27 Giugno 2017
Maestro nel canto e non solo
Si è spento a Roma il gesuita padre Pichler, musicologo di grande sensibilità e di grande amore alla Chiesa orientale, che ha fatto molto per il recupero e la valorizzazione del canto bizantino. È stato un maestro per il coro di Russia Cristiana.
Molti hanno conosciuto padre Ludwig Pichler come sensibile ed esigente direttore di coro, una presenza fondamentale e storica nella comunità del Russicum, a Roma.
Ludwig era nato il 5 luglio 1915 a Innsbruck, penultimo di dieci figli. Il padre si chiamava Anton, la madre Margarete Helk, ed era svizzera. I Pichler erano entrati in contatto con il mondo slavo-balcanico prima dello scoppio della Prima guerra mondiale, quando il capofamiglia Anton, impiegato delle ferrovie, viaggiava tra Croazia e Bosnia. Dopo essere rientrati in Austria durante le vicende belliche, nel 1919 si erano stabiliti nuovamente in Bosnia. Ludwig aveva iniziato gli studi al seminario minore di Travnik seguendo le orme del fratello Alfred, futuro vescovo di Banja Luka. Nel settembre 1934 Ludwig era entrato nel noviziato dei gesuiti a Zagabria e dal 1942 lo ritroviamo alla Gregoriana a Roma. Ordinato sacerdote il 21 luglio 1945, era stato inviato in Francia, a Paray-le-Monial, come assistente spirituale per i prigionieri di guerra cattolici e protestanti.
Tornato a Roma nel 1948, entrò al Collegio Russicum e iniziò a seguire anche i corsi del Pontificio istituto di musica sacra, dove i docenti intuirono il suo talento musicale e ne incoraggiarono l’interesse per il canto gregoriano. Se per motivi di salute Ludwig non riuscì a terminare gli studi di musica sacra, la sua passione per la materia lo rese comunque un autentico esperto, invitato a convegni e celebrazioni. Padre Ludwig assisteva gli studenti che si interessavano di musica sacra ortodossa, e con alcuni di loro avrebbe creato un coro che accompagnava la Divina Liturgia durante le dirette di Radio Vaticana trasmesse verso l’URSS. Nel 1956 prese in mano la direzione del coro del Russicum, che dal 1932 era guidato da Fedor Butkevič, un esule già assistente presso la cattedrale di San Vladimir a Kiev prima dello scoppio della guerra.
L’attività di studioso e insegnante al Russicum permise a padre Pichler di entrare in contatto con sacerdoti e studiosi di musica sacra orientale, tra i quali Ivan Gardner, un emigrato russo che per molti anni aveva insegnato canto liturgico presso l’Università di Monaco. Al 1954 risale invece un breve ma intenso carteggio con Igor Stravinskij, al quale Pichler chiese l’autorizzazione di arrangiare alcune opere per coro maschile. Nella risposta, Stravinskij si definiva «sostenitore dell’unità delle Chiese e profondo ammiratore della Chiesa cattolica romana», e ricordava al sacerdote di aver composto anche una Messa cattolica; allo stesso tempo lamentava il basso livello tecnico della maggior parte dei cori ortodossi «non solo russi» che a suo giudizio preferiscono un’esecuzione «sentimentale e anticanonica». Pichler si mise in contatto anche con il compositore Aleksandr Grečaninov, all’epoca residente a New York, sottoponendogli l’idea di scrivere una «Liturgia per l’unità delle Chiese», in cui elementi della musica religiosa russa si fondessero con il canto gregoriano. Grečaninov, che da parte sua aveva già composto una Missa Oecumenica (op. 142), si disse entusiasta del progetto, ma poi le sue condizioni di salute non gli permisero di concretizzarlo. Egli autorizzerà però padre Pichler ad arrangiare la Liturgia n. 4 di san Giovanni Crisostomo per coro maschile.
Il 6 dicembre 1965, festa di san Nicola, durante le fasi finali del Concilio Vaticano II, Pichler venne incaricato di dirigere il coro che accompagnava una Divina liturgia celebrata in inglese da sacerdoti ruteni provenienti dall’America. Tre anni dopo, l’arrivo di studenti ortodossi al Russicum gli diede l’opportunità di uno scambio di esperienze di musica sacra. Il 12 ottobre 1969 al Russicum venne celebrata una Divina Liturgia presieduta dal metropolita Nikodim, fra gli altri era presente l’allora ieromonaco Kirill (Gundjaev), attuale patriarca ortodosso russo.
Nel 1963 il Russicum pubblicò la prima edizione della sua grande «raccolta romana» che conteneva un repertorio di 435 pezzi per la Divina Liturgia, ripubblicata aggiornata (570 pezzi) nel 1980. Padre Pichler ha il grande merito di aver fatto risuonare nuovamente antichi canti monodici e alcuni fra i primi canti polifonici.
La sua conoscenza con il coro di Russia Cristiana risale al 1990, ma in verità non era una conoscenza del tutto nuova poiché scaturiva dalla vecchia amicizia con padre Scalfi dagli anni giovanili condivisi al Russicum. Per alcuni anni padre Ludwig ha tenuto dei seminari di perfezionamento per il coro a Villa Ambiveri, e sotto la sua guida e grazie al suo rigore il piccolo coro amatoriale ha acquistato statura e ispirazione, allargando anche le proprie conoscenze nel vasto campo della musica sacra bizantina. Da questi corsi è nata una solida amicizia personale con il direttore e i cantori, tanto che anche in seguito padre Ludwig ha partecipato a vari momenti di vacanza insieme a loro.
