10 Marzo 2016
In ricordo di Giovanni Bensi
Ricordiamo uno dei primi laici che hanno collaborato con padre Scalfi nell’impresa di Russia Cristiana, e che poi ha sviluppato i suoi interessi in una vita intensa e straordinaria.
Giovanni Bensi (Piacenza 19 Dicembre 1938 – Merano 6 Marzo 2016), appassionato allo studio delle lingue già in età giovanissima, dopo avere acquisito a dodici anni un’ottima conoscenza del greco antico, affronta, sempre da autodidatta, lo studio della lingua russa che parlerà ben presto alla perfezione. È tra i primi assidui frequentatori del Centro Studi Russia Cristiana, nato alla fine degli anni Cinquanta e sarà tra i primi docenti dei corsi estivi di lingua russa organizzati nella villa Ambiveri di Seriate, prima ancora di terminare gli studi universitari a Ca’ Foscari. I suoi interessi non si fermano alla lingua, ma si estendono sin dall’inizio alla storia, alla letteratura e alla cultura del mondo russo e dei paesi limitrofi, con particolare riguardo agli slavi meridionali: la sua conoscenza della lingua serba sarà giudicata perfetta da personalità come Milovan Gilas e Mihajlo Mihajlov, entrambi colpiti e ammirati dalla vastità delle sue conoscenze in campo storico, filosofico e linguistico.
Il suo rifiuto della dittatura comunista e il suo interesse per il mondo intellettuale non ufficiale gli creeranno ben presto dei problemi, come il soggiorno nel carcere della Lubjanka di Mosca nell’estate del 1963, dove si rifiuta di sottoscrivere i verbali sgrammaticati che gli vengono presentati; e come l’ostracismo nei suoi confronti da parte del mondo intellettuale della sinistra italiana. Giovanni inizia la sua attività di giornalista a «L’Italia», diretta da monsignor Chiavazza, il quale sarà un suo grande estimatore e gli permetterà la pubblicazione di pagine intere dedicate alla Russia e al mondo comunista. Negli anni successivi collabora al Centro Studi e Ricerche su problemi economico-sociali, fondato da Renato Mieli, e alla rivista «L’Est».
Nel 1972 si trasferisce a Monaco di Baviera, invitato a svolgere la sua attività di giornalista presso la redazione russa dell’emittente Radio Free Europe-Radio Liberty. Dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan viene inviato come corrispondente a Peshavar: la sua insaziabile sete di conoscenza, unita ad una capacità di apprendimento da tutti giudicata eccezionale, lo spinge ad interessarsi e a studiare in profondità il mondo musulmano; inizia allora a frequentare una scuola islamica e a seguire dei corsi di lingua araba, persiana e urdu e di storia dell’Islam presso l’Università Dar-ul-‘Ulum.
Nel 1995 la redazione di Radio Liberty si trasferisce a Praga, città in cui Giovanni rimane sino al pensionamento nel 2003. Continua nel frattempo a collaborare come inviato di «Avvenire» e ad approfondire la conoscenza del mondo caucasico, che lo appassiona sin dalla giovinezza, riuscendo a conseguire un’ottima conoscenza della lingua georgiana. Rientrato in Italia si trasferisce dapprima a Levico Terme, dove collabora all’attività del Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale (CSSEO), del quale è socio sin dalla costituzione nel 1997.
Trascorre gli ultimi anni a Merano, attratto dalla presenza di un centro culturale russo e di uno tedesco e continua la sua instancabile attività di ricerca.
Oltre ad una lunga serie di articoli apparsi su «L’Italia» e «Avvenire» e sui giornali esteri di cui è stato corrispondente sino alle ultime settimane di vita (tra cui la «Nezavisimaja Gazeta» di Mosca e il «Den’» di Kiev), assai numerose sono le sue relazioni presentate a Convegni di studio nazionali e internazionali; sono oltre cento i suoi articoli apparsi su East Journal e Osservatorio Balcani e Caucaso dal 2011 al 2015.
A sinistra: G. Bensi, con p. Modesto, durante una conferenza, fine anni ’60.
