9 Maggio 2016
PATRIOTTISMO: E se avessimo perso?
Un video diffuso per la festa del 9 maggio propone la figura di un bambino-soldato che si sacrifica per la vittoria. Scivolone retorico che offusca il vero sacrificio e ha disturbato molti russi.
Gli Studi Eralaš di Samara, specializzati nella ricerca di giovani talenti per il cinema, hanno diffuso un breve videoclip «patriottico» per il 9 maggio, anniversario della Vittoria russo-sovietica sul nazifascismo. La trama è semplicissima: un gruppetto di ragazzini che torna da scuola si trova davanti un coetaneo in divisa. Il soldatino si rivela essere un fantasma, gli scolari gli fanno alcune domande e lui racconta che nel 1941 suo padre e il fratello sono partiti per il fronte, mentre due anni dopo la madre è stata fucilata dai nazisti. Lui si è unito ai partigiani, per finire ucciso dai cecchini tedeschi. «E non hai avuto paura di morire?», chiede una ragazzina. «Non è questo che conta. L’importante è aver vinto».
L’apparizione online di questo video ha suscitato molte reazioni e sottolineato la solita frattura nel tessuto sociale russo: vi sono i patrioti a oltranza per i quali il video è «eccellente» e che puntano il dito contro i critici, da loro definiti «liberali» i quali «un tempo odiavano il nostro paese, l’URSS, e oggi continuano ad odiare la Russia». Secondo i «liberali», invece, se l’importante è vincere mentre tutto il resto è sacrificabile, allora siamo nuovamente di fronte a uno slogan fondamentalista ripescato dal peggio della propaganda sovietica, cosa che, particolare non indifferente, non sembra impensierire molto l’opinione pubblica. Con voce impostata – si legge in uno di questi commenti – un ragazzino paffutello e piuttosto inverosimile se riportato al periodo bellico, definisce una bazzecola morire a 11 anni immolandosi per la patria.
Aleksandr Ul’janov, presidente del Consiglio dei veterani di Mosca e membro dell’Unione cineasti, aveva proprio l’età del piccolo attore quando andò coi partigiani. «Purtroppo non posso credere a quel che dice il protagonista. Non avrebbe potuto dire quelle parole, gliele hanno scritte e lui le ha ripetute senza capire quel che diceva… È inutile perpetuare la tradizione sovietica secondo cui i soldati si lanciavano all’attacco gridando con gioia “Per la patria! Per Stalin!”… Questo video mi ricorda la peggiore propaganda».
Daniil Gvozdev, presidente dell’Unione veterani «V», osserva che «uno Stato che ama e rispetta i propri cittadini non può considerare normale la guerra. Io ai miei tempi mi giustificavo dicendo che combattevo contro terroristi e banditi, e che se non li uccidevo io mi avrebbero ucciso loro. Ma questo video è uno spot a favore della guerra, assolutamente fuori luogo! La Grande guerra patriottica non ha bisogno di simili pubblicità, così come la nostra grande patria… La guerra non è una gara in cui devi dimostrare di essere tu a vincere e non il tuo avversario: è qualcosa che non si deve più ripetere».
Fra i primi a commentare il video, Tat’jana Krasnova su pravmir ha riportato le parole del nonno veterano, il quale diceva di aver combattuto anche perché alla nipote fossero evitati gli orrori della guerra. «È giusto ricordare e andar fieri, ma è necessario soprattutto raccontare che la guerra è la cosa più abominevole di tutti gli abomini inventati dall’umanità. Non è vero che morire non è terribile: la morte di qualsiasi persona è una tragedia, è un intero universo che va perduto, vengono meno la felicità, l’amore, la speranza. Certo, è importante aver vinto, ma non mentite ai vostri bambini, insegnate loro a difendere la pace».
«A differenza del ragazzino dello spot, chi combatteva desiderava la vita», ha ricordato sullo stesso portale un sacerdote ortodosso.
Angelo Bonaguro
È ricercatore presso la Fondazione Russia Cristiana, dove si occupa in modo particolare della storia del dissenso dei paesi centro-europei.
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