21 Dicembre 2020
Polonia: l’aborto divide società e Chiesa
Dal 23 ottobre scorso, dopo la sentenza con cui la Corte costituzionale ha vietato l’aborto in caso di patologie gravi e malformazioni dell’embrione, il paese è stato percorso da un’ondata di proteste di massa, nonostante i casi di covid-19 abbiano superato il milione.
Nelle dure proteste polacche, alla fine c’è andata di mezzo anche la cattedrale dell’Assunta di Płock, una delle chiese più antiche della Polonia, distrutta nel medioevo prima dai prussiani e poi dai lituani, e trasformata in deposito dai nazisti. Durante le manifestazioni delle scorse settimane, la scritta «Inferno delle donne» – riferita alla Chiesa – è apparsa nottetempo sui muri esterni dell’edificio, accompagnata dalla runa sig (una esse stilizzata a mo’ di lampo), simbolo controverso in quanto fu utilizzato da varie organizzazioni del Terzo Reich.
Quello di Płock – dove già l’anno scorso era stata profanata l’immagine della Vergine da sostenitori lgbt – è solo uno degli atti di vandalismo che hanno colpito decine di edifici sacri, cui si sono aggiunte una ventina di incursioni di manifestanti durante le celebrazioni liturgiche, come accaduto nella cattedrale di Poznań. Per questo in alcune città sono state organizzate ronde di fedeli: «Dobbiamo difendere i valori cristiani e, soprattutto, difendere i luoghi sacri della cristianità». Sentire un’affermazione del genere nella Polonia «tradizionalmente» cattolica e tanto più post-comunista, fa un certo effetto.
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Angelo Bonaguro
È ricercatore presso la Fondazione Russia Cristiana, dove si occupa in modo particolare della storia del dissenso dei paesi centro-europei.
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