I lavori a stampa di Giovanni Bensi sono l’espressione del suo talento e delle sue molteplici e straordinarie competenze. Mi limito a ricordare: L’incognita jugoslava (Pan, Milano 1975); Mosca e l’eurocomunismo, con nota di V. Turcin (La casa di Matriona, Milano 1978); La pista sovietica: Terrorismo, violenza, guerra e propaganda nella teoria e nella prassi di Mosca (Sugarco, Milano 1983); L’Afghanistan in lotta (SPES, Roma 1987); Allah contro Gorbaciov: Azerbaigian, Afghanistan e Asia centrale: la spina nel fianco dell’Unione Sovietica (Reverdito, Gardolo di Trento 1988); Dove va la perestrojka: diritti umani, libertà dei popoli ed altri problemi dei nuovo corso di Gorbacjov (Comitato Italiano Helsinki, Roma 1989); Nazionalità in URSS. Le radici di un conflitto (Xenia, Milano 1991; La Cecenia e la polveriera del Caucaso; popoli, lingue, culture, religioni, guerre e petrolio fra il Mar Nero e il Mar Caspio (Nicolodi, Rovereto 2005); Le religioni dell’Azerbaigian, prefazione di Aldo Ferrari (Teti, Roma 2012).
A questi volumi si aggiungono altri pregevoli studi scaricabili dal sito del CSSEO (info@ba-csseo.org), diretto da Ferdinando Orlandi: I Taliban: storia e ideologia (2001); Georgia. La caduta di Ševardnadze (2004); Oltre la Cecenia. Gli altri conflitti del Caucaso (2004); Partu Patima: una donna contro Tamerlano. L’epos del popolo Lak. Un caso Ossian in Daghestan (2009); Il Daghestan: conflitti, religione e politica (2009).
Giovanni ha continuato a lavorare sino a quando la malattia ha avuto il sopravvento: la sua ultima opera Il mito del Califfato uscirà nei prossimi mesi presso la Casa editrice Teti di Roma. Una menzione meritano anche le sue traduzioni, tra le quali ricordo: Voglio essere onesto di Vladimir Vojnovič (Bietti, 1964); Anni e guerre, 1899-1945 di Aleksandr Gorbatov (Bietti, 1965); e La casa deserta di Lidija Čukovskaja (Jaca Book, 1977).
Coloro che, al pari di chi scrive, hanno avuto il privilegio di conoscerlo e frequentarlo per oltre mezzo secolo ricorderanno sempre il suo sapere enciclopedico, la sua passione per lo studio, la sua costante disponibilità a fornire spiegazioni e a risolvere dubbi nella ricerca storica e linguistica, il suo amore e per la verità e il suo grande esempio di umiltà.
Lascia la moglie Angiola, sposata nel 1964, e due figli, Elena e Nicola. Siano loro di conforto le parole di Dostoevskij, tanto amato da Giovanni: «Come è bella la vita quando si compie qualcosa di buono e di giusto!», «Senza dubbio risusciteremo, senza dubbio ci rivedremo, e con gioia ed allegrezza racconteremo allora l’uno all’altro tutto ciò che è stato» (I Fratelli Karamazov).
Arrivederci, Ben Sion!
Giovanni Codevilla
Già professore di Diritto Ecclesiastico comparato e incaricato di Diritto dei Paesi dell’Europa Orientale presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Trieste. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni. Le sue sfere di interesse: diritto russo, dell’URSS e della Federazione Russa, storia delle relazioni tra Stato e Chiesa in Russia, legislazione sulla libertà religiosa, storia della Chiesa ortodossa russa. Autore di lavori fondamentali come Stato e Chiesa nella Federazione Russa; Lo zar e il patriarca. I rapporti tra trono e altare in Russia dalle origini ai giorni nostri (La Casa Matriona), la tetralogia Storia della Russia e dei paesi limitrofi. Chiesa e impero (Jaca Book, 2016), Il terrore rosso sulla Russia ortodossa (Jaca Book, 2019).
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