Negli ultimi anni padre Pichler ha anche approfondito lo studio della musica sacra galiziana e carpatica. Ma più ancora che fine musicologo, è stato soprattutto e prima di tutto un padre spirituale per i parrocchiani e gli studenti del Collegio, la «sua vera casa», come aveva scritto nel 2009: «Finché potrò canterò la misericordia di Dio e le lodi alla sua santissima Madre, nel Collegio Russicum che è diventato la mia vera casa».
Padre Ludwig si è spento l’11 maggio 2017 nella casa dei gesuiti a Roma.
Padre Pichler, un ricordo
Claudio Cristoni E cosi, a 102 anni, anche padre Pichler è salito in cielo, dove desiderava tanto essere accolto dalla misericordia definitiva del Padre di tutti. Ricordo l’ultima volta che l’ho visto, tre anni fa, nella casa di riposo in Via dei Penitenzieri a Roma: curvo, che faticava a riconoscere volti e persone dopo tanto tempo, ma sempre cordiale, aperto, pieno di pace, riposante… ci ha accolti e poi a poco a poco abbiamo ripreso il filo dei ricordi, di quando veniva a Seriate, per le «settimane del coro», a dirigere il gruppo malandato che eravamo.
Sempre puntualissimo, compariva alla lezione del mattino o a quella del pomeriggio spaccando indefettibilmente il minuto; camminava svelto anche se tutto curvo, dava l’impressione di una grande vivacità nel modo di atteggiarsi, e soprattutto nello sguardo acuto, indagatore che volgeva attorno. Compariva nel salone delle prove con la sua casacca color beige, con matite e gessetti nel taschino sul lato sinistro… andava alla lavagna scriveva delle note sul pentagramma e ci chiedeva di cantare incurante dello sguardo leggermente perplesso di tanti di noi.
Padre Pichler, il grande direttore del coro del Russicum … ma non sospettavamo, allora, che fosse un’autorità mondiale nel canto liturgico bizantino, non sapevamo dei suoi rapporti con Grečaninov, dell’autorevolezza assoluta acquisita in anni di esperienza nell’ambito della tradizione bizantina.
Risvegliando il ricordo ci si accorge che era una grande persona: un austriaco atipico che sembrava aver assunto per osmosi un po’ dell’allegria scanzonata che si respira a Roma; aveva un insieme di doti che lo rendevano estremamente simpatico.
Ha voluto raccogliere in un libro/diario le foto di tutte le nostre famiglie così da pregare ogni giorno per noi guardando i nostri volti; adorava i bambini e gli piaceva tanto chiacchierare con loro. Vedeva ovunque il lato positivo, sempre scanzonato; era capace di entrare in macchina e dire «com’è comoda quest’auto, complimenti», oppure «Felicita lei sarebbe un’ottima soprano, venga a cantare», o ancora «cosa state cantando, tenori? la quinta voce di un brano a 4 voci?».
Suonava la chitarra e cantava stornelli romani con accento austriaco con la «erre moscia» che faceva divertire tutti. Una volta gli abbiamo fatto vedere la registrazione della prova d’orchestra della «Moldava» di Smetana diretta da Ferenc Fricsay… era il documento impressionante del carisma di un direttore; quando poi, l’orchestra aveva eseguito il pezzo padre Ludwig con calma olimpica aveva commentato: «ma non stanno facendo niente di quello che han detto nelle prove»… Nessuno di noi aveva nemmeno sospettato che quell’esecuzione potesse essere discussa.
Il tratto più caratteristico della sua direzione era l’eleganza straordinaria dei gesti: decisi e brevi in alcuni punti, larghi, morbidi e pieni di delicatezza in altri; mentre cantavamo poteva correggere qualsiasi voce in qualsiasi punto dello spartito, insomma un godimento assoluto. Questa eleganza, insieme con la profonda unità di lui col brano, come se il pezzo desiderasse proprio essere cantato così, gli conferivano un carisma unico. L’eleganza si avvertiva in tutto quello che era e faceva; era bellissimo sentirlo raccontare storie legate a concerti, liturgie o incontri con qualche personalità.
Ho sempre davanti padre Pichler quando dirigo il nostro coro, e gli chiedo perdono; recito il Re Celeste prima di iniziare, rendendomi conto di quanto sia indegno di stare lì. Certe volte mi dico che cercare di ripetere davanti al coro quello che lui faceva, il suo modo di dirigere, i suoi gesti, è pura follia; cercare di acquisire quella sensibilità straordinaria, quella naturalezza nella lettura del pezzo e dei vari momenti espressivi è come cercare l’impossibile, eppure non ho altri riferimenti che mi affascinino più. Continuiamo ad ascoltare il coro del Russicum diretto da lui per cercare di immedesimarci in tutto questo enorme bagaglio di esperienza, di vita, ben consapevoli che il suo fascino è irripetibile, assolutamente unico e ci mancherà, ci mancherà finché non avremo modo ancora, speriamo, di averlo davanti e cantare, magari con padre Romano che celebra.
È un altro modo per dire «che abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».