La grande disputa tra Oriente e Occidente

13 Novembre 2025

La grande disputa tra Oriente e Occidente

Vladimir Solov’ëv

Oltre le controversie politiche, sempre discutibili. Oltre le ricostruzioni storiche che possono essere plurali, Solov’ëv propone il compito della riconciliazione del mondo slavo attorno al principio della fedeltà a Cristo.

III PARTE

La nostra storia ci ha imposto tre grandi questioni, la cui soluzione ci può portare a glorificare il nome di Dio e avvicinare il Suo regno facendo la Sua volontà, oppure a rovinare l’anima del nostro popolo e rallentare l’opera di Dio sulla terra. Questi problemi sono: la questione polacca (o cattolica), la questione orientale (o slava) e la questione ebraica. Queste tre questioni, in stretta connessione l’una con l’altra, sono solo le diverse forme storiche della grande disputa tra Oriente e Occidente, che attraversa l’intera vita dell’umanità. A queste tre questioni si riconduce tutta la nostra politica estera e interna, ivi compreso il nichilismo politico e le sue periodiche atrocità, che sono in relazione molto più stretta con la politica estera di quanto si pensi. Legata alla stessa grande disputa tra Oriente e Occidente è un’altra delle nostre profonde sofferenze interiori, lo scisma ecclesiastico [Raskol].

Il nostro dovere storico ci si presenta nella forma più immediata attraverso la questione polacca. La storia ci ha legato a un popolo fraterno nel sangue, ma ostile nello spirito, la cui parte più avanzata ci odia e ci maledice. In risposta a questo odio e a queste maledizioni, la Russia deve fare del bene al popolo polacco. Qualcosa è stato fatto. L’azione russa in Polonia non si limitò alla partecipazione alle tre spartizioni e alla repressione di due insurrezioni armate1. Nel 1814, la Russia salvò la Polonia da una germanizzazione inevitabile. Se al Congresso di Vienna lo zar Alessandro I, allora onnipotente, si fosse preoccupato più degli interessi russi che di quelli polacchi e avesse incorporato la Galizia russa2 nella Russia e restituito la Polonia originaria alla Prussia, probabilmente oggi non ci sarebbe molto da dire della Polonia e dei polacchi. Se anche oggi in Posnania, l’elemento polacco, che pure ha alle spalle una massa di sei milioni di nostri polacchi risparmiati dalla germanizzazione, non riesce nonostante questo sostegno a resistere ai tedeschi e viene sempre più assimilato da loro, cosa sarebbe accaduto se i tedeschi prussiani fossero diventati i padroni della maggior parte della Polonia!

Inoltre, mezzo secolo dopo il Congresso di Vienna, la Russia, emancipando i contadini, liberò anche la Polonia dal feroce antagonismo tra i proprietari terrieri e i contadini, che stava minando le forze vitali della Polonia e avrebbe portato la nazione polacca alla sua definitiva distruzione. I contadini polacchi, già insorti, avevano infatti incominciato a ripetere anche nel nostro Paese i recenti massacri della Galizia3 ed erano pronti allo sterminio di tutti i proprietari, e solo l’intervento del potere russo fermò questo massacro. Se questo evento si fosse verificato, il popolo polacco, privato della propria classe colta, si sarebbe trovato poi completamente disarmato di fronte alla pressione della superiore cultura tedesca da un lato e all’influenza dell’elemento russo dall’altro; in quel caso il timore della russificazione avrebbe avuto un significato reale.

La grande disputa tra Oriente e Occidente

Jean-Pierre Norblin de La Gourdaine, Ambasciata russa (wikimedia).

Ma se l’assenza di una classe colta consolidata è dannosa per un popolo, ancora di più lo è il dominio esclusivo di quella classe su una popolazione priva di diritti. Non a caso una popolare canzone polacca chiede ai nobili polacchi cosa avessero in testa quando hanno rovinato la Polonia e insieme se stessi. Salvando la nobiltà polacca dalla furia delle classi lavoratrici e concedendo, allo stesso tempo, a queste ultime libertà civile ed economica, il governo russo assicurò il futuro di un’autentica Polonia, non di una Polonia fatta soltanto di proprietari terrieri o di contadini, ma di una Polonia polacca.

