L'impossibile perdono
Quando, nei bui anni 30 Tat’jana Ščipkova bambina si era ammalata proprio il giorno di Natale, uno zio le aveva portato (nascosto sotto il cappotto) un piccolo abete, allora proibito come simbolo religioso. E tutti, in casa,le avevano detto di non raccontarlo in giro. Questa raccomandazione, ripetuta in mille varianti, l’aveva accompagnata per anni, fino all’età adulta. Ma arrivata a quel punto Tat’jana, già diventata insegnante di latino all’università di Smolensk, aveva deciso finalmente di non tenerne più conto, e aveva incominciato a parlare liberamente con i suoi allievi di quel grande fenomeno dell’antichità, il cristianesimo, che sempre di più l’affascinava e la interrogava. Da quel momento non è più venuta meno a questa decisione: ha parlato del cristianesimo ai suoi studenti, ha partecipato a un seminario cristiano clandestino, si è convertita, è stata licenziata, condannata a tre anni di lager sulla soglia dei cinquant’anni.
È con lo stesso spirito di libertà interiore e di responsabilità che ha scritto questo impressionante dossier sulle prigionie e i lager femminili sovietici. La sua denuncia, che è cristiana e civile, dice in sostanza che anche la società, come ogni singola persona, ha bisogno di perdono e di misericordia, altrimenti la pretesa giustizia umana diventa solo vendetta e ipocrisia.
T. Ščipkova
L’impossibile perdono. Cronaca da un lager femminile
pp. 112, ed. 1990
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