23 Aprile 2022
Pasqua di Passione e di Resurrezione
Domenica 24 aprile, a due mesi esatti dall’inizio della guerra in Ucraina, la Chiesa ortodossa celebra la Pasqua. Il cammino della settimana santa quest’anno è stato segnato come non mai dalla lancinante esperienza della passione e morte di Cristo, e dalla domanda sul significato misterioso della resurrezione, che non può più restare confinata nell’agiografia o nel ritualismo, ma a cui drammaticamente si chiede di divenire esperienza, qui e ora.
Non sparate!
È iniziata la Settimana santa, che segna il cammino di tutti gli ortodossi verso la festa più importante, la «festa delle feste», la luminosa Resurrezione di Cristo. Giorno dopo giorno, passo dopo passo facciamo memoria del cammino che Cristo ha percorso e che l’ha condotto fin sul Golgota. Facciamo memoria della sua gloria, della sua passione, delle sue ultime parole – il testamento che ci ha lasciato nell’Ultima cena: «Abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!». Ricordiamo l’atroce morte a cui si è consegnato per la salvezza dell’uomo. Di ogni uomo: non solo dei giusti, ma anche dell’ultimo peccatore. Non respingiamo il suo dono. Questo cammino verso la Resurrezione passa attraverso la preghiera e la penitenza della Quaresima.
Tutta la Quaresima quest’anno è trascorsa nel fragore degli spari, dei bombardamenti, delle distruzioni, tra notizie di migliaia di morti, milioni di profughi, della distruzione di ciò che la gente aveva costruito nel corso di anni e generazioni. Comprendiamo che è impossibile fermare di colpo questo spargimento di sangue, ma fermiamoci, almeno, per venerare la passione di Cristo e la vittoria della sua Resurrezione. Sappiamo per certo che i cristiani di tutto il mondo, di tutte le confessioni, pregano ogni giorno per il cessate il fuoco. Noi chiediamo la stessa cosa: non sparate! Almeno in questi santi giorni.
Ol’ga Sedakova, poetessa, filologa; Oleg Voskobojnikov, medievista; Aleksej Murav’ev, storico; Anna Požidaeva, storica dell’arte; Anastasija Samochina, designer; Ol’ga Zacharova, storica dell’arte; Anna Šmaina-Velikanova, biblista, storica della Chiesa; Michail Epštejn, filosofo; Jul’ja Pasko, filologa; Marina Gruščeckaja, pensionata; Marija Barulina, casalinga; Ksenija Ivanova, psicologa; Anna Popova, insegnante; Nina Krejtner, pensionata; Slava Švec, storica dell’arte; Zoja Svetova, giornalista; Aleksandr Feklistov, attore e regista; Irina Varskaja, storica; Vladimir Mirzoev, regista; Ekaterina Margolis, pittrice; Aleksandr Markov, filosofo; Julija Ratomskaja, storica dell’arte; Marija Kornouchovа, floricultrice; Jana Linkova, filologa; Valida Naveriani, chimica; Aleksandr Kornouchov, artista; Natal’ja Likvinceva, filologa; Sof’ja Sverdlova, restauratrice; Natal’ja Kopytko, storica dell’arte; Viktor Kopytko, compositore; Marianna Voronežskaja, educatrice; Ol’ga Lapšina, attrice; Dar’ja Krotova, pittrice; Michail Seleznev, biblista; Ksenija Lučenko, giornalista
In processione a Mariupol’
Si è levata la richiesta di cessare il fuoco – purtroppo caduta nel vuoto – anche da parte del metropolita Onufrij, primate della Chiesa ortodossa ucraina che fa capo al patriarcato di Mosca: il metropolita voleva organizzare nel triduo pasquale una processione fino a Mariupol’, allo scopo di trarre in salvo i civili e dare una degna sepoltura ai caduti, nello spirito di Cristo morto e risorto.
Con profonda tristezza osservo quanto sta avvenendo in questi giorni nella città di Mariupol’. Alla vigilia della principale festa cristiana, la luminosa Resurrezione di Cristo, siamo sinceramente afflitti constatando l’urgenza di salvare coloro che, rimasti nella martoriata Mariupol’, vivono una vera e propria catastrofe umanitaria. A tutt’oggi in città è rimasto un gran numero di civili, tra cui molti bambini e anziani. I militari feriti hanno urgentemente bisogno di soccorso. E le salme dei caduti di essere consegnate alle famiglie per le doverose esequie.
