10 Maggio 2025

Il vizietto di zittire le radio

Angelo Bonaguro

Ci avevano provato Nixon e Clinton, oggi la nuova amministrazione americana: togliere i fondi a Radio Free Europe, che per 40 anni ha costituito un punto di riferimento per milioni di ascoltatori in tutto il blocco orientale, in balia della propaganda di regime. Una radio che si è adattata ai cambiamenti mantenendo fede alla sua mission originaria di offrire informazione corretta e senza censure.

All’inizio degli anni ’50, nel periodo più teso della Guerra Fredda, prese vita un’iniziativa destinata a lasciare un segno nella storia radiofonica e politica del XX secolo: la nascita di Radio Free Europe (RFE), cui si affiancò successivamente Radio Svoboda (e, dal 2014, il canale tv e internet Current time  – Nastojaščee Vremja). Nata nel 1949 come un progetto della CIA e sostenuto da eminenti figure del mondo politico-culturale statunitense, RFE non fu semplicemente una stazione radio, ma un vero e proprio strumento di politica estera, non in un senso banalmente propagandistico ma concepito per promuovere i valori e le istituzioni democratiche attraverso la diffusione di informazioni veritiere e idee libere rilanciate nei paesi del blocco sovietico.

La genesi di RFE si colloca nel contesto della rapida espansione dell’influenza comunista in Europa orientale nell’immediato dopoguerra, e della necessità percepita dagli Stati Uniti di contrastare la propaganda sovietica con una narrazione alternativa, fondata sui principi di libertà di pensiero e corretta informazione. Questo richiamo ai valori democratici non era meramente retorico ma incarnava una sincera convinzione, e produsse risultati tangibili nel corso degli anni, offrendo sostegno ai movimenti del dissenso, e contribuendo in modo significativo al successivo instaurarsi di regimi democratici nell’Europa post-comunista, come hanno testimoniato figure di spicco quali Václav Havel, Lech Wałęsa e persino un «avversario politico» come Michail Gorbačev, il quale in occasione dell’anniversario di Radio Liberty celebrato a Mosca lodò il contributo che aveva portato alla cultura russa e al sostegno della perestrojka.

Alcuni personaggi ebbero un ruolo determinante nella creazione e nello sviluppo di RFE, come Allen Dulles, un veterano dell’intelligence americana e figura centrale fin dalle prime fasi; tra i principali promotori si distinsero anche George Kennan (Dipartimento di Stato) e Frank Wisner (Ufficio per il coordinamento politico). La loro visione strategica si basava sulla convinzione di poter sfruttare il potenziale degli emigrati dal blocco socialista per sostenere la politica estera americana nel periodo immediatamente successivo alla Seconda guerra mondiale.

Nel complesso scenario internazionale di allora, RFE era destinata a diventare il braccio operativo della «guerra psicologica», trasmettendo notizie e informazioni non censurate al pubblico vastissimo che viveva oltrecortina.

Inizialmente, la CIA aveva esercitato un’influenza diretta sulla radio, dettando le linee guida generali e intervenendo quotidianamente nella selezione delle notizie: la strategia iniziale mirava a presentare il comunismo come una forma dell’imperialismo russo, facendo leva sui timori e sui risentimenti storici presenti nei paesi dell’Est finiti nell’orbita moscovita.

Il quartier generale di RFE fu strategicamente stabilito a Monaco di Baviera, una città che all’epoca rappresentava un importante centro di emigrazione dall’Europa orientale, una metropoli dove era più semplice entrare in contatto con gli esuli, e soprattutto era molto vicina al blocco sovietico. Il 4 luglio 1950 andò in onda il primo programma a onde corte, indirizzato verso la Cecoslovacchia.

Il successo riscontrato da Radio Free Europe spinse la CIA a considerare l’opportunità di estendere un’analoga strategia all’interno dell’Unione Sovietica. Nacque così l’American Committee for the Liberation of the Peoples of Russia che, in linea con l’approccio adottato da RFE, cercava di fare appello ai sentimenti nazionali dei popoli dell’URSS, contrapponendoli alle politiche centraliste del sistema sovietico. Strumento fondamentale del comitato fu la creazione di Radio Osvoboždenie («liberazione»), che iniziò le sue trasmissioni in lingua russa da Lampertheim, cittadina dell’Assia, il 1° marzo 1953, a pochi giorni dalla morte di Stalin, evento che contribuì in modo significativo a far crescere rapidamente l’audience della radio che a fine ’53 trasmetteva in ben 17 lingue dei popoli dell’URSS.

