21 Aprile 2025

In memoria di don Paolo

Redazione

L’uomo è fatto per la vita, e la morte è sempre una tragedia, ma questa per un cristiano è solo una parte della verità perché Cristo è risorto.

La morte è sempre una tragedia, ma questa per un cristiano è solo una parte della verità perché, come cantiamo a Pasqua, «Cristo è risorto dai morti, con la morte ha calpestato la morte, ed ai morti nei sepolcri ha dato la vita».

Il dolore non è tolto, il dramma non è annullato ma il senso della vita si impone, perché il cristianesimo non è una serie di idee interessanti sull’uomo e sul mondo, ma la fede nel fatto che il Verbo di Dio si è fatto uomo, ha patito, è morto ed è risorto.

La vigilia di Pasqua è morto don Paolo Polesana (1980-2025), era nella sua parrocchia bergamasca di Borgo Santa Caterina dove esercitava la sua missione sacerdotale, ma la sua vita e la sua vocazione erano legate da sempre a Russia Cristiana e a padre Romano, la cui memoria coltivava e teneva viva per tutti noi.

Avremo occasione di ricordarlo più a lungo, ma morire alla vigilia di Pasqua ha tutto il senso di ciò che costituisce l’essenza della fede e della vita cristiana ed è questo che più di tutto importa oggi.

In questi anni, mentre cresceva la sua paternità per tutti noi, don Paolo aveva lavorato per la sua tesi di dottorato su Pavel Florenskij: ormai terminata e consegnata, attendeva soltanto la discussione e anche di questo avremo occasione di parlare ancora, ma anche il grande Florenskij non era per lui soltanto una serie di idee interessanti: ciò che contava, attraverso lo studio minuzioso e sempre curioso di cui don Paolo ha dato prova, era innanzitutto la vita.

Ieri una cara amica, suor Cecilia Benassi, che sta terminando a sua volta una tesi di dottorato su Florenskij, e con la quale don Paolo condivideva i passi del proprio lavoro, ha ricordato che lui le aveva detto di essere particolarmente colpito dal modo in cui Florenskij parlava della salvezza dell’anima. Questi sono i passi che suor Cecilia ci ha mandato:

«Le mani di qualcuno mi afferrarono con potenza mentre affogavo e mi gettarono lontano dall’abisso; la spinta fu improvvisa, potente. (…) Allora immediatamente mi sentii davanti alla faccia di Dio».

«Che io non resti solo senza di Te, datore di vita, mio respiro, mia vita, mia gioia, mia salvezza”, cioè che io non resti fuori della Vita, del Respiro e del Gaudio».

«Ma prego Te, Dio nostro, eterno agricoltore: disperdi la pula delle mie opere col soffio del tuo cuore misericordioso e di’ all’anima mia di raccogliere il grano nei tuoi celesti granai, e salvami».

Davvero la nostra fede non è vana.


(foto d’apertura: fermo immagine, youtube)

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