14 Aprile 2025

Lo sforzo della resurrezione

Marta Dell'Asta

13 aprile 2025, Domenica delle Palme, a Sumy strage di civili inermi. Come continuare a vivere, come perdonare, come sperare? È giusto porsi queste domande drammatiche.

Come possono queste persone dirsi cristiane? È la domanda istintiva, emotiva che tanti si sono fatti dopo i razzi di Sumy che hanno stroncato la vita di 34 persone e ferito altre 117 alla Domenica delle Palme. Una domanda emotiva ma profondamente umana.

L’ha espressa immediatamente il metropolita di Sumy Evlogij, che pure fa ancora parte del Patriarcato di Mosca:

«La nostra liturgia oggi si è svolta sotto le bombe. (…) Quello che mi colpisce in questa guerra della Russia contro di noi è il fatto che persone che in Russia si definiscono credenti, e che dovrebbero essere le prime a condannare questo spargimento di sangue, non solo non l’hanno condannato, ma addirittura, come dei veri atei, hanno chiamato questa guerra tremenda una guerra santa. Che vergogna. (…) È l’ennesimo crimine degli atei russi:

non sono credenti, perché dei credenti non possono comportarsi così. Sono persone che hanno perso la fede, che hanno perso la coscienza, che hanno perso tutto ciò che di sacro esiste nell’uomo».

E poi c’è una seconda reazione, che non si limita, come fanno molti, a guardare tutto con superiore fatalismo (questa è la guerra), ma risponde alla profonda esigenza di giustizia che ci scuote sino al furore.
«Lei deve scrivere di Sumy in modo da spaccare il cuore» hanno chiesto a Svetlana Panič. E, sorprendendo l’interlocutore, lei ha risposto che «spaccare il cuore» ormai non è più una metafora, che nelle ultime settimane diversi suoi amici sono morti d’infarto proprio perché il loro cuore non reggeva più la guerra, la vergogna, il dolore.

Ma che non vuol cedere alla tentazione delle invettive, «ora è il momento dell’ascesi, anche emotiva. Quanto più alta è la concentrazione di disgrazie, tanto più è necessario, per non moltiplicarle, ricordarsi non solo di noi stessi, che ci infuriamo e ci addoloriamo violentemente, ma anche di coloro che soffrono e sono arrabbiati in modo diverso. Anche di loro bisogna avere cura».

Qualcuno ha anche scritto che «in questa Pasqua Cristo non risorge», e Panič ha risposto citando una poesia di Pasternak Nella Settimana Santa:

«Intorno, ancora la notturna tenebra (…)
Ma taceranno a mezzanotte ogni creatura e la carne,
perché la primavera ha sparso la voce
che, solo appena torni il bel tempo,
si potrà vincere la morte
con lo sforzo della resurrezione».

Lo sforzo della resurrezione

(Astra Telegram)

Lo «sforzo della resurrezione» è totalmente di Cristo ma è anche nostro, della nostra fede e della sua forma; oggi – dice Panič – la persecuzione della fede è più malvagia, più insidiosa di un tempo perché viene anche dall’interno, e quindi è più crudele.

«La generazione dei convertiti alla fine degli anni ’80 e dopo, si entusiasmava per i testimoni della fede ma per se stessa ha scelto un cristianesimo benevolo e gioioso, che trasforma l’ascesi in una serie di piccoli disagi, tipo mangiare il paté di soia in Quaresima.

Ma è venuto il tempo di un cristianesimo dolente, non avvilito, ma pieno di dolore per l’orrore del mondo, per le vittime delle atrocità, del cinismo, dell’indifferenza e di tutti gli abomini della terra.

La fedeltà alla verità assoluta che ci è stata rivelata (non la religione etnica, ma la verità personale) richiede ora sforzo, disciplina, ascesi e rinuncia alla letizia spirituale nel senso consueto. È un tempo di dolore, di gesti di lutto, di parole pacate e precise. Un tempo di deserto, una verifica di fedeltà. Abituati ai giardini, camminare nel deserto è per noi incredibilmente difficile. Il cuore si spezza per l’implacabile vampa delle notizie, la rabbia, il dolore, l’impotenza a fermare gli assassini. Ma ogni cuore vivo dilaniato va a beneficio del mondo dei morti viventi. Non voglio alimentarlo».

La sfida è quella di un cristianesimo che si fa prossimo al desiderio di vita del mondo e, come Cristo, va incontro ai sofferenti, agli oppressi, ai condannati in una solidarietà totale al loro destino e, proprio al culmine di questa condivisione reale, potrà incontrare il Risorto.


(Foto d’apertura: Astra Telegram)

Marta Dell'Asta

Marta Carletti Dell’Asta, è ricercatrice presso la Fondazione Russia Cristiana, dove si è specializzata sulle tematiche del dissenso e della politica religiosa dello Stato sovietico. Pubblicista dal 1985, è direttore responsabile della rivista «La Nuova Europa».

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