4 Ottobre 2016
Il centro demoscopico Levada è un agente straniero?
Uno degli istituti demoscopici più prestigiosi in Russia, il Centro Levada, rischia la chiusura non perché falsi le percentuali, ma perché riceve finanziamenti dall’estero. Il governo vuole poter decidere l’immagine che il paese ha di se stesso.
Ha replicato con toni particolarmente duri il sociologo Lev Gudkov, dal 2006 direttore dell’istituto demoscopico indipendente Levada, dopo che il 5 settembre il Ministero della giustizia russo ha inserito il centro nell’elenco degli «agenti stranieri», mettendone a rischio la sopravvivenza.
Il Levada, nato alla fine degli anni ’80 come Centro pansovietico di indagine sull’opinione pubblica, all’indomani del crollo dell’URSS era riuscito a mantenere una certa indipendenza anche se formalmente rimaneva un ente statale, finché nel 2003, a causa di dissapori col governo, Jurij Levada se n’è andato portandosi dietro i colleghi, con i quali successivamente ha fondato il nuovo istituto demoscopico che porta il suo nome. Oggi il centro svolge ricerche in campo sociologico, economico e psicologico, dà lavoro a oltre 100 analisti e a circa 3000 intervistatori, ed ha collaborato con istituti e università stranieri.
La decisione di inserire il Centro Levada nell’elenco degli «agenti stranieri» è stata presa dopo le «verifiche straordinarie» effettuate dal Ministero della giustizia dal 12 al 31 agosto su richiesta del senatore Dmitrij Sabin, uno dei leader dell’organizzazione nazionalista Antimajdan e di Fraternità militare, definito da Gudkov «portavoce di gruppi che hanno monopolizzato il tema del patriottismo e della minaccia alla sicurezza nazionale». Le autorità federali avevano già sottoposto a verifica il Levada due anni fa, perché sospettato di raccogliere informazioni «per elaborare metodologie in grado di influenzare il quadro sociale e politico del paese», e di «trasmettere al Dipartimento di Stato americano (…) dati sugli attivisti dell’opposizione a livello regionale, contenenti tutte le informazioni necessarie per reclutare in seguito “gruppi di protesta”»; si sospettava il Levada di funzionare come «meccanismo di raccolta e analisi di informazioni sociologiche per manipolare l’opinione pubblica e influenzare l’apparato statale e le istituzioni politiche».
Nel nuovo protocollo di verifica si rimprovera al Centro di ricevere finanziamenti da fonti straniere per curarne gli interessi e soprattutto, sulla base della denuncia presentata da Antimajdan, di aver ricevuto soldi dal Dipartimento della difesa americano. Nel caso specifico, il finanziamento di 190.000 $ per due indagini sociologiche svolte dal Levada per l’Università del Wisconsin tra il 2012 e il 2015 è stato erogato dal Dipartimento della difesa all’Università, non al Centro moscovita e – ha spiegato Gudkov – si tratta di una prassi normale negli USA. Infine si biasimano l’utilizzo dei sondaggi che viene fatto sui media stranieri e le esternazioni critiche di alcuni sociologi dell’istituto nei confronti della politica del governo.
La legge sugli «agenti stranieri»
La legge federale che sta all’origine di tutto questo, promulgata il 20 luglio 2012, stabilisce la creazione di un registro delle organizzazioni che «svolgono le funzioni di agente straniero» in cui rientrano le Ong fornite di personalità giuridica che però ricevono aiuti finanziari e altre proprietà da fonti estere. Queste organizzazioni russe (da cui sono escluse le organizzazioni religiose) non possono, in quanto «agenti stranieri», partecipare in alcun modo alla vita politica o «collaborare a formare l’opinione pubblica in un determinato senso». Sono escluse da questa tipologia le attività benefiche, scientifiche e culturali. Gli emendamenti successivi hanno però dato maggiore libertà di azione alle autorità statali nell’interpretare i concetti di «attività politica» e di «finanziamento straniero». Se il Levada diventasse ufficialmente un «agente straniero», oltre agli impedimenti legali e amministrativi che ne conseguirebbero, riceverebbe anche un’etichetta odiosa agli occhi della popolazione, cosa fatale per un istituto demoscopico.
