8 Ottobre 2024
Echi dal Meeting
Incontri e dialoghi interessanti ai margini della «mostra russa» al Meeting 2024. Giudizi inattesi che colpiscono per la loro semplice, umana verità.
Russia Cristiana è stata presente al Meeting di Rimini con la mostra sugli hospice Un mondo in cui ciascuno è importante, con uno stand e con incontri sulla vita della società russa contemporanea. Abbiamo raccolto e proponiamo a tutti alcune semplici impressioni che testimoniano i frutti di questa presenza: le voci di alcune guide della mostra e quelle di alcuni volontari dello stand e del Book Corner del Meeting. Ognuna di esse parla di quella speranza che ciascuno di noi aspetta, ma che è difficile trovare da soli. Ci vuole qualcuno che possa aiutarci a scorgere una luce anche lì dove sembra buio pesto. Come ha scritto sul libro dei commenti un visitatore dopo aver ascoltato le esperienze degli hospice: «Per Te le tenebre sono come luce e la notte è chiara come il giorno».
Ricostruire
Preparando la mostra sugli hospice mi è capitato di far leggere a una amica russa e a suo marito un breve testo che riguardava la storia dell’hospice pediatrico di Mosca La casa del faro, di cui loro non sapevano nulla. Ho capito il motivo della loro commozione quando mi hanno detto: «Ma questi sono gli eroi di cui il nostro paese ha bisogno! Persone che hanno la forza e il coraggio di fare del bene anche ora. Prima o poi, quando questa tragedia sarà finita, bisognerà pur ricostruire il nostro paese e, più che da grandi idee, potremo partire proprio da persone che con grande semplicità si prendono cura di chi gli sta accanto. È un passo nuovo che si sta già facendo».
P.
Gli amici lituani
Ho fatto una visita guidata ad alcuni amici lituani conosciuti in Erasmus. Una di loro è una signora tutta d’un pezzo che onestamente mi metteva un po’ di soggezione. Infatti, mi ha salutata con due rapidi baci sulle guance e niente di più. Inizialmente, ero un po’ intimorita e mi chiedevo se dovessi prestare un’attenzione particolare a quello che avrei raccontato sulla Russia, visto che parlavo a dei lituani per i quali spesso è difficile o doloroso rapportarsi con ciò che è russo. L’invasione dell’Ucraina per loro è stata un trauma molto grave: la tragedia della guerra ha rotto amicizie, insinuato sospetti e talvolta persino odio. In più, questa amica lituana ha perso il marito qualche anno fa, cosa che rendeva ancor più difficoltoso raccontare di un’esperienza come quella degli hospice. Quindi mi chiedevo quanto avrei dovuto calibrare ogni parola. Appena ho cominciato la visita però, le varie preoccupazioni si sono dissolte e sono riuscita a consegnare a questi amici tutto il contenuto della mostra, senza censurare nulla. Alla fine della visita, davanti all’ultimo pannello, l’amica lituana, quella che mi metteva un po’ soggezione, mi ha stretta in un lungo abbraccio esprimendo la commozione per un bene che forse credeva impossibile. E io sono stata semplicemente un tramite tra le storie della Casa del Faro e loro.
Paola
So cosa vuol dire
Ero di turno allo stand di Russia Cristiana, all’uscita dalla mostra, e cercavo di agganciare le persone che avevano appena terminato la visita ponendo alcune semplici domande del tipo: le è piaciuta la mostra? È soddisfatta della presentazione? e cose del genere. Una signora, accompagnata da un uomo che poteva essere suo figlio, senza rispondere nulla, mi lancia un’occhiata un po’ fredda e diffidente. Io allora le porgo un segnalibro e le propongo di pregare per Dar’ja, una delle più giovani prigioniere politiche russe, finita in carcere a 18 anni. La signora si ferma di colpo e mi guarda fisso. Poi mi dice: «Certo che la ricordo, sono stata anch’io in prigione e so cosa vuol dire. Le carceri dovrebbero essere luoghi di recupero ma sono un inferno». Prende il santino di Dar’ja e si allontana, evidentemente commossa. Io non le ho detto niente perché mi sembra che, quando qualcuno ti mette davanti la sua vita, tu puoi solo ascoltare e tacere. Ma mi ha colpito il suo cambiamento repentino e mi è balzato alla mente l’episodio in cui Gesù chiama Maria e lei si volta, riconoscendolo.
Maria
Che respiro!
Una signora sulla quarantina ha appena terminato di visitare la mostra sugli hospice. La vedo colpita e mi avvicino per raccogliere qualche impressione. L’unica cosa che dice è: «Sono russa, vivo in Italia da molti anni, mio marito è italiano. Ma cerco sempre un rapporto vero con casa mia. Che respiro poter guardare al mio paese attraverso queste testimonianze!».
C.
Il mio…Naval’nyj
Rimini, sabato 24 agosto, Book Corner Associazione Italiana Centri culturali del Meeting. Sta per iniziare la presentazione del libro di Naval’nyj Io non ho paura, non abbiatene neanche voi. Come prima di ogni podcast, serve dare supporto alle persone che arrivano per ascoltare in diretta: come connettersi al QR code, come attivare la radiolina… Si avvicina una signora gentile, che in un italiano perfetto «decorato» da un musicale accento dell’est, mi chiede una mano per collegarsi con il suo cellulare. Si vede però che qualcosa non va; i caratteri sul cellulare sono in cirillico, e lei mi spiega subito: «Sono russa, questo video per me è bloccato». Allora le offro di seguire l’incontro collegandosi dal mio telefono; mentre Adriano e Silvia registrano il podcast, la vedo seduta in prima fila, con un quaderno degli appunti su cui scrive veloce, seria, piena di attenzione, concentrata. Si capisce che per lei quei 20 minuti brevi, e forse «nascosti» dentro l’immensità degli eventi del Meeting, sono di un’importanza particolare.
Sono colpito dalla scena e quando torna a restituirmi il cellulare le chiedo qualcosa di lei: «Mi chiamo S., sono russa ma vivo qui dal 2014. Vivo con dramma questa crisi del mio paese, e ormai da anni conosco il Meeting; so che qui ci sono tante cose che raccontano del mio paese e quando ho visto questa presentazione del libro di Naval’nyj non potevo mancare, perché Naval’nyj è il mio, è il mio…». S. non conclude la frase e si commuove.
Tutto il Meeting nella sua incredibile vastità può valere la commozione di uno solo, perché lo sguardo di Cristo è su di te, è personale. Ho rivisto in questo l’esempio del Gius, quando racconta del missionario che scende dalla barca lungo il Rio delle Amazzoni e si inoltra nella foresta camminando per giorni, per andarne a trovare «uno solo»…! Grazie.
Matteo
Foto di apertura: Meeting di Rimini