Nel 1959, a seguito di un importante cambio di strategia, fu ribattezzata Radio Svoboda (o Radio Liberty), spostando l’attenzione della sua attività sulla promozione delle libertà politiche e dei diritti umani.

Un momento cruciale nella storia di queste emittenti fu il 1971, quando il ruolo della CIA come principale finanziatore divenne di dominio pubblico, una rivelazione che, seguita da lunghe discussioni al Congresso, portò a una significativa riorganizzazione culminata nel ’73, quando le due radio furono unite in una singola entità e registrate come organizzazione non-profit ufficialmente finanziata dal bilancio federale degli Stati Uniti. La denominazione divenne Radio Free Europe/Radio Liberty (RFE/RL), anche se in URSS rimase universalmente nota come Radio Svoboda.

Il vizietto di zittire le radio

Sistema di disturbo «Malaja Zarja», regione di Chabarovsk. (https://urban3p.ru)

La forza sovversiva della verità

Il punto di forza di RFE/RL risiedeva nella politica editoriale, che promuoveva il confronto culturale più di quello politico, anche negli anni più tesi della Guerra Fredda. I programmi offrivano un’informazione obiettiva e professionale, rappresentando una valida alternativa ai media governativi. A differenza di altre emittenti occidentali, la radio forniva anche notizie locali non coperte dai media comunisti, dimostrando di possedere una vasta e capillare rete di collaboratori in tutto l’Est.

La filosofia che animò la creazione e l’operato di RFE era sintetizzata dal motto «la miglior propaganda è evitarla»:

l’emittente, infatti, non si concentrava su denunce dirette e veementi del comunismo, ma piuttosto sulla presentazione di un’immagine attraente dell’Occidente, fondata sui valori di libertà e benessere, e sulla rivelazione implicita della natura oppressiva del regime comunista attraverso la semplice narrazione dei fatti e la diffusione di contenuti culturali censurati. Questa strategia si rivelò particolarmente efficace nel lungo periodo, contribuendo ad erodere la credibilità della propaganda del Cremlino e a nutrire nel pubblico il desiderio di libertà e democrazia.

Mantenere l’alta qualità dei programmi, in linea con scopi «elevati», richiedeva un impegno notevole e costante, perciò i collaboratori di RFE/RL monitoravano attentamente i media comunisti, intervistavano viaggiatori e rifugiati politici, raccoglievano informazioni dagli oppositori del regime ed erano in contatto con i corrispondenti occidentali presenti oltrecortina. Le analisi offerte erano considerate da molti osservatori occidentali come fonti di informazioni affidabili, tanto che le stesse autorità comuniste si affidavano alle trascrizioni delle trasmissioni per ottenere informazioni non disponibili sui media ufficiali. Esempi emblematici includono la rivolta in Ungheria del 1956, la crisi di Berlino del 1961 e la Primavera di Praga del 1968. La tempestività e l’accuratezza delle informazioni diffuse da RFE/RL offrivano agli ascoltatori oltrecortina una prospettiva alternativa e veritiera su eventi che venivano distorti o ignorati dai media ufficiali.

Peck, Il vizietto di zittire le radio

G. Peck durante uno spot audio di promozione di Radio Free Europe, 1953. (wiki)

La programmazione copriva una vasta gamma di argomenti, dalla scienza allo sport, dalla musica alla letteratura, con particolare attenzione a ciò che era messo all’indice oltrecortina. Alcuni temi, come la religione, erano trattati con grande competenza, come dimostra l’apprezzata trasmissione settimanale tenuta negli anni ’60 e ’70 dal teologo ortodosso padre Aleksandr Šmeman. La fascia di ascolto era infatti molto ampia, estendendosi dalle élite comuniste al resto della popolazione. Altrettanto importante era la possibilità di ascoltare le voci del dissenso censurate dal regime, come quella del fisico e difensore dei diritti umani Andrej Sacharov, oppure brani degli scritti di Solženicyn, o ancora informazioni cruciali su episodi storici che non rientravano nella narrazione ufficiale sovietica, come le rivolte di Kronštadt (1921) e Tambov (1920) e la carestia indotta in Ucraina e Kazachstan (1930-33), offrendo in questo modo una comprensione del passato più completa e veritiera.

Fu soprattutto con la sottoscrizione – da parte anche del blocco orientale – dell’Atto finale della Conferenza di Helsinki nel 1975, che RFE-RL divenne una potente cassa di risonanza per la cultura indipendente.

