16 Aprile 2021
Giovani cristiani e musulmani si sono incontrati a Mosca
Un incontro tra giovani cristiani e musulmani, a Mosca. È nato dalla stima tra alcuni adulti delle diverse religioni, nella convinzione che la vera contrapposizione oggi non è più tra le diverse religioni, ma tra l’uomo immanente e autosufficiente, e le culture religiose.
Sulla scia delle risonanze e degli entusiasmi provocati dalla presentazione della traduzione russa dell’enciclica di papa Francesco Fratelli Tutti, a un gruppo di giovani musulmani di Mosca è venuto il desiderio di incontrare i loro coetanei cattolici, protestanti, ortodossi ed ebrei in una giornata di dialogo interreligioso. Ne è nato un lavoro che coinvolge membri di diverse tradizioni religiose e culmina in un forum, di fatto il primo organizzato «dal basso», ossia da un’iniziativa dei credenti che frequentano le varie comunità.
Così, lo scorso 7 aprile, nella sala conferenze della Grande Moschea di Mosca, un gruppo di giovani, tra cui una delegazione cattolica, si è riunito nel primo Forum interreligioso dei giovani dal titolo La concordia dei diversi: in cammino verso una cooperazione interreligiosa e intergenerazionale.
Nelle due sessioni di lavoro, i relatori hanno esposto in breve, a una platea di circa una cinquantina di persone, la propria esperienza come insegnante, ricercatore, artista, credente. «Il Forum – spiegano infatti gli organizzatori nel comunicato-stampa – voleva essere una piattaforma per un proficuo dialogo e scambio di esperienze di giovani russi occupati a vari livelli nel campo delle relazioni interreligiose nello spazio interculturale della Russia». «Perché i giovani infatti sono la parte più dinamica della società, contraddistinta da spirito d’iniziativa, apertura, idee e innovazione» – ha esordito a tal proposito il mufti Ravil Gainutdin nel suo messaggio di saluto ai partecipanti.
Nel corso della giornata inoltre, è stato possibile visitare nella hall dell’edificio la versione russa della mostra Francesco e il Sultano dedicata all’800esimo anniversario dell’incontro di san Francesco col sultano Al-Malik Al-Kamil, e presentata nel 2019 a Rimini, al Meeting per l’Amicizia fra i popoli.
«Nella storia ci sono stati degli incontri che si sono rivelati profetici – ricorda Jean-François Thiry direttore del Centro culturale Pokrovskie Vorota, partner dell’iniziativa – uno di questi è avvenuto ottocento anni fa in Egitto: nonostante l’opposizione di tutti, Francesco e il sultano hanno deciso che era meglio incontrarsi». Nessuno dei due dopo il dialogo ha abbandonato la propria fede per convertirsi a quella dell’altro, eppure proprio l’esperienza religiosa di entrambi, seppur diversa, si è rivelata il punto di aggancio per una discussione all’insegna della stima reciproca. In quest’ottica, i giovani partecipanti al forum sono chiamati a un «coraggioso pluralismo» che, pur nella comprensione vicendevole, non riduce una tradizione religiosa a un’altra e non rinuncia ai propri punti di riferimento inconfutabili. Come peraltro ricorda uno dei pannelli della mostra citando Benedetto XVI, «la vera contrapposizione che caratterizza il mondo di oggi non è quella tra diverse culture religiose, ma quella tra la radicale emancipazione dell’uomo da Dio e dalle radici della vita da una parte, e le grandi culture religiose dall’altra».
Queste ultime d’altra parte, come invece ricorda papa Francesco, sono chiamate a vivere «sotto il segno della convivialità, dell’amicizia e, ancor più, della fraternità». I continui appelli che il papa riserva al tema della fratellanza universale, perché gli uomini «convivano come fratelli tra di loro» (come sottolineato più volte nel corso della giornata), costituiscono un serio richiamo anche per i giovani russi.
Gli interventi al Forum
Proprio sul tema della fratellanza, monsignor Paolo Pezzi, nel suo messaggio di saluto ai partecipanti, ricorda come essa «non è una qualche ideologia o utopia, ma la possibilità di posare sull’altro uno sguardo nuovo». E nella stessa direzione si rivolge il primo intervento della sessione, pronunciato dall’imam Izmajlov Riašitovič, prorettore per la didattica presso l’istituto di studi islamici.
«Insegno una disciplina che si chiama storia della religione – ha spiegato – e mi accorgo che è molto facile rivolgere alle altre religioni uno sguardo distorto, non oggettivo, attento semplicemente a rintracciarne i limiti. Dovremmo invece studiarle non come noi vorremmo capirle, ma come gli stessi credenti le vivono».
Conoscere l’altro, dunque, è un lavoro che oltre al cervello deve coinvolgere il cuore; che oltre a una componente intellettuale ha bisogno di giocarne una affettiva. «Se il Corano recita che Dio ha creato gli uomini diversi, perché potessero conoscersi gli uni gli altri – aggiunge a tal proposito l’imam Isliamov Vafovič, prorettore per la ricerca scientifica dell’istituto, – tale conoscenza non può essere asettica. Non basta conoscere le pratiche e le strutture religiose delle altre tradizioni: se non ci si interroga su che cosa pensa l’altro, su quello che vive nell’anima, non possiamo conoscerlo davvero».