Per questo la Chiesa ortodossa ucraina, nel suo episcopato, clero, monaci e fedeli è disponibile a organizzare una processione di preghiera dalla città di Orechov (provincia di Zaporož’e) fino alla fabbrica Azovstal’ di Mariupol’, al fine di portare urgentemente aiuto ai civili ed evacuarli. La processione potrebbe anche mettere in salvo i feriti e portar via le salme dei caduti.
Ci rivolgiamo a tutti coloro da cui questo dipende, e chiediamo che nel periodo che va dal Venerdì santo (22 aprile) fino al giorno di Pasqua (24 aprile), nel territorio di Mariupol’ e dintorni ci sia una tregua e si apra un corridoio umanitario che consenta lo svolgersi della auspicata processione di preghiera.
Il 22 aprile alla supplica del metropolita Onufrij si è unito anche il Consiglio panucraino delle Chiese e organizzazioni religiose, facendo appello a tutte le autorità religiose russe. In passato, la Chiesa ortodossa ucraina si era sempre astenuta dal partecipare a questo organismo, ma già giovedì 10 marzo, quando a Leopoli nella cattedrale della Chiesa cattolica latina si è svolta una cerimonia di preghiera ecumenica per la pace, insieme al cardinale Krajewski, elemosiniere del Papa e suo inviato speciale, ha partecipato Filaret Kučerov, metropolita di Leopoli e Halyč della Chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Mosca. «È stato un segno di unità tutt’altro che scontato – aveva sottolineato in questa occasione il nunzio monsignor Kulbokas – che tutte le confessioni rappresentate nel Consiglio panucraino delle Chiese si incontrino tra loro e con l’inviato del Papa, che si uniscano per invocare la pace e chiedere alla Russia di fermare queste azioni, perché la guerra non può essere mai e per nessun motivo legittimata».
In questo momento decine di migliaia di pacifici abitanti di Mariupol’ sono ai limiti della sopravvivenza. Molti si sono rifugiati nello stabilimento Azovstal’, per mettersi in salvo dalle continue sparatorie e bombardamenti. Tra essi vi sono bambini, donne, anziani, e numerosi malati e feriti che necessitano urgentemente di cure. Non hanno cibo, acqua, medicinali, perché mancano corridoi umanitari e possibilità di evacuazione. Le loro vite possono spezzarsi in qualsiasi momento, se non si interviene subito in loro difesa!
Il Consiglio panucraino delle Chiese e organizzazioni religiose fa appello a tutti i leader religiosi russi, indipendentemente dalla loro identità confessionale, affinché chiedano pubblicamente e privatamente alle autorità russe di permettere di evacuare da Azovstal’ i civili e i difensori feriti di Mariupol’. Saranno fatti uscire sotto il controllo di una missione internazionale fino a quando saranno entrati nel territorio controllato dall’Ucraina. Inoltre, i difensori ucraini potranno essere scambiati con soldati russi prigionieri e altre persone arrestate per attività antiucraina.
In questi santi giorni, in cui la maggior parte dei credenti celebra la Pasqua, la Pesah e il Ramadan, ci appelliamo affinché si faccia il possibile per salvare le vite delle migliaia di pacifici abitanti di Mariupol’ stretti d’assedio, che necessitano di immediata evacuazione!
Ma come si fa a celebrare la Pasqua?
È una domanda che in Russia ricorre continuamente sui social, tra la gente. Com’è vicino il Gesù umiliato, schernito, martoriato, ma com’è lontana l’esultanza della mattina di Pasqua, se tutt’intorno si vedono solo sangue e orrore… Abbiamo raccolto le riflessioni di due sacerdoti ortodossi.
Padre Viktor Gavriš
Nel mondo il male può anche addensarsi, ma non vince mai. Nella storia ci sono stati periodi in cui milioni di uomini sono vissuti nel terrore, ma il male è stato sconfitto – certo, a prezzo di enormi privazioni, vittime, ma alla fine la vita ha trionfato.
