Popoli deportati
«Popoli deportati» è la storia della deportazione, decisa e attuata da Stalin
sul finire della Seconda guerra mondiale, di interi popoli del Caucaso,
della Crimea e delle regioni intorno al mar Caspio, giudicati globalmente
colpevoli di collusione con gli invasori tedeschi. Un’accusa che venne dai successori di Stalin riconosciuta infondata e, almeno sulla carta, annullata
da una completa riabilitazione.
Il libro abbraccia un periodo che va dall’occupazione tedesca alla riconquista
dei territori occupati da parte dell’ Armata rossa, dalla deportazione al rientro di alcuni di questi popoli decimati nelle loro patrie storiche. Nekrič si sofferma in modo particolare sulle vicende che riguardano i tatari
di Crimea. In questa sua ricerca, che è rigorosamente scientifica pur con qualche
divagazione narrativa tesa a restituire l’attualità del problema,
l’autore ha potuto accedere a fonti inaccessibili
agli studiosi occidentali.
Aleksandr Nekrič, uno dei più noti storici dell’URSS, nel 1965 pubblicò un’opera che fece
molto scalpore, in patria e all’estero, 22 giugno 1941, sull’impreparazione
dell’URSS di fronte all’attacco hitleriano. Dapprima salutata con entusiasmo negli ambienti scientifici, venne poi definita «una falsificazione» e ritirata dalla circolazione. Lo storico conobbe quindi
le varie tappe dell’ostracismo ufficiale: espulsione dal PCUS,
emarginazione dalla ricerca, emigrazione (nel 1976).
Aleksandr Nekrič
Popoli deportati
pp. 206, ed. 1978
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