Kyiv, Teheran, Gerusalemme, Dio tace

20 Giugno 2025

Kyiv, Teheran, Gerusalemme, Dio tace

Svetlana Panič

Le gocce di bontà personale non riescono a fermare la follia. E Dio tace, nel paradosso dell’amore crocifisso.

La mente è un turbinio di domande: israeliani, come state? Amici ucraini, come state? Quando incontro il mio vicino iraniano, ci abbracciamo in silenzio. Lui ha parenti a Teheran, sono dell’opposizione, non ha fatto in tempo a portarli via.

La lingua tace. Non sa come trovare le parole giuste, se non per litigare con Dio.

Anche Dio tace. Nel mondo c’è una tale concentrazione di male volontariamente scelto, di routine, opera dell’uomo, un tale grumo di odio che nemmeno la parola di vita riesce a penetrarla. Sembra che, in questo mondo riempito di odio fino all’orlo, non ci sia spazio per Dio.

Proprio adesso a questo male ne ho aggiunto del mio: non ho fatto nulla per aiutare la profuga rom che chiedeva l’elemosina in metropolitana. Non l’ho nemmeno guardata, mi vergognavo.

Vergogna e dolore sono ora i sentimenti più forti. Come a febbraio 2022. Mi vergogno per il mio benessere, per quanto fragile sia, ma quanto meno sul Canada non volano missili balistici, e lo scoiattolino selvatico nel mio giardino è chiaramente determinato a stabilirsi qui. Mi vergogno perché le mie gocce di bontà, il mio tiqqun ‘olam [in ebraico «riparare il mondo»] sono troppo poco per fermare la follia, e non posso farci niente. Mi vergogno perché non riesco a trovare le parole per dare un nome a ciò che sta accadendo, per descrivere, stigmatizzare, consolare. Il nostro vocabolario era fatto per altro. La mente non era pronta a essere sballottata da una guerra all’altra, da un bombardamento all’altro, in un enorme campo di paura per i propri cari – e tutti ora sono cari.

E continuo a litigare con Dio: «Dove sei?» chiedo. Tace. Tuttavia, non è neanche la mente bensì qualcosa che è nato dall’esperienza dei litigi precedenti a suggerirmi che Lui è nel grumo di sciagure in cui si è trasformato il mondo che ha creato.

È il paradosso di Dio: il Dio silenzioso, impotente, afflitto, ora è vicinissimo, qui, sulla sua terra. Tutta la terra è sua, esplosa, cosparsa di schegge, intrisa di sangue. «Del Signore è la terra e quanto contiene…» (Salmo 24). La geografia politica cede a quella metafisica.

Su Israele, sull’Iran, su Kyiv, Odessa, Charkiv volano i prodotti micidiali del libero arbitrio umano. «Perché non mandi tutto all’aria, se non riesci a gestire questa libertà? – grido – Perché tolleri tutto questo?» Tace. E ancora una volta, non è neanche la conoscenza ma, piuttosto, l’intuizione a suggerirmi: Dio non è un osservatore indifferente. Un osservatore ne avrebbe già fin sopra i capelli di questo sanguinoso horror storico. Chi ama non può distruggere ciò che è stato creato per amore. Inoltre, l’amore assoluto, di cui era così piacevole parlare in tempi di pace, non toglie il libero arbitrio. Può fermarlo, indirizzarlo, ma distruggere ciò che è stato creato è possibile solo per chi esercita questa libera volontà, una creatura a due zampe in preda a un’ira satanica.

«Perché ci hai abbandonato?» sbraito.
«E voi perché avete abbandonato me?». Risponde con una domanda a una domanda, come si usa tra il popolo da tempi immemori.


(immagine d’apertura: F. de Goya, “Yo lo vi”, Cleveland Museum of Art)

Svetlana Panič

Filologa, è stata ricercatrice presso l’Istituto Solženicyn di Mosca fino al 2017, ora è traduttrice e ricercatrice indipendente.

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