Nell’89 il premio Nobel polacco Lech Wałęsa riconobbe il ruolo fondamentale svolto dalla radio in Polonia durante la lotta per la democrazia e, in una lettera in occasione del 40° anniversario del servizio polacco, scrisse: «Quando in Polonia è emersa un’opposizione democratica, RFE ci ha accompagnato in ogni momento, durante l’esplosione dell’agosto 1980, poi durante i giorni infelici del dicembre 1981 e in tutti i mesi successivi. Era la nostra stazione radio, ma non si limitava a questo: presentando opere che stavano sulla “lista rossa della censura”, era il nostro ministero della cultura. Denunciando l’assurdità delle politiche economiche, era il nostro ministero dell’Economia. Reagendo con tempestività e pertinenza, era il nostro ministero dell’informazione».

Anche il drammaturgo Václav Havel – che nel ’95 da presidente ceco offrì a RFE-RL nuovi spazi dove potersi trasferire – aveva un legame profondo con la radio, avendovi collaborato come «libero professionista non retribuito» e avendo riconosciuto pubblicamente il ruolo cruciale delle trasmissioni nel sostenere il dissenso e, personalmente, nel fornire informazioni sulla sua situazione quando era finito in carcere.

Lo staff della radio si avvaleva della collaborazione di importanti intellettuali sovietici espulsi o emigrati, come gli scrittori e saggisti Mark Popovskij, Solomon Volkov, Sergej Dovlatov e Ljudmila Alekseeva, e in questo modo poteva arricchire ulteriormente la qualità e la profondità dei programmi, prodotti principalmente a Monaco e trasmessi a onde corte e medie da diverse località europee e, fino agli anni ’70, da Taiwan. Gli intellettuali espatriati trovarono in queste emittenti non solo una fonte di sussistenza, ma anche un’opportunità per continuare la loro opera letteraria e culturale, e la radio divenne un vero e proprio ponte culturale tra gli esuli e la madrepatria, raggiungendo un vasto pubblico che altrimenti non avrebbe avuto accesso alle loro voci.

L’URSS e i suoi satelliti tentarono con ogni mezzo di disturbare le trasmissioni con offensive tecniche, spionistiche, diplomatiche e propagandistiche, presentando RFE come uno strumento di «diversione ideologica» e spionaggio, e gli esuli come traditori. Il KGB e i servizi segreti del Patto di Varsavia tentarono più volte di infiltrarsi nello staff e di eliminare gli informatori, ricorrendo talvolta anche alla violenza, come nel caso dell’assassinio, nel 1978, del corrispondente del servizio bulgaro Georgi Markov a Londra, o della bomba piazzata nell’81 nella sede di Monaco, attentato orchestrato dal terrorista «Carlos» su richiesta rumena, che ferì 6 persone e causò danni ingenti. Ciononostante, quelle che erano considerate «voci nemiche» riuscirono a superare le interferenze, e il loro ascolto divenne una pratica abituale per milioni di cittadini sovietici e del blocco orientale.

Il vizietto di zittire le radio

Uffici della sede di Monaco nel 1994. (wiki)

La Radio in tempi di pace

Con il crollo del comunismo e la dissoluzione dell’Unione Sovietica, alcuni osservatori ritennero che la missione di queste radio fosse terminata. Tuttavia, molti ex dissidenti divenuti in quei primi anni ’90 leader dell’Europa centro-orientale, sottolinearono con forza la persistente necessità di continuare a disporre di informazioni precise e trasmissioni obiettive durante la delicata fase di transizione verso sistemi democratici. Dal 1989 RFE/RL intraprese un processo di trasformazione, aprendo uffici nelle varie regioni per cui trasmetteva, con l’obiettivo di formare giornalisti locali e condividere la propria esperienza nel campo dell’informazione indipendente. Nel 1995, a causa di tagli ai finanziamenti che rendevano proibitivo il lavoro nella storica sede di Monaco di Baviera, RFE/RL trasferì il proprio centro di trasmissione a Praga su invito del presidente Havel.

Da quegli anni la missione originaria della radio nei confronti dell’Europa orientale è gradualmente venuta meno e, con la stabilizzazione dei nuovi governi democratici, ha portato alla chiusura di diversi uffici e alla cessazione di alcune trasmissioni. Tuttavia, RFE/RL ha saputo adattarsi ai mutamenti geopolitici e tecnologici, aprendo nuovi orizzonti digitali e rivolgendo la sua attenzione a nuove regioni, come ad esempio il Medio Oriente e il Caucaso. Oggi trasmette in 27 lingue e 23 paesi.

