
27 Giugno 2025
«Vivere senza menzogna»: incontri attorno a una mostra
Un vecchio libro, «Arcipelago GULag», uscito 50 anni fa, una vecchia mostra che risale al 2008, sono stati fonte di grande novità e stupore. La voce di un autentico testimone come Aleksandr Solženicyn supera le barriere del tempo e dello spazio.
Dal 24 marzo al 4 aprile 2025, presso il Centro Polifunzionale Studenti dell’Università «Aldo Moro» di Bari, si è svolta la mostra «Vivere senza menzogna: A. Solženicyn», a cura del Centro Interculturale Ponte ad Oriente di Bari. La mostra, presentata a livello cittadino, ha avuto circa 1000 visitatori ed era parte essenziale di un PCTO (attività formativa per gli studenti delle superiori) proposto a cinque scuole dell’hinterland barese, articolato in tre webinar formativi a carattere storico-letterario seguiti da vari incontri con le classi per la proposta dei contenuti, l’allestimento, la verifica attraverso un laboratorio di diario visivo e un’assemblea finale.
Motivazione della scelta di questa mostra, realizzata dalla Fondazione Russia Cristiana e presentata al Meeting di Rimini nel 2008, era la celebrazione dei 50 anni dalla pubblicazione di Arcipelago GULag. A dimostrazione di come un testimone di verità sia in grado di smuovere i cuori sono stati l’immenso lavorio – vero e proprio cantiere – che un gruppetto di persone «diversamente giovani» ha promosso e realizzato con molti studenti e la risposta, appassionata quanto imprevedibile, di tanti ragazzi e volontari che si sono avvicendati nella presentazione della mostra.
L’incontro come metodo
A documentare quanto accaduto cito alcune annotazioni scritte sul libro dei commenti alla mostra e vicende raccontate dai volontari. Scrive Marianna a chi le chiedeva che impressione le avessero fatto la mostra e il lavorare con noi: «Ho fatto esperienza di un “autentico incontro”. Spesso le nostre esistenze non ci permettono di soffermarci adeguatamente sulla valenza degli incontri, essendo un semplice crocevia di persone che entrano ed escono freneticamente dalle nostre vite senza aprire mai davvero delle porte interiori.
Quando un incontro reale avviene si scoprono invece affinità impensate con il prossimo, quasi remote, ci accorgiamo che esistevano da sempre e semplicemente le abbiamo riscoperte. Ritrovarsi (o meglio «incontrarsi») alle stesse profondità è raro. Tuttavia quando avviene, il possibile accade davanti ai nostri occhi e al nostro cuore. Tutto inizia ad acquistare un senso e ci facciamo piccoli per accogliere il dono dell’incontro finalmente avvenuto che, come un seme, ci è stato posto davanti al fine di essere custodito e poter germogliare».
Alessio, 5° liceo, racconta il suo percorso di crescita nell’avventura della mostra, che lo ha portato a sentire stupore e curiosità per qualcosa che non conosceva, questo periodo storico non viene infatti affrontato nei programmi scolastici. Ma ha aggiunto che è stata proprio lo stupore a determinare la voglia di conoscere.
«Come può l’uomo restare sé stesso quando tutto cospira a distruggerlo? Solženicyn ci mostra che la vera resistenza non è quella armata, ma quella nascosta nel cuore, nella capacità di non cedere alla menzogna. La vera grandezza è rimanere fedeli a sé stessi. La frase “la linea che separa il bene dal male attraversa il cuore di ogni uomo” è inquietante, perché ci costringe a smettere di puntare il dito sugli altri e ci obbliga ad interrogare noi stessi. Esiste una bellezza possibile anche dentro l’orrore, e la dignità umana può riemergere anche dove tutto è stato tolto, infatti, come nell’episodio del muro costruito da Ivan Denisovič nel campo, non è tanto il contesto che dà valore a ciò che siamo, ma la coscienza con cui viviamo».
E si è domandato: «È possibile vivere senza fingere, senza nascondersi, anche quando il mondo spinge nella direzione opposta? È possibile costruire qualcosa di vero, anche partendo dalle macerie?».