E noi dal Vangelo sappiamo che l’amore vince la morte, che il Signore vince il diavolo. Altra cosa è da che parte stiamo noi, se ci metteremo accanto a Lui oppure ci limiteremo ad andare formalmente in chiesa ad accendere una candela e far benedire i nostri dolci, e così senza accorgercene ci troveremo dalla parte di chi è pieno d’odio. Insomma, questi giorni mettono alla prova la nostra umanità.
… Molti riconoscono di avere paura. Difficile fare percentuali, ma circa un terzo dei miei parrocchiani hanno amici o parenti in Ucraina. E naturalmente sono in pena per loro, si informano sulle operazioni militari in quelle zone. Molti hanno paura del futuro, soprattutto gli anziani e quelli che hanno bambini piccoli. Non ho incontrato quasi nessuno indifferente a questo argomento, è un discorso che in un modo o nell’altro vien sempre fuori… anzi ho notato che sono sempre di più quelli che provano compassione e vorrebbero fare qualcosa.
Ebbene, a chi ha paura riesco solo a dare due consigli. Accettare la volontà di Dio, serbare la pace e vivere la carità con chi si ha intorno. E poi non guardare la televisione – tutti questi canali, sapete benissimo a che cosa mi riferisco, trasmettono tanta di quella emotività… Mi è capitato di guardarla poco tempo fa, mi si sono rizzati i capelli in testa.
… È importante venire in chiesa. Restare a tu per tu con il male, con l’odio, con il dolore di questo mondo è troppo duro. Attraverso il prisma degli avvenimenti odierni comprendiamo meglio gli avvenimenti della Settimana santa… Ad esempio, ci accorgeremo che la gente che ieri gridava «osanna» e oggi «crocifiggilo», siamo noi. E quelli che deridevano Cristo sono gli stessi che oggi guardano i video delle carneficine e dicono: «Ben gli sta». Provate a chiedergli se sono credenti e vi sentirete rispondere: «Sì, certo!».
Se si legge attentamente la Parola di Dio, si comincia a capire che anche noi siamo partecipi di questi avvenimenti, e che nel mondo di oggi il Signore ci pone davanti alla scelta: restare uomini o far parte della mandria che, accecata dall’odio, si getta nell’abisso.
… Non so neppure io come vivrò questa Pasqua. Ecco, la domenica delle Palme ha assunto per me un significato profondo, speciale: il Signore va a morire, e intorno la folla e i discepoli non lo capiscono ed esultano. Anche il cristiano deve custodire questa drammaticità del vivere e ricordare: sì, esultiamo perché il Signore ha vinto la morte e il peccato in questo mondo, ma non ha ancora vinto in ciascun uomo; ha vinto nel senso che ha dato agli uomini una via su cui camminare verso la salvezza. Insomma,
il Signore è risorto perché io possa essere uomo nel senso pieno della parola, perché in me si manifestino l’immagine e somiglianza di Dio, che possono manifestarsi solo nell’amore, come dice san Giacomo: «La fede senza le opere è morta».
La Pasqua è la festa della speranza. Questo è un pensiero che non mi lascia. Mi è molto piaciuta la celebrazione della Pasqua e soprattutto del Venerdì santo in Vaticano: migliaia di persone assorte, con le candele in mano, senza segni particolari di euforia. Forse dipende dalle immagini che ho visto, ma mi è sembrata una sommessa letizia: il Signore è risorto, e noi speriamo che non ci abbandoni con il suo amore, chiediamo di essere resi degni di questo amore.
… Molte persone hanno paura di interrogare Dio, lo vedono come un peccato. In realtà, Giobbe l’ha interrogato. E conosciamo tanti santi che hanno chiesto: «Signore, perché permetti questo, per quale motivo?». Chiedere è molto logico in questa situazione, e sono in molti a chiedere, tra cui io. Perché sta succedendo così, per quale motivo? E che cosa debbo fare io? Aiutaci, Signore, a vivere tutto questo, ad accettarlo e a comprenderlo, secondo i tempi che vorrai.
Padre Sergej Kruglov
…Si può passare sopra l’uomo con i bulldozer, chiuderlo in lager, mandarlo in guerra, esaltarlo o umiliarlo, ma dentro di lui resterà sempre una scintilla di libertà, di speranza di libertà, che spesso sembra folle. Ma è Dio che ce l’ha infusa, ci ha generati così, è nei nostri geni. Il rapporto tra Dio e l’uomo è sempre un dialogo, così come la preghiera è sempre un dialogo.
