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4 Novembre 2020
Una Rete che imprigiona. Una rete che libera. Rimanere uomini nella pandemia “social”
Come cambia l’uomo della pandemia, condannato a un mondo digitale? Vicoli ciechi e sorprese di una sfida nuova. Il Convegno 2020 della Fondazione Russia Cristiana, in collaborazione con il Centro Culturale di Milano.
Il tempo che stiamo vivendo vede, in uno scenario che muta continuamente, l’emergere di elementi nuovi che si affermano come fattori determinanti per la definizione e l’autocoscienza della persona. Il sociologo Ulrich Beck (1944-2015), nel saggio pubblicato postumo nel 2016 con il titolo La metamorfosi del mondo, scriveva:
«Internet… crea il mondo in quanto unità della comunicazione, e crea l’umanità, per il semplice fatto che offre la potenzialità d’interconnettere, letteralmente, chiunque».
Se questa affermazione poteva apparire eccessiva, la crescita esponenziale del ricorso agli strumenti informatici in occasione della pandemia CoViD-19 ci ha tolto ogni dubbio circa la «viralizzazione» non solo della malattia, ma anche dell’interconnessione grazie alla Rete. A un’attenta considerazione, la metamorfosi della persona, che Beck vede tramutarsi in un contenitore di informazioni interconnesse, appare ancora più radicale di quanto da lui descritto, arrivando a toccare la stessa natura dell’io, nelle modalità della propria autocomprensione.
L’autocoscienza non matura più, infatti, nel giudizio relativo alla considerazione della propria posizione nel cosmo e nella società, nel dialogo e nel tentativo di rispondere alle domande fondamentali, ma si riduce all’irriflessa percezione della propria immagine nello spazio virtuale.
Nel cyberspazio la parola è sempre più emarginata, per lasciare spazio a stereotipi, political correct e codici binari (like) che determinano una estremizzazione delle posizioni (tra haters e followers), a standardizzazioni delle emozioni che eliminano il dialogo (gli emoticon), a rappresentazioni grottesche il cui unico scopo è quello di suscitare una reazione nello spettatore (i video su TikTok) che diviene l’agognata conferma della propria esistenza, senza preoccuparsi di darle un senso. Fino all’esito tragico della consegna di sé ad un padrone virtuale, che può giungere a determinare la vita e la morte (si pensi a tutto quanto va sotto il nome di deep web e di dark web).
Viene così in luce la tragica sproporzione esistente tra le capacità tendenzialmente illimitate degli strumenti informatici e quella «mancanza di energia morale» – necessaria per governarne ragionevolmente l’uso – che Joseph Ratzinger già nel 2005 (L’Europa nella crisi delle culture) denunciava come il «più grave pericolo» del momento presente. Ad esso si unisce la sempre più pervasiva possibilità che il potere orienti e manipoli gli individui senza neppure dover ricorrere ad una propaganda minimamente argomentata, bensì incanalando e dirigendo i «flussi di dati» (data streaming) originati dagli users con la proposta di strumenti sempre più coinvolgenti e di fonti di gratificazione (e di conferma) sempre più immediati e sempre meno riflessi.
Eppure, la transizione ad una figura antropologica sempre più influenzata dalla propria immagine riflessa (un’estroflessione narcisistica che è l’opposto di quella capacità di «uscire da sé per andare verso l’altro» che sta all’origine di ogni possibilità di incontro) non è l’unico esito prodotto dall’ormai avvenuta interconnessione della specie umana.
Appaiono e si consolidano modalità di utilizzo degli strumenti informatici capaci di integrare relazioni significative e di alimentare la crescita dell’autocoscienza e della libertà delle persone, così da trasformarli non in strumenti di manipolazione, bensì in luoghi di produzione e condivisione di senso:
pensiamo al ruolo dei social network nelle proteste di Hong Kong e in altri contesti sia totalitari che democratici. Pensiamo all’affermarsi di reti di solidarietà interpersonale basate sull’adesione volontaria a un progetto, a una raccolta di fondi, a una disponibilità anche verso sconosciuti, con la mediazione essenziale dello strumento informatico. Infine, ricordiamo il ruolo che in Russia – ma non solo! – ha assunto il genere letterario del blog quale strumento informativo libero, fino a parlare di nuove comparse di «samizdat elettronici» nei quali il medium informatico favorisce l’assunzione personale della responsabilità e la proposta creativa di modalità di vita capaci di ridare il primato alla persona, moltiplicandone le possibilità relazionali e distinguendola dalla omologazione indotta dal potere o dal conformismo di gruppo.
Gli ultimi mesi, poi, hanno mostrato una irriducibilità della relazione allo strumento informatico, emersa prepotentemente in due ambiti: il desiderio di prossimità sociale e la ribadita centralità della categoria del «popolo» (secondo le reiterate affermazioni di papa Francesco) per lo svolgersi della vita di fede, supportata nell’emergenza dall’uso dei media per trasmettere riti e preghiere, rivelatisi tuttavia chiaramente incapaci di sostituire il radunarsi delle assemblee in tutta la loro «carnalità» e consistenza.
Ci aspetta un lavoro. C’è bisogno di raccontare, condividere e approfondire nel loro senso ultimo gli spunti che ci vengono da questi mesi, dando voce a storie individuali e processi in atto tanto in Oriente quanto in Occidente. C’è bisogno di mettere in luce i tratti distintivi del riaffermarsi della persona anche nel dilagare della globalizzazione interconnessa.
Dobbiamo fare una riflessione sul rapporto tra la fede e l’homo interconexus, per riconoscere se vi siano i tratti di un’esistenza credente capace di integrare e «ri-creare» anche la dimensione informatica e nello stesso tempo di mantenere l’irriducibilità della relazione «reale».
Si va forse verso un rovesciamento della prospettiva di Beck? E cioè da un uomo trasformato in «serbatoio di informazioni» utilizzate per diminuirne la libertà, a un’esistenza capace di lasciar trasparire anche nel suo essere-in-Rete la propria ineliminabile connessione con il Mistero?
→ il Convegno si svolgerà in streaming sul canale youtube del Centro Culturale di Milano