La sua risposta era affermativa e piena di gratitudine perché la testimonianza di Solženicyn gli ha ricordato che la verità, prima ancora che una questione politica o filosofica, è una scelta personale, un lavoro quotidiano, un seme da custodire nel cuore.
Dario, giornalista, tra i promotori della mostra a Bari, vivacemente impegnato a diffonderla sui media, ha invitato tanti vecchi amici e docenti dei tempi universitari a visitarla e, grazie a questo, ha visto rinascere e approfondirsi dei rapporti ormai archiviati.
Dario suggeriva agli studenti presenti all’incontro di avere non una semplice curiosità ma di chiedersi «perché è accaduto? Perché ho vicino questo compagno di banco? Perché ho scelto di studiare la lingua russa? E, soprattutto, che cosa può rendermi veramente felice?».
Nella scia delle scoperte la stessa Marianna, neolaureata all’Accademia di Belle Arti di Bari, spiegando l’ultimo pannello esposto, con la preghiera di Solženicyn: «…Dammi quanto m’è necessario perché io continui a riflettere i Tuoi raggi. E per quello che non riesco a fare so che Tu hai destinato altri a compierlo», ha sussultato: «Siamo noi quelli destinati a compiere questa rivelazione al mondo!».
A proposito della menzogna, invece, del voler guardare solo una parte della realtà, è successo a me personalmente di incontrare Nicole, una studentessa del liceo pedagogico cui gli insegnanti avevano indicato di far da guida alla mostra. All’inizio sfoggiava un sorrisetto anonimo e irritante. Le ho suggerito di scegliere tre pannelli di una sezione e di esercitarsi a presentarli, io l’avrei raggiunta di lì a poco per ascoltarla.
Nicole non solo si è lasciata correggere ma ha voluto essere riascoltata quattro volte per poi fare un’ottima esposizione ai visitatori. E il suo sorriso è cambiato, è diventato pieno di gratitudine e di amicizia. Quello di prima serviva solo a camuffare imbarazzo e insicurezza! Davvero interessante: la sfida di Solženicyn toccava me nel pregiudizio e toccava lei nell’autostima.
Così Angelo, docente in pensione e volontario, ha raccolto la testimonianza di una ragazzina venuta a visitare la mostra con la sua classe. Era stata adottata da un orfanotrofio russo; ha raccontato di essere stata abbandonata dalla madre in una busta della spesa e di aver tuttavia deciso di studiare il russo per non dimenticare le proprie origini. Angelo commentava: «Molti del suo gruppo erano distratti, ma è valsa davvero la pena fare da guida anche solo per quella ragazza».
Da ultimo Lella, studiosa di Orientalismo, che doveva consegnare agli studenti gli attestati di frequenza al PCTO, prima della consegna ha raccontato che lei, nel ’68, studiava all’Università Cattolica a Milano ed era una di quelli che parteciparono al famoso rogo dei libri, perché quei libri non corrispondevano all’ansia di cambiamento che i giovani di quegli anni avevano. Dopo però ha capito quanto fosse importante studiare, non solo per prepararsi a un lavoro quanto per essere felici.
Certamente si potrebbero scrivere altri episodi e mille considerazioni ma, di sicuro, resta il fatto che l’incontro con un testimone come Solženicyn, e con la realtà dei volontari ha perturbato i cuori e le menti di tutti, ha aperto riflessioni, rapporti, amicizie che sostengono le domande più profonde, quelle che raramente si mettono a tema con altri e che hanno trovato nella mostra un grande spazio di ascolto e di condivisione, un luogo insomma dove accettare l’invito ad essere fedeli a sé stessi, a vivere senza menzogna.
(Per le immagini si ringrazia l’autrice)
Fiorella Caradonna Moscatelli
Medico anestesista. Socio fondatore del Centro Interculturale Ponte ad Oriente di Bari. Ha curato la mostra “La luce di San Nicola tra Oriente e Occidente”.
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