Infine, nonostante l’ingiustizia e l’irragionevolezza di alcune singole misure, l’amministrazione russa portò alla Polonia, anche in base alla testimonianza di scrittori stranieri, una prosperità sociale ed economica che non avrebbe potuto raggiungere né sotto il dominio prussiano né sotto quello austriaco.

Così il corpo della Polonia fu preservato e sviluppato dalla Russia. E se, ciononostante, i patrioti polacchi preferiscono affogare nel mare tedesco piuttosto che riconciliarsi sinceramente con la Russia, ciò significa che questa inimicizia ha una ragione più profonda, spirituale.

La Polonia rappresenta nell’Europa orientale il principio spirituale che ha costituito la base della storia occidentale. Per la sua essenza spirituale la nazione polacca e con essa tutti gli slavi cattolici appartengono al mondo occidentale. Lo spirito è più forte del sangue; nonostante l’antipatia di sangue per i tedeschi e l’affinità di sangue con i russi, i rappresentanti del polonismo preferirebbero accettare la germanizzazione piuttosto che la fusione con la Russia. Un europeo occidentale, anche se protestante, è più vicino nello spirito a un polacco cattolico che a un russo ortodosso. Nella misura in cui si concepiscono come la prima linea avanzata di difesa del principio occidentale, i polacchi vedono nella Russia un Oriente ostile al loro essere spirituale, una forza estranea e oscura, che oltre tutto aspira a un grande avvenire, e quindi è incomparabilmente più pericolosa, ad esempio, rispetto ai turchi e all’Oriente musulmano, che ha fatto il suo tempo ed è chiaramente incapace di qualsiasi futuro storico.

L’inimicizia della Polonia nei confronti della Russia, in questo senso, è soltanto un’espressione della secolare disputa tra Occidente e Oriente, e la questione polacca è solo una fase della grande questione orientale.

In quest’ultima, l’Islam svolge un ruolo molto importante, ma episodico. Quando la nostra guerra contro la Turchia si trasforma nella lotta contro le potenze occidentali, quando Vienna si mette tra noi e Costantinopoli, quando i polacchi cattolici entrano nei ranghi dell’esercito turco contro quello russo, quando i serbi ortodossi in Bosnia si uniscono ai musulmani contro l’Austria cattolica, allora diventa abbastanza chiaro che la disputa principale non è tra cristianesimo e islam, non è tra slavi e turchi, ma tra l’Occidente europeo, per lo più cattolico, e la Russia ortodossa. Diventa chiaro anche il significato della Polonia come avanguardia dell’Occidente cattolico contro la Russia. Dietro la Polonia c’è il governo apostolico dell’Austria e dietro l’Austria c’è Roma.

Come nel Medioevo le crociate, iniziate contro l’Islam, rivelarono ben presto il loro vero scopo e i crociati occidentali, dopo aver ceduto Gerusalemme ai Saraceni, presero d’assalto e saccheggiarono Bisanzio e fondarono un impero latino in Oriente, oggi, esattamente allo stesso modo, la lotta dell’Occidente cattolico contro i Turchi vincitori, lotta che all’inizio fu combattuta con tanto zelo dall’Austria e dalla Polonia, si è trasformata ben presto in una lotta contro la Russia, non appena l’Occidente ha visto in lei una potente erede dell’Impero d’Oriente. L’obiettivo della lotta per le potenze occidentali non è più quello di cacciare i turchi dall’Europa, ma di impedire alla Russia di entrare a Costantinopoli e stabilire un nuovo impero latino nella penisola balcanica sotto il vessillo dell’Austria, e a questo scopo gli stessi turchi si trasformano, da nemici che erano stati, prima in alleati e poi in uno strumento obbediente.

Così, la nostra questione orientale è una disputa tra la prima Roma, occidentale, e la seconda, Roma orientale, la cui rappresentanza politica è stata trasferita, già nel XV secolo, alla terza Roma, cioè alla Russia.

Non è un caso, però, che la seconda Roma sia caduta e che il potere dell’Oriente sia passato alla terza Roma. Ma questa terza Roma deve essere solo una ripetizione di Bisanzio, per cadere come lei, oppure dev’essere terza non solo di numero ma anche come ruolo, cioè essere la terza che riconcilia le due forze ostili? Quando a Mosca la terza Roma rischiava di fraintendere la propria vocazione e di presentarsi come un regno esclusivamente orientale in posizione ostile rispetto all’Occidente europeo, la Provvidenza le impose la mano pesante e rude di Pietro il Grande. Egli infranse allora senza pietà il duro guscio del nazionalismo esclusivo che aveva imprigionato il seme dell’identità russa e gettò con coraggio questo seme sul terreno della storia europea mondiale. La Terza Roma si è spostata da Mosca verso l’Occidente, verso la via marittima internazionale. E il fatto che la riforma di Pietro il Grande sia stata in grado di avere successo e di creare una nuova Russia dimostra già da solo che la Russia non era chiamata ad essere solo Oriente, e che nella grande disputa tra Oriente e Occidente non deve stare da una parte soltanto o rappresentare una delle parti in lotta, ma che in questo caso ha un dovere di mediazione e conciliazione, e deve essere, nel senso più alto della parola, l’arbitro di questa disputa.

La grande disputa tra Oriente e Occidente

Jean-Pierre Norblin de La Gourdaine, Sobborgo di Cracovia nel 1794 (wikimedia).

Con la riforma di Pietro il Grande, però, la Russia è stata messa in contatto solo con l’aspetto esteriore della civiltà occidentale, e quindi la riconciliazione o il legame con l’Occidente che si è sviluppato nella Russia di Pietroburgo è stato puramente esteriore e formale; qui si può vedere solo la preparazione di vie e mezzi esterni per un’autentica riconciliazione. E questa riconciliazione è inevitabile per la Russia: senza di essa, non può servire la causa di Dio sulla terra. Il compito della Russia è un compito cristiano e la politica russa dev’essere una politica cristiana.

La riconciliazione reale e interiore con l’Occidente non consiste in una sottomissione servile alla forma occidentale, ma in un libero accordo con il principio spirituale sul quale si fonda la vita del mondo occidentale.

Da questo punto di vista, anche l’importanza della Polonia per noi si presenta sotto una nuova luce. In Polonia non abbiamo a che fare con le forme esteriori della civiltà occidentale, che noi e i polacchi abbiamo già accettato, ma con lo stesso principio spirituale di tutta la vita e la storia occidentale, e siamo tanto meno in grado di eludere questo principio, in quanto è incarnato per noi nella forma di una nazione vicina e intimamente legata a noi.

Per noi non ci può essere una riconciliazione esteriore con la Polonia. Non possiamo riconciliarci con i polacchi né sul piano sociale né su quello statale. Sul terreno sociale la riconciliazione di cui si è tanto parlato è impossibile, proprio perché non si sa con chi dovremmo propriamente riconciliarci, dato che dal punto di vista sociale la Polonia stessa si presenta con una divisione inconciliabile tra proprietari terrieri e contadini, così che tendendo la mano al contadino finiamo inevitabilmente per scontrarci con i proprietari e tendendo la mano a questi ultimi finiremmo nuovamente con l’opprimere i contadini che abbiamo appena liberato dopo una schiavitù secolare.

A livello statale l’accordo con la Polonia è impossibile, perché qui ci troviamo di fronte a pretese sfrenate e intransigenti da parte dei polacchi. La restaurazione della Polonia del 1772, e poi di quella del 1667, la Kiev polacca, la Smolensk polacca, la Tambov polacca, tutte queste allucinazioni sono forse un fenomeno patologico naturale, proprio come succede a un uomo affamato, che non avendo neppure un pezzo di pane, di solito sogna banchetti sontuosi. L’uomo affamato, però, al risveglio sarà grato anche solo per un pezzo di pane; i patrioti polacchi, invece, sono soddisfatti solo della Polonia dei loro sogni. Forse dietro questi sogni si nasconde anche la reale sensazione che una Polonia indipendente, entro i rigidi confini della nazione polacca, sarebbe una vittima inevitabile dell’Impero tedesco; ma se i diritti della Polonia su Kiev e Smolensk derivino veramente da qui è un’altra questione.

La grande disputa tra Oriente e Occidente

Jean-Pierre Norblin de La Gourdaine, L’impiccagione dei traditori (wikimedia).