Inoltre, dal tentativo di immedesimarsi nell’esperienza, nelle domande, nel vissuto dell’altro, nasce anche l’opportunità di scovare qualcosa per sé. È il caso del racconto di Ekaterina Khan, giovanissima insegnante di filosofia che dopo aver spiegato a lezione la «scommessa di Pascal», il celebre argomento sull’esistenza di Dio e sui motivi per cui vale la pena credere piuttosto che non credere, ha chiesto ai suoi studenti di commentarlo, e ha letto con sorpresa la risposta di uno di loro. «Questo studente – racconta – all’inizio non capiva il senso di un corso di filosofia: sono già musulmano, studio ingegneria, a cosa mi serve leggere un pensatore cristiano come Pascal? Eppure – aggiunge, – i suoi sono interrogativi veri e argomenti universali. Hanno rafforzato la mia fede, sulla quale prima non mi ero mai veramente interrogato e che forse davo per scontata». Inoltre, anche per quanto riguarda le pratiche religiose, è possibile attingere in qualche modo all’esperienza dell’altro.
L’imam Izmajlov ricorda ad esempio come nel mondo protestante i testi biblici vengono letti dai credenti ogni giorno, spesso anche in famiglia, e come anche nell’islam c’è l’indicazione di farlo ma spesso la frenesia della vita quotidiana lo impedisce. O come il mondo cristiano è impegnato in innumerevoli opere di carità aperte a tutti, che talvolta nell’esperienza dell’islam rimangono confinate al solo mondo islamico.
Anche l’arte e il teatro, o i social e la tecnologia, possono diventare luoghi preziosi dove condividere la propria esperienza di fede. Così, ad esempio, la museologa Sofia Charitonova ha raccontato della mostra dal titolo «8 giorni» dedicata alla Creazione e allestita nella chiesa luterana dei santi Pietro e Paolo grazie alla collaborazione di artisti di diverse confessioni religiose, mentre il blogger ortodosso Maksim Medvedev ha illustrato il suo progetto «Orthodox House» nato su Instagram che ha saputo radunare sul web credenti di tutto il mondo.
Eppure, in questo panorama c’è un rischio, ed è stato in particolare il giovane fisico cattolico Oleg Kotov a sottolinearlo. È molto facile fare dell’unità, dell’incontro, o ancor peggio di Dio, un idolo. «Se il Dio vivente si svela innanzitutto come mistero e noi lo rendiamo un surrogato o un costrutto ideologico (dogmatico, sociopolitico, filosofico) – spiega Kotov – finiamo in tragedia: questo Dio infatti non esiste. L’unità non è qualcosa che possiamo pensare da soli, altrimenti scivoliamo nell’ideologia».
Per scongiurare la tentazione di creare l’ideologia dell’unità, possono venirci in soccorso una volta di più Francesco e il Sultano. Il loro incontro è stato innanzitutto fra due umanità rinnovate dalla fede, da un’esperienza religiosa viva, dalla sequela di quella chiamata che – come ricorda nel suo intervento Anna Zueva professoressa dell’Università Ortodossa San Tichon – è innanzitutto una chiamata all’amicizia con Dio, alla relazione con Lui.
In altre parole, il cammino verso la cooperazione interreligiosa auspicata dal titolo del forum è possibile in primo luogo approfondendo l’amicizia con colui che solo può generare la fratellanza e l’unità. A questo cammino – come ricorda padre Stefan, segretario della conferenza episcopale dell’arcidiocesi cattolica della Madre di Dio – non può esservi fine. Esso si rigenera perché interminabile è l’approfondimento della relazione con Dio, fonte inesauribile di quella creatività in grado di generare le iniziative più belle e le umanità più attraenti. «Mi ha colpito proprio la componente umana della vicenda – spiega una giovane musulmana dopo aver visitato la mostra – che cosa deve aver sentito nel suo cuore Francesco per scegliere di incontrare il sultano, e per decidere molti anni prima di lasciare la sua famiglia e la sua carriera di cavaliere? L’uomo contemporaneo non si trova in quella stessa situazione storica, ma anche noi ogni giorno siamo chiamati a fare scelte morali».
Se, come ci hanno testimoniato a più riprese gli interventi del forum, l’incontro avviene innanzitutto con un’esperienza concreta, con l’umanità, con la storia, con il vissuto dell’altro, allora c’è da augurarsi che anche chi incontrerà ognuno di noi possa intravedere quel bagliore di un’umanità nuova.
Il Comitato Organizzatore ha annunciato l’intenzione di rendere il forum dei giovani un appuntamento annuale e di creare nel frattempo nuove occasioni reali e virtuali di lavoro e riflessione.
Carlotta Dorigo
Nata a Portogruaro (VE) nel 1994, nel marzo 2019 ha conseguito la laurea magistrale in Scienze filosofiche presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, discutendo una tesi sulle implicazioni etiche e religiose del pensiero politico di Robespierre.
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