12 Luglio 2024

Kulbokas: la nostra preghiera sia coraggiosa

Redazione

Il forte appello al MEAN del nunzio a Kiev parla anche a noi.

Ieri, 11 luglio, si è svolta a Kiev una preghiera interreligiosa per la pace promossa dal Movimento Europeo di Azione Nonviolenta (MEAN) assieme alla nunziatura apostolica a Kiev. L’iniziativa, che ha coinciso simbolicamente col giorno della memoria religiosa di San Benedetto, patrono di Europa, e della memoria civile delle vittime di Srebrenica, costituisce l’undicesima mobilitazione per la pace dallo scoppio della guerra in Ucraina organizzata dal movimento. Nella lettera firmata dal nunzio mons. Visvaldas Kulbokas e da Angelo Moretti portavoce del MEAN si spiega che l’obiettivo del raduno è la richiesta di istituire Corpi Civili di Pace Europei e la preghiera insistente a Dio affinché la pace torni in Ucraina. «Insieme – recita la lettera – si prega, si riflette, si parla, si lavora per non rimanere ciascuno solo e impotente di fronte alle tragedie umane, ma uniti come fratelli, tra noi e agli occhi di Dio». Un Magnificat per l’Ucraina è il titolo dell’evento a cui hanno preso parte un centinaio di attivisti del MEAN, i leader delle confessioni religiose locali, e molti cittadini ucraini riuniti in piazza Santa Sofia. Ventiquattro le «piazze di pace» italiane che invece hanno partecipato in collegamento. Tra queste i monasteri di Montecassino e di Montevergine. Riportiamo le parole con cui mons. Kulbokas ha introdotto la preghiera.

Siamo molto grati di essere qui insieme, amici dall’Italia e dall’Ucraina. E sono presenti qui anche molti amici del Consiglio panucraino delle Chiese e di altre organizzazioni religiose. Siamo persone di varie fedi radunate qui insieme. E questo è il primo segno della giornata di oggi: la guerra non è soltanto contro l’uomo, contro l’Ucraina, ma la guerra è contro Dio. Proprio qui dove ci troviamo, quando nel X e XI secolo Kiev veniva costruita, i suoi principi hanno subito consacrato la città a Dio; perciò, ci siamo riuniti qui in preghiera perché questa è la nostra forza, forza che non viene da noi, ma da Dio. Però insieme a Dio anche l’uomo deve lavorare per costruire la pace; perciò, chi è venuto oggi in Ucraina, chi è venuto a Kiev, si assume la guerra sulle proprie spalle. E questo significa che con la propria presenza dice: quando state aggredendo l’Ucraina, state aggredendo anche noi. Qui il senso principale della preghiera è essere uniti a Dio, con grande umiltà e coraggio e col senso morale che dice che la guerra non ha scuse. Quindi quando sento che anche in Europa si discute dicendo: «Magari l’Ucraina ha fatto questo o quello…», bisogna dire: «No, la guerra non ha scuse». Oggi i nostri amici italiani hanno visitato l’ospedale pediatrico a Okhmatdyt e hanno visto che la guerra è anche contro i bambini. Quindi, il linguaggio di pace è quello che dice: «No alla guerra». E non si discute su quali siano le condizioni. No, punto! No all’aggressione! Che il Signore ci aiuti affinché questa preghiera sia coraggiosa e fiduciosa!


Foto di apertura: Facebook MEAN

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