso dal museo al monastero; così, dopo una permanenza di pochi giorni nel monastero per la festa di san Sergio nel luglio del 2022, e la successiva tappa in un laboratorio di restauro, l’icona è rimasta esposta nella chiesa di Cristo Salvatore dal 5 gennaio 2024, guardata a vista da due guardie.

Trinità di Rublëv, ultimo atto?

Oleg Varov (https://foto.patriarchia.ru/)

Si è usato in questo caso un metodo ben collaudato: attendere che sbollissero le passioni e portare a compimento il progetto iniziale lontano dal clamore mediatico. Difatti l’icona lo scorso 22 giugno è stata trasferita nella Lavra della Trinità di san Sergio senza che nessuno quasi se ne accorgesse. A risvegliare l’attenzione è stata una breve nota apparsa sul sito del Patriarcato di Mosca, nella Cronaca del Sinodo, in data 25 luglio 2024 che ha rinnovato le polemiche, ma ormai senza più speranza di successo. Nella nota si annunciano alcune decisioni prese in merito dal Sinodo:

-Elevare grazie a Dio che ha permesso di restituire alla Lavra di san Sergio questo tesoro prezioso, «…sottratto per ordine delle autorità empie nel 1929».

-Istituire la festa propria della restituzione alla Lavra dell’immagine della Santa e Vivificante Trinità.

-Affidare alla Commissione liturgica la composizione di un testo adatto per la celebrazione.

Queste ultime novità, soprattutto l’istituzione della nuova festa, sembrano voler mettere un sigillo di definitività all’operazione «icona della Trinità di Rublëv», come a dire: di qui non si torna indietro.

I restauratori continuano a ribadire che l’icona soffrirà a causa degli spostamenti, ma la loro voce ormai non scalfisce il muro dei simboli, dell’orgoglio e del potere. Ciò nonostante, crediamo che l’icona della Trinità, con la sua lunga storia, vedrà tempi più luminosi.


Foto di apertura: Oleg Varov (https://foto.patriarchia.ru/)

Marta Dell'Asta

Marta Carletti Dell’Asta, è ricercatrice presso la Fondazione Russia Cristiana, dove si è specializzata sulle tematiche del dissenso e della politica religiosa dello Stato sovietico. Pubblicista dal 1985, è direttore responsabile della rivista «La Nuova Europa».

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