E così ciascuno di noi, per quanto debole, è forte se chiede aiuto a Dio: Signore, io vorrei ma non ci riesco, aiutami. Chiedi con sincerità, con tutto il cuore, con tutta la fede che hai, e tutto cambia. Ma – magari – non succederà secondo la tua visione delle cose, secondo quello che vorresti.
… Se poi ti rendi conto che quanto sta accadendo è ingiusto, non c’è che soffrire con chi soffre, senza cercare anestetici. Noi spesso cerchiamo sicurezza e comodità, per questo vorremmo trovare la posizione corretta e stare tranquilli. Invece, essere realmente insieme alla gente, a Dio, molto spesso significa soffrire: soffrire della propria ingiustizia, delle umiliazioni, dell’impossibilità di sfuggire alla sorte comune.
… Certo che bisogna mostrare solidarietà. Ma prima bisogna capire bene che cosa sia. Ricordate le parole di Pietro? «Andiamo a morire con Lui». Anche lui voleva mostrare solidarietà, ma in realtà le cose sono andate in maniera completamente diversa: persino Pietro, la Pietra, con la sua coscienza, fede, amore, ha rinnegato Cristo prima che il gallo cantasse tre volte.
È un passo straordinario del Vangelo, che mostra come nell’uomo si intreccino solidarietà, compassione, ma anche paura, amor proprio, tradimento. Pietro non ha pianto semplicemente perché si è reso conto di aver tradito, ha visto tutto quello che aveva dentro: il bene e il male, l’oro e il fango.
Per questo, la solidarietà umana è buona cosa, ma dobbiamo sempre ricordare che c’è qualcosa al di sopra: è la resurrezione di Cristo e la prospettiva della resurrezione universale. È questo che ci dà speranza, ci rende possibile vivere, rinfranca la nostra fede. E mi convinco sempre di più che la resurrezione non è necessariamente un avvenimento bonario e confortevole. Può essere un’esplosione, un colpo, a volte più forte della morte. A chi quest’anno non si sente di celebrare la resurrezione «in solidarietà» con chi soffre, dico che Cristo risorge sempre. Certo, non appena risorto possono rimetterlo in croce, nel GULag, com’è avvenuto, avviene e probabilmente continuerà ad avvenire.
Mi chiedono spesso: «Dov’è Dio, quando la gente soffre?». È insieme a loro. Arso nelle camere a gas, gettato nelle fosse comuni: ma passando attraverso tutto questo, ritorna in vita, risorge. Siamo davanti a un mistero che non riusciamo a capire, ad afferrare con la mente, ma è reale.
Per questo, proprio in segno di solidarietà dobbiamo innanzitutto vivere di questo: noi cristiani dobbiamo attendere la Resurrezione di Cristo e nella misura del possibile condividerla con chi abbiamo accanto. E poi, vivere il quotidiano e le sue piccole cose: se sei un prete celebra la liturgia, se sei un medico cura i tuoi malati, se sei una mamma fai il bagnetto al tuo bambino, dagli da mangiare. E se poi te la senti, vai nelle zone di conflitto, aiuta a mettere in salvo la gente. Il Signore ti suggerirà, attraverso la preghiera e la vita, che cosa fare.
… Le sventure che stanno avvenendo intorno a noi sono la quintessenza del peccato, la punta di un iceberg che scende fin nelle torbide profondità dell’esistenza umana. Amor proprio, passioni, sete di potere, ricerca del nemico, e tutta questa connivenza, omertà…
Davanti a tutto questo, posso fare solo una cosa: indicare la strada che porta a Cristo, dov’è possibile trovare la salvezza.
Non posso che dirvi: «Prendete ciascuno nelle mani la responsabilità della vostra vita. Anche nella situazione più difficile, più tragica puoi sempre fare qualcosa. Preghiamo Dio, e con il suo aiuto capiremo come poter vivere».
Giovanna Parravicini
Ricercatrice della Fondazione Russia Cristiana. Specialista di storia della Chiesa in Russia nel XX secolo e di storia dell’arte bizantina e russa. A Mosca ha collaborato per anni con la Nunziatura Apostolica; attualmente è Consigliere dell’Ordine di Malta e lavora presso il Centro Culturale Pokrovskie Vorota. Dal 2009 è Consultore del Pontificio Consiglio per la Cultura.
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