Michail Fedotov, membro del Consiglio presidenziale per i diritti umani (SPČ), ha osservato perplesso che questa legge è formulata in modo da potersi applicare praticamente a qualunque organizzazione, e spesso viene usata arbitrariamente per decisione amministrativa o politica. D’altra parte l’ipotesi di trasformare il Levada da Ong in attività commerciale è praticabile solo a patto di vedersi requisire tutte le proprietà dallo Stato e dover ripartire da zero. Pavel Čikov, anch’egli funzionario dell’SPČ, si chiede se il Ministero della giustizia non consideri la sociologia come «attività politica», dato che tra gli «agenti stranieri» sono già finiti il Centro di ricerche sociologiche indipendenti, il Centro di politica sociale e di ricerche sul genere, e il Centro pietroburghese di ricerche sociologiche indipendenti. Tra i 142 «agenti stranieri» finora iscritti ci sono anche l’associazione Memorial, il Centro Sacharov e una serie di attivisti per i diritti umani. La legge russa ha dato il via all’introduzione di provvedimenti analoghi in Kazachstan, Tadžikistan e Kirghizia.
I sondaggi a confronto
È significativo che nella maggior parte dei casi i risultati del Centro Levada non differiscano sostanzialmente da quelli conseguiti dagli altri due principali istituti demoscopici vicini al Cremlino, il FOM e il VCIOM, anzi, spesso le figure di primo piano della politica russa ne escono psicologicamente rafforzate, infatti, se anche gli «oppositori» riconoscono il nostro successo, vuol dire che «il popolo è con noi». La differenza tra il Levada e gli altri – ha notato il sociologo Grigorij Judin – non sta nel valore delle percentuali indicate, o nel diverso grado di onestà o professionalità, ma nel fatto che il Levada non dipende direttamente dal Cremlino riguardo ai quesiti da sottoporre e soprattutto ai risultati da divulgare o non divulgare. Il paradosso, conclude Judin, è che i risultati delle sue ricerche non sono tali da mettere in imbarazzo il governo.
Eppure ad agosto qualcuno ha temuto che i sondaggi «incontrollabili» diventassero pericolosi di fronte a un quadro sociale che differiva dalle aspettative, soprattutto in vista del voto anticipato del 18 settembre. I sondaggi dei tre istituti si concentravano sulla domanda: «Se ci fossero le elezioni domenica prossima, quale di questi partiti votereste?». Le tre formazioni politiche principali, con qualche differenza di percentuale, si sono confermate Russia Unita (Medvedev), comunisti (Zjuganov) e liberal-democratici (Žirinovskij), ma in tutti i sondaggi si nota la flessione delle preferenze per Russia Unita tra gennaio e agosto:
Preferenze per Russia Unita
Le preoccupazioni dei sociologi
È interessante notare come l’intera vicenda abbia dato il via a un rinnovato impegno civico di molti, tra semplici cittadini e studiosi, che hanno deciso di firmare petizioni e lettere aperte a favore del Levada, come la petizione online su change.org, la raccolta di firme di sociologi, docenti universitari e operatori di mercato, le dichiarazioni dell’Associazione dei sociologi pietroburghesi e dell’Associazione per le ricerche di mercato e l’opinione pubblica (che raggruppa 13 compagnie russe di settore), cui si è aggiunto il fermo comunicato del Consiglio scientifico dell’Istituto di sociologia presso l’Accademia delle scienze. Anche i direttori di FOM e VCIOM hanno chiesto alle autorità statali di ritornare sui loro passi, benché Aleksandr Oslon di FOM abbia voluto distinguere tra l’«attività sondaggistica e sociologica» e quella da lui definita «politico-pubblicistica» del Centro Levada. In effetti, se alcuni interlocutori del settore ribadiscono che le indagini demoscopiche servono a raccogliere umori e convinzioni della popolazione e non a plasmarle – lo stesso motto del Levada è: «Dall’opinione alla comprensione», – sappiamo bene che basta la notizia della flessione di un indicatore economico per mettere in crisi la stabilità di un governo o generare forti preoccupazioni nella società.
Al di là delle reazioni a caldo, Gudkov è amareggiato dallo spirito di chiusura che generano provvedimenti come quello che ha colpito il Levada: mentre collaborare con partner stranieri dovrebbe essere «motivo di orgoglio, riprova dell’alta professionalità e della qualità delle nostre ricerche, questa spirale di sospetto può condurre solo all’isolamento e all’impoverimento degli scienziati russi che saranno sempre più vittime dell’interruzione degli scambi di esperienze e metodologie (…). Dopo aver fatto piazza pulita della sociologia, sarà la volta della storia, dell’economia, della genetica, della fisica e delle altre discipline, com’è stato in epoca staliniana… Mi ha scritto un autorevole scienziato straniero: “Avrà un futuro doloroso il paese che non vuol conoscere se stesso”».
Angelo Bonaguro
È ricercatore presso la Fondazione Russia Cristiana, dove si occupa in modo particolare della storia del dissenso dei paesi centro-europei.
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