Nel corso della sua storia RFE/RL ha rischiato la chiusura più volte: prima nel 1968 durante la presidenza Nixon, per motivi di bilancio e «nel tentativo di determinare quale contropartita si sarebbe potuta ottenere dall’URSS e/o dai governi della Germania Ovest» qualora la si fosse chiusa, ma non se ne fece nulla poiché non furono ottenuti i risultati sperati. Anni dopo, fu il senatore J. W. Fulbright a intervenire definendo le emittenti un «anacronismo»; le critiche sue e di altri senatori spinsero l’amministrazione Nixon a istituire una commissione, il cui risultato provocò la fine del finanziamento della CIA, la fusione delle due radio e la creazione di un organo di controllo bipartisan. Con la fine della Guerra Fredda, il presidente Clinton propose sia di ridurre i finanziamenti all’emittente governativa Voice of America, sia di eliminare quelli destinati a RFE/RL, ma l’approvazione dell’International Broadcasting Act del 1994 – che portò tutte le emittenti statunitensi sotto un unico organo di controllo, – la salvò nuovamente dalla chiusura.

Quest’anno la riduzione di numerose agenzie federali operata dalla nuova amministrazione Trump ha colpito anche l’Agenzia per i media globali (USAGM) la quale ha ingiunto a RFE/RL la cessazione di tutte le attività e il rimborso dei fondi non utilizzati, suscitando scalpore e critiche, dato anche il contesto internazionale caratterizzato dalla forte diffusione di propaganda e disinformazione da parte di paesi come Cina e Russia.

Il presidente e CEO di RFE/RL, Stephen Capus, ha dichiarato che «questo non è il momento di cedere terreno alla propaganda e alla censura degli avversari dell’America» e si è detto convinto che la legge sia dalla loro parte, aggiungendo che è prematuro che i despoti di tutto il mondo brindino alla scomparsa dell’emittente. La radio non ha perso tempo a citare in giudizio l’USAGM e i relativi responsabili, sostenendo che il mancato finanziamento da parte del Congresso (circa 153 milioni di dollari), previsto dalle leggi federali, violerebbe la Costituzione. In attesa della decisione dei giudici, l’USAGM si è impegnata a concedere a RFE/RL una parte dei fondi stanziati. La controversia è ancora in corso, fa ben sperare il fatto che il 25 marzo la Corte distrettuale di Washington ha accolto la causa di RFE/RL, intimando all’USAGM di fermare le procedure in atto e di erogare immediatamente i fondi stanziati dal Congresso per il mese di aprile. A livello internazionale, su iniziativa ceca i politici di diversi paesi dell’Unione Europea hanno valutato la possibilità di sostenere il network, che però è già stato costretto a mandare alcuni dipendenti in congedo parzialmente retribuito, a cessare le trasmissioni radio in onde medie del servizio russo di Radio Svoboda e a chiudere il canale bielorusso di Nastojaščee Vremja.

RFE, sede Praga

La sede attuale di Praga. (Skot, wiki)

Un’eredità per il presente

La storia di RFE/RL è una testimonianza evidente del ruolo cruciale che l’informazione libera e indipendente può svolgere nella lotta contro l’oppressione, e per la promozione della democrazia e dei diritti umani. Ha saputo evolversi e adattarsi ai cambiamenti geopolitici, mantenendo sempre fede alla sua mission originaria di offrire informazione corretta e non censurata come principale strumento di contrasto a ogni forma di totalitarismo. Non ha contrapposto ideologia a ideologia, ma ha scelto di presentare i fatti, fidandosi della capacità critica degli ascoltatori.

Mentre i regimi totalitari sostituivano la realtà con narrazioni, RFE/RL forniva gli strumenti per elaborare un pensiero autonomo, come hanno testimoniato Havel e Wałęsa: l’accesso a informazioni verificate permetteva di riappropriarsi della propria capacità di giudizio e dignità intellettuale.

L’approccio di RFE/RL rappresenta ancor oggi il contrario della strategia comunicativa delle moderne fabbriche di troll: mentre la radio scommetteva (e scommette) sulla forza della verità, la disinformazione mira a rendere impossibile distinguere tra vero e falso. I troll non cercano di convincere ma di confondere, corrodendo la fiducia nella possibilità stessa di una verità condivisa. La risposta a questa strategia non sta nella costruzione di contro-narrazioni ideologiche, ma nel riaffermare la centralità del metodo giornalistico fondato su verifica e rigore, esattamente il modo in cui RFE/RL ha operato.

Per questo la minaccia di chiusura che oggi incombe appare paradossale, proprio nel momento in cui si affrontano sfide epocali sul terreno dell’informazione. Liquidarla senza tener conto della sua storia e delle sue potenzialità sarebbe una sconfitta per tutti.


(Foto d’apertura: VitVit, wikipedia)

Angelo Bonaguro

È ricercatore presso la Fondazione Russia Cristiana, dove si occupa in modo particolare della storia del dissenso dei paesi centro-europei.

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