Le illusioni sono dure a morire

29 Settembre 2025

Le illusioni sono dure a morire

Lorenzo Fellin

L’incredibile storia di una giovane francese che, inseguendo il mito della catarsi rivoluzionaria, si era gettata nella lotta dei Khmer cambogiani senza volerne vedere l’atrocità. Sino a che la realtà aveva avuto la meglio.

Le illusioni sono dure a morire

L. Picq, Oltre il cielo.
I miei anni con i Khmer Rossi nella Cambogia del genocidio, 1975-1979, Tralerighe 2025.

Grazie alla circostanziata traduzione in lingua italiana di Nicoletta Prandoni, è ora possibile leggere la testimonianza, unica nel suo genere, offerta dall’autrice francese Laurence Picq, e riferita a un periodo della sua vita condiviso con i Khmer Rossi, tra il 1975 e il 1979. Sono gli anni dell’atroce follia mossa dall’utopia sociale di un comunismo viscerale e totalizzante, che porterà al genocidio di almeno un milione e mezzo d’innocenti cittadini della Cambogia (Kampuchea). Laurence, sposa di un rivoluzionario cambogiano (Sikoeun, stretto collaboratore dello spietato Pol Pot) e madre di due figlie, subisce il fascino dell’ideologia e decide di condividere l’esperienza di una sorta di «monachesimo rovesciato», dove Dio è sostituto dall’onnipresente ma invisibile presenza della misteriosa «Organizzazione», l’«Angkar» (poi divenuta Partito) che rivoluziona, e instaurando un regime di terrore, sconvolge alla radice tutti i «pilastri» su cui si reggono le normali comunità umane: paternità e maternità, famiglia, tradizioni, diritti e doveri… Tutto è reso numero, spersonalizzato, soggetto solo alla volontà dell’Angkar.

Laurence Picq attraversa questo inferno quasi con levità, inizialmente fiduciosa che le sofferenze, le privazioni, le prove saranno solo temporanee e dovute agli inevitabili difetti di avvio di un gigantesco esperimento escatologico, unico del suo genere. Nel suo racconto sfuma le terribili prove che la riguardano, inclusa la mancanza di cibo, la sporcizia, l’umiliazione per essere lei una borghese occidentale, l’arroganza e la violenza del marito, la consegna delle figlie a «mamme» di Angkar che le dovranno rieducare, fiduciosa nel futuro luminoso che si sta costruendo e che si debba, per questo, pagare un alto prezzo. Persino quello, inaudito, di divenire «zia» per le figlie, sostituita nel ruolo di madre dalle donne di Angkar. Per quattro anni vive nell’unità B-1 del sedicente Dipartimento degli Esteri e s’accorge ben presto di come spariscano regolarmente e misteriosamente delle persone senza più farvi ritorno. Ma tutto sopporta «per la causa», fiduciosa che alla fine ci sarà la parusia.

L’invasione vietnamita della Cambogia costringe tutti (ma non i massimi dirigenti del Partito) a una lunga fuga a piedi verso la Thailandia, segnata dall’assenza di cibo, di acqua, di ripari, un vero calvario che esige mille prove fisiche e morali nelle quali Laurence rischia di soccombere essendo pure incinta. È un percorso che si svolge spesso sul ciglio pericoloso di baratri ai quali si somma quello morale che porta gradualmente Laurence all’introspezione. Nonostante le difficoltà, Laurence non perderà tuttavia una certa, paradossale, serenità nella quale troveranno posto persino alcuni sprazzi poetici alla vista di un fiore o di un paesaggio.

Andrà così verso un confine che sarà di salvezza, ma dove l’attenderà la prova più atroce tra le molte sopportate. Ritroverà però la sua coscienza che la libererà dai lacci dell’utopia fornendole una diversa chiave di lettura degli eventi.

Un libro avvincente, quasi un romanzo, pur nella sua tragicità, in cui il terrore instaurato da un «comunismo totale» non è descritto ma solo intuibile. È stato pubblicato in coincidenza con il 50° anniversario della presa di Phnom Penh da parte dei Khmer Rossi (17 aprile 1975); è il secondo volume della Collana «sidera» del progetto del Centro Studi Criminalità e Giustizia di Padova.

Rispetto alle precedenti edizioni in lingua francese e inglese, il testo è arricchito dall’Introduzione di Marco Respinti, al quale si devono pure l’importante glossario e l’orientamento bibliografico, e dall’Invito alla lettura di Antonia Arslan.

La prefazione e l’epilogo sono stati appositamente scritti da Laurence Picq per l’edizione italiana e l’autrice ha collaborato con la traduttrice nel chiarire dubbi e aggiungere preziose informazioni, in parte riportate nelle note.


(Foto d’apertura: Sandy Hibbard, unsplash)

Lorenzo Fellin

Nato a Trento nel 1940, si è laureato in ingegneria elettrotecnica a Padova, svolgendovi poi la  carriera di ricercatore nel settore della Fusione termonucleare controllata, di docente ordinario di Sistemi elettrici per l’energia e di libero professionista in Impianti elettrici. Si è dedicato all’attività dell’Azione Cattolica e – con altri – alla creazione del Centro ecumenico italo-russo «V. Solov’ev» di Padova. È socio accademico effettivo dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti di Venezia, socio corrispondente dell’Accademia roveretana degli Agiati ed è membro di numerose istituzioni. Si è  dedicato anche al fenomeno del dissenso sovietico e attualmente cura i rapporti con realtà cattoliche ucraine.
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