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14 Gennaio 2019
Il comunismo russo è veramente finito?
In Russia si è stabilita una vera democrazia? Assolutamente no, rispondeva Aleksandr Solženicyn vent’anni fa. La sua analisi lucidissima spiega molto della situazione attuale. Alcune opinioni rilasciate nel Vermont all’intervistatore Stanislav Govoruchin.
Solženicyn: Come ho già detto, il comunismo non è scomparso in modo definitivo. È venuto giù il livello superiore, ma quello medio è rimasto saldo al suo posto. Moltissimi membri della nomenklatura – moltissimi! – si sono dichiarati democratici, a quanto pare lo sono sempre stati! Ed ecco, adesso ricevo una montagna di lettere – riesco a malapena a leggerle, e a rispondere ad alcune – in cui mi scrivono che negli stessi uffici, proprio gli stessi, siedono esattamente i medesimi ceffi di prima, solo con una targa diversa sulla porta. Significa che la nomenklatura ha saputo riciclarsi bene in questa nuova condizione sociale e statale.
C’è anche un’altra grande forza che ha saputo approfittare di questa occasione, di questo temporaneo accesso a un nuovo ordine, sono gli squali del sottosuolo finanziario, che mi vergogno a chiamare «imprenditori», – e non inizierò ora a chiamarli così. Non hanno ancora creato nessuna impresa, non hanno apportato nessun vantaggio reale alla Russia.
Govoruchin: Venditori di fumo…
Solženicyn: Sì, venditori di fumo, venditori che dai soldi fanno altri soldi. Hanno arraffato qualche bene statale, lo hanno rivenduto con profitto a qualcun altro, hanno comprato ancora, poi hanno venduto… Milionari!
Govoruchin: Una persona molto arguta una volta ha chiamato questi imprenditori «intermediari tra il lavoratore e le sue tasche».
Solženicyn: Sì, è così. E cosa ne è venuto fuori? Primo, hanno avuto accesso, come forza molto influente, agli ingranaggi del potere – nel senso che sono loro a decidere che direzione devono prendere le nostre vite. Secondo: è iniziata una fusione tra questi affaristi e la nomenklatura, perché i membri più svegli della nomenklatura, soprattutto quelli che devono riciclare i soldi del partito, si sono rivolti subito a loro. Una classe dirigente nata dall’unione di queste due forze ci opprimerà non per 70, ma per 170 anni, non ce ne libereremo più.
E non bisogna dimenticare che, grazie a tutto ciò, si è conservata la struttura del KGB. Mi viene da ridere quando dicono che non c’è più il KGB. Gli hanno dato appena un filo di trucco, ma è ancora qui, in questo nuovo ordine politico-sociale, con la sua grande forza, il suo imponente apparato, con le sue ramificazioni che si insinuano in ogni dove. E il tutto, ricoperto da un’aura democratica. Ecco dunque com’è composto oggi il nostro ordinamento politico-sociale: una mescolanza di nomenklatura, squali della finanza, finti democratici un po’ ripuliti, e quelli del KGB. E come chiamare tutto ciò? Di certo non la chiamo democrazia, è uno sporco ibrido, di cui non si hanno altri esempi nella storia. Uno sporco ibrido, che chissà quali sviluppi avrà.
Aleksandr Solženicyn
Aleksandr Solženicyn (1918-2008), scrittore e pensatore russo, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1970,
una delle figure più imponenti nel panorama del dissenso. Con libri come Una giornata di Ivan Denisovič e Arcipelago GULag fece conoscere al mondo e ai suoi connazionali la dura realtà dei campi concentrazionari sovietici, contribuendo indirettamente alla caduta del regime.