C’è un altro terreno sul quale la parte migliore del popolo polacco potrà attestarsi volentieri e sul quale possiamo e dobbiamo convergere con loro: è il terreno religioso. E per i polacchi stessi la Polonia non è solo un’idea nazionale; in essa trovano una grande idea e missione religiosa. E contro la Russia il polacco non combatte così aspramente come polacco e slavo (perché allora dovrebbe combattere di più contro i tedeschi), ma è come combattente di punta della grande idea della Roma occidentale che combatte contro la Russia, nella quale vede la rappresentante dell’idea opposta di una Roma orientale. E qui la Russia ha il compito di dimostrare che non è solo una rappresentante dell’Oriente, che è davvero la terza Roma, che non esclude la prima, ma le riconcilia entrambe dentro di sé.

C’è stato un tempo glorioso in cui sul terreno della cristianità, sotto la bandiera della Chiesa universale, entrambe le Rome erano unite in un unico compito comune: l’affermazione della verità cristiana. Allora le loro peculiarità – le peculiarità del carattere orientale e di quello occidentale – non si escludevano, ma si completavano a vicenda. Questa unità era fragile, perché non era ancora passata attraverso la prova della conoscenza di sé. Poi è andata in pezzi.

La grande disputa tra Oriente e Occidente, abolita nell’idea cristiana, si è rinnovata con forza ancora maggiore all’interno del cristianesimo storico.

Ma se la divisione delle Chiese è stata storicamente necessaria, è ancora più moralmente necessario che il cristianesimo ponga fine a questa divisione. Il Paese cristiano e ortodosso, che non ha partecipato all’inizio della disputa fratricida, dovrebbe essere il primo a porvi fine.

Iniziando a parlare di questa grande causa di riconciliazione con la Chiesa romana, non oso rivolgermi a cristiani perfetti, per i quali il papa è solo l’anticristo condannato a una fine ignominiosa; né oso parlare a uomini senza peccato e senza colpa, che possono solo lanciare pietre contro la prostituta di Babilonia. Ma sono sicuro che nella Russia ortodossa ci saranno anche non poche persone che, nella consapevolezza delle proprie imperfezioni e dei propri peccati e dell’infinita distanza dall’ideale cristiano, scopriranno una fonte di sentimenti giusti e benevoli anche verso l’«Anticristo» e la «prostituta di Babilonia». Potrebbe essere addirittura che queste persone trovino nel Nuovo Testamento un prototipo più adatto alla Chiesa romana che non siano l’Anticristo e la prostituta di Babilonia. Ricordiamo, in effetti, i gravi errori e i peccati del principale apostolo di Cristo, al cui nome la Chiesa di Roma associa tutto il suo potere. Ricordiamo l’arrogante dichiarazione della sua superiorità, «Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò» [Mt 26,35], e lo zelo non conforme alla ragione nell’alzare la spada per difendere Cristo, e l’improvvisa vigliaccheria nel triplice rinnegamento di Cristo. Ma dobbiamo ricordare, contemporaneamente, che lo stesso apostolo, che Cristo chiamò Satana e tentatore per aver pensato alle cose umane più che a Dio, proprio lui, per aver confessato la vera fede nel Figlio di Dio è stato chiamato anche pietra e beato, e per il fervente amore per il suo maestro, si è sentito dire tre volte: «Pasci i miei agnelli». Dobbiamo anche renderci conto che per noi ortodossi l’autorità suprema e incondizionatamente vincolante in materia di fede e di Chiesa è ancora detenuta dai sette concili ecumenici, che si sono svolti tutti prima della divisione delle Chiese, così che il caso del papato non avrebbe potuto essere preso in esame e risolto da nessun concilio ecumenico.

Alla luce di tutto ciò, ci asterremo da una condanna arbitraria dell’Occidente e cercheremo di spianare il cammino mentale che porta al riavvicinamento dei due mondi cristiani.

(Traduzione e cura di Adriano Dell’Asta)

3 – continua

link alla 1ª parte

link alla 2ª parte


(Immagine d’apertura: Jean-Pierre Norblin de La Gourdaine, Battaglia di Raclawice; wikimedia).

Vladimir Solov’ëv

Vladimir Solov’ëv (1853-1900) è uno dei filosofi russi più importanti di tutti i tempi. In lui sono già presenti, a livello di sistema, tutte le idee che saranno all’origine della rinascita spirituale russa dell’inizio del XX secolo. Tra le sue opere ricordiamo:  La Russia e la Chiesa universale, La crisi della filosofia occidentale» e «Islam